Curiosità

Dindalan, dindalan: quelle cullanti filastrocche in piemontese che nel Novecento facevano addormentare i fanciulli

Dindalin e dindalan, ël malavi a pòrta ‘l san

Questa coppia di versi ottonari tronchi sono l’inizio di antica filastrocca popolare. Ma costituiscono anche un’arguta espressione idiomatica. Una maniera di dire che si usa per far capire che sono sempre i più deboli e i più poveri a faticare, mentre i “signori” se la ridono e se la godono.

La Volpe e la Lepre in una stampa d’epoca

L’espressione deriva da una vecchia favola, dove un’astuta volpe finge di essere malata e si fa trasportare sulle spalle di una povera lepre, tanto generosa quanto sciocca, che ha una zampetta sanguinante perché è stata ferita da un cacciatore. La furbacchiona lo fa per dare il colpo di grazia alla lepre e finirla di stanchezza, per poi mangiarsela, evitandosi pure la fatica di ucciderla.

La metafora del padrone che sfrutta i suoi operai, o se si preferisce, del ricco e potente che opprime i poveri diavoli, è qui espressa in un modo quanto mai colorito. Un vero incantevole affresco di didascalica efficacia: forza e incisività incomparabile della lingua piemontese!

C’è un seguito a questa cantilena, o se preferite un corollario, che a seconda delle diverse zone del Piemonte può riproporsi con alcune varianti. Sicuramente i più anziani ne ricorderanno i versi: non c’è mamma o nonna infatti che non l’abbia cantata almeno una volta al proprio figlioletto o nipotino, magari alla sera, prima che si addormentasse.

Ne proponiamo al lettore alcune strofe (in una versione molto particolare): leggendo il testo, sicuramente gli torneranno in mente le note su cui le parole – con un tono cantalenante e cullante di ninna-nanna – gli venivano cantate, quando era fanciullo:

Dindalan Lussìa, / ciapa ij passaròt: / se soa mama a crija, / disje ch’a l’è Pinòt! // Dindalan, lʼé mòrtje ʼn can!… / Ten-e pa le man an man: / dé n’agiut, vnime davzin! / A còs fé? Ciamé Gioanin: // Gioanin, col ’d la sigala, / col ch’a bàrziga la mala!» / Gioanin, an sël pì bel, / tira fòra sò cotel. // L’ha tajà la pel dël luv, / e për tuti che sbaruv! / L’ha pensà bin dë scapé / ma savìa pa pì ‘ndova ’ndé.

(Sergio Donna) | 27 Luglio 2022

Modi di dire in Lingua Piemontese | Manere ‘d dì an Lenga Piemontèisa
Associazione Monginevro Cultura, Torino

Sergio Donna

Torinese di Borgo San Paolo, è laureato in Economia e Commercio. Presidente dell’Associazione Monginevro Cultura, è autore di romanzi, saggi e poesie, in lingua italiana e piemontese. Appassionato di storia e cultura del Piemonte, ha pubblicato, in collaborazione con altri studiosi e giornalisti del territorio, le monografie "Torèt, le fontanelle verdi di Torino", "Portoni torinesi", "Chiese, Campanili & Campane di Torino", "Giardini di Torino", "Fontane di Torino" e "Statue di Torino". Come giornalista, collabora da alcuni anni con la rivista "Torino Storia". Come piemontesista, Sergio Donna cura da tempo per Monginevro Cultura le edizioni annuali dell'“Armanach Piemontèis - Stòrie d’antan”.

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