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Vincenzo Lancia, l’imprenditore geniale con il pallino dei motori

Fondò la Lancia nel 1906. Prima di mettersi in proprio, fu collaudatore e pilota della Fiat

Nella seconda metà dell’Ottocento e nei primi decenni del Novecento, i palazzi torinesi di Corso Vittorio Emanuele II, oggi spesso adibiti a uffici e show rooms, erano soprattutto abitati da famiglie aristocratiche, borghesi o benestanti. Solo all’ultimo piano, nelle soffitte, risiedevano famiglie di artigiani, operai, domestici, sartine, studenti, che affittavano locali angusti dai soffitti spioventi, arredati in modo spartano. Lassù, sotto i tetti, per arredare l’ambiente, bastava un guardaroba, un letto, un tavolo e qualche sedia. Nei piani di sotto, scendendo dall’alto verso il basso, vasti ambienti arredati con sempre maggiore cura, pareti con tappezzerie in stoffa, parquet lucidati a cera, e arredi di pregiata fattura. Una promiscua mescolanza sociale, diffusissima a Torino, che riuniva sotto lo stesso tetto famiglie di alto rango e famiglie di lavoratori che a stento sbarcavano il lunario.

La famiglia Lancia, benestante, risiedeva al civico 9 di Corso Vittorio: un palazzo non porticato, che sarebbe eccessivo definire lussuoso, anzi: era piuttosto sobrio. Proprio come si conveniva alle famiglie torinesi non di nobile estrazione, ma sicuramente adatto all’alta borghesia, che amava celare il proprio status sociale con un velo di proverbiale understatement, atteggiamento, questo, peraltro tipicamente torinese.

Giuseppe Lancia, originario di Fobello, un piccolo borgo di montagna in alta Val Sesia, aveva il pallino degli affari, e in breve diventò un affermato industriale della carne, con interessi sui mercati internazionali, Argentina compresa. Aveva brevettato un metodo per conservare la carne in scatole di latta: il prodotto, a lunga conservazione, era di facile trasporto, e diventò subito il cibo ideale per i militari, nelle caserme e sul fronte. La guerra è sempre di moda, oggi come allora, in ogni parte del mondo e in ogni epoca storica: e Giuseppe Lancia non fece fatica a diventare il re della carne in scatola, e non solo in Italia. Gli venne anche concessa l’onorificenza di Cavaliere del lavoro, per i meriti e i successi imprenditoriali.

Il cavalier Giuseppe Lancia

Giuseppe Lancia aveva quattro figli (tre maschi e una femmina), tutti dotati di ingegno e creatività. Uno di questi era Vincenzo, detto Censin, che venne al mondo il 24 Agosto 1881. Come i suoi fratelli e la sorella, Vincenzo aveva una mente fertile e brillante. Eppure non pareva troppo tagliato per gli studi. Non per ottusità, ma per il semplice fatto che aveva altri interessi. Il padre lo avrebbe voluto un leguleio, un principe del foro; avrebbe voluto che avesse frequentato il ginnasio, ma poi – suo malgrado – finì per accontentarsi di un diploma di ragioneria, conseguito peraltro senza strascichi temporali. C’era un’officina sotto casa: era la fabbrica di biciclette dei fratelli Ceirano, dove si producevano i mitici velocipidi Welleyes. È lì che Vincenzo amava passare il suo tempo libero. Piuttosto che studiare sui libri, preferiva assistere al montaggio delle biciclette: i Ceirano intuirono l’acume e la passione di quel ragazzo per la meccanica: lo presero in simpatia e Vincenzo diventò il collaudatore ufficiale di quelle bici. Forniva suggerimenti utili, proponeva migliorie, con la competenza di un tecnico patentato. Viene così assunto dai Ceirano come contabile; quando i Ceirano iniziarono a produrre automobili, Vincenzo – più che della contabilità e delle fatture – si curò del collaudo di ogni vettura uscita dalla linea di montaggio, attento alla verifica di ogni particolare, con zelo, scrupolo e grande passione: ogni vettura Ceirano doveva essere perfetta sotto ogni profilo.

Nel giro di pochi anni, Vincenzo acquisì sempre maggiore passione per i motori, fino a diventare un tecnico tra i più qualificati e famosi dell’industria automobilistica, all’epoca ancora pionieristica, ma già in effervescente fermento, e uno dei più abili piloti dell’epoca. Nel 1899 la Fiat acquista per 30.000 lire la Ceirano e i brevetti della Welleyes. La fama che Vincenzo Lancia ha acquisito come esperto collaudatore non passa inosservata a Giovanni Agnelli che lo assume in Fiat, come pilota.

Censin disputa e vince la sua prima corsa a Padova il 1° luglio 1900: è una gara di resistenza, che si snoda su un percorso sterrato di 220 km. a bordo di una Fiat 6HP. Il giorno successivo, con la stessa vettura, stabilisce il record di velocità su una tratta di 10 km., percorsi alla media di 58,743 km/h.

Vincenzo Lancia pilota al volante di una 20/A

È solo l’incipit di una carriera da pilota coronata di incessanti successi nazionali e internazionali. Collaudatore ormai espertissimo e pilota affermato, Censin Lancia è diventato in Fiat l’uomo di riferimento. È a lui che tecnici e operai si rivolgono per un consiglio e lui, con signorilità e lungimiranza, dispende consigli che si rivelano sempre appropriati. Certamente i motori, le competizioni automobilistiche, la genialità che rivela nell’adozione di soluzioni tecniche, sono la conferma che Censin ha fatto la giusta scelta di vita. Trova anche il tempo di coltivare un’altra sua passione: la musica classica e il bel canto: frequenta gli spettacoli del Regio e talora – per diletto – canta da tenore, accompagnato al pianoforte.

Nel 1902, Giovanni Agnelli assume Claudio Fogolin, e lo affianca a Vincenzo Lancia con l’incarico di collaudatore. Tra i due nasce un’amicizia solida e spontanea. Del resto è facile andare d’accordo con Censin: è un uomo generoso, magnanimo, comprensivo. L’amicizia con Fogolin si rivela tuttavia speciale e tale da lasciare il segno nella futura carriera di Lancia.

Il 27 novembre del 1906, Vincenzo Lancia e Claudio Fogolin lasciano la Fiat per fondare una loro fabbrica di automobili: la Lancia & C. Certo, Agnelli fu dispiaciuto di perdere due collaboratori di quel calibro, ma da persona intelligente e liberale qual era, comprese che quei suoi ex collaudatori, al timone di un’azienda da loro stessi gestita in totale autonomia, avrebbero potuto realizzare successi personali ancor più brillanti; così il distacco avvenne senza strascichi o contrasti. Anzi, la collaborazione tecnica di Lancia con Agnelli si protrasse ancora per qualche anno dopo questa data e Vincenzo continuò a correre per i colori della Fiat.

Vincenzo Lancia

La Lancia & C. si insedia negli stabilimenti che furono già occupati dalla Itala, in Via Ormea, al civico 89. Qui Vincenzo passa le giornate a progettare, a costruire, a migliorare i suoi modelli. Fogolin, dal canto suo, si dedica soprattutto alla parte amministrativa. La prima vettura Lancia nacque nel 1907, con caratteristiche decisamente d’avanguardia e certamente non convenzionali per la tecnologia dell’epoca: era la 18-24 Hp, cui venne dato il nome di “Alfa”.  Ma Vincenzo non ha ancora abbandonato la sua attività di pilota sportivo per la Casa di Agnelli: su una Fiat 28-40 Hp, partecipa alla Targa Florio del 1907. Poi, finalmente, il 5 Aprile del 1908, siede al volante di una vettura tutta sua, con la scritta “Lancia” sul radiatore, e si aggiudica la Padova-Bovolenta.

Nella fabbrica di Via Ormea lavoravano una trentina di operai: per la verità lì si producevano soprattutto gli chassis (ovvero gli autotelai), in quanto il rivestimento degli stessi veniva effettuato esternamente. Il montaggio delle scocche era infatti solitamente riservato ai “carrozzieri”, eredi dell’arte di costruire le carrozze trainate da cavalli. Alla produzione dell’Alfa, si aggiunse quella della Dialfa (1908), della Beta 20Hp (1909) e della Gamma (phaeton, berlina e landaulet), quest’ultima uscita in 258 esemplari. Queste prime vetture Lancia erano apprezzatissime per la loro robustezza e affidabilità, nonché per l’accuratezza dei finissaggi, e la loro fama varcò presto i confini nazionali, con un aumento esponenziale delle commesse.

Stabilimenti Lancia di Via Monginevro (Borgo San Paolo, Torino). Catena di montaggio.

Fu così che nel 1911 la fabbrica dovette trasferirsi in uno stabilimento più ampio, di quasi 27.000 mq, occupando le officine di Via Monginevro 99, angolo Via Caraglio, che già per qualche tempo erano state utilizzate dalla Fides-Brasier, un altro costruttore di vetture dell’epoca, con Sede legale a Roma.

I rapporti Lancia-Agnelli resteranno buoni anche negli anni a venire. Del resto Vincenzo non ha mai pensato di fare concorrenza alla Fiat. Non era interessato ai grandi numeri, come Ford, ma mirava a una produzione quasi “su misura”, per soddisfare le particolari esigenze di ciascun compratore e per offrirgli un’automobile di assoluto prestigio, che potesse soddisfarlo e gratificarlo, con un surplus di qualità che giustificava ampiamente quell’inevitabile gap nei prezzi di listino delle Lancia rispetto ai modelli della concorrenza.

Dai suoi collaboratori Vincenzo Lancia richiedeva di sposare la sua causa: era così necessaria da parte di ogni tecnico ed operaio la massima concentrazione nello svolgimento delle proprie mansioni. In questo senso era inflessibile e molto esigente. Ma Vincenzo Lancia sapeva ripagare abbondantemente i propri collaboratori con la sua proverbiale magnanimità. In molti lo consideravano un padre: per tutti era semplicemente Monsù Lancia. Non badava a spese per aiutare chi lamentava problemi di salute; fece costruire un arioso Dopo Lavoro con tanto di pista per le gare podistiche e per quelle in bicicletta: al centro fece realizzare un regolare campo di calcio; fondò una Scuola professionale e le prime Colonie estive per i figli dei dipendenti. Vincenzo Lancia era sempre presente in ogni comparto della fabbrica. Girava per i capannoni, si soffermava a parlare con gli operai, elargiva consigli e suggerimenti, e non si peritava certo, alla bisogna, di sporcarsi le mani di olio e grasso. Continuò a collaudare in prima persona non solo i prototipi, ma ogni singola vettura prima che venisse consegnata ai clienti. La sola cosa che contava era che ogni vettura Lancia che usciva dai portoni della fabbrica doveva essere una vettura senza pecche, inimitabile per eleganza e per qualità tecnica. Giunse al punto di rifondere le spese di viaggio a quei clienti che lamentavano anche solo un piccolo difetto alle loro vetture, prodigandosi affinché ogni problema venisse definitivamente risolto presso l’Officina Assistenza degli Stabilimenti Lancia.

Una Lancia Augusta (1932)

Il 15 Febbraio 1937 Vincenzo Lancia viene improvvisamente colpito da un infarto che non gli lascia scampo: ha solo 56 anni. La sua è stata una vita breve, ma intensa: Lancia ha scritto un capitolo indimenticabile nella Storia mondiale dell’Automobile, progettando modelli memorabili per robustezza, durata, classe ed eleganza: come la Lambda (1922), l’Astura (1931), l’Augusta (1932). Quell’infarto lo colse poco prima che venisse presentata ufficialmente l’Aprilia, una vettura frutto di idee coraggiose e innovative sia nella linea che nelle soluzioni tecniche adottate: una regina della strada, scattante e docile, dal profilo moderno e affascinante.

Ma la storia della Lancia non finisce certo con la scomparsa del suo fondatore. Riprenderemo il seguito in un prossimo articolo.

Sergio Donna

Fonti (Immagini e notizie): Storia della Lancia 1906-1989, Lancia Pubblicità e Immagine, Ages Arti Grafiche, Torino, 1989; Sergio Donna, Le Antiche Fabbriche di Borgo San Paolo, Ël Toret- Monginevro Cultura, Torino, 2023; Sergio Donna, Via Monginevro com’era, Ël Toret- Monginevro Cultura, Torino, 2023

Sergio Donna

Torinese di Borgo San Paolo, è laureato in Economia e Commercio. Presidente dell’Associazione Monginevro Cultura, è autore di romanzi, saggi e poesie, in lingua italiana e piemontese. Appassionato di storia e cultura del Piemonte, ha pubblicato, in collaborazione con altri studiosi e giornalisti del territorio, le monografie "Torèt, le fontanelle verdi di Torino", "Portoni torinesi", "Chiese, Campanili & Campane di Torino", "Giardini di Torino", "Fontane di Torino" e "Statue di Torino". Come giornalista, collabora da alcuni anni con la rivista "Torino Storia". Come piemontesista, Sergio Donna cura da tempo per Monginevro Cultura le edizioni annuali dell'“Armanach Piemontèis - Stòrie d’antan”.

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