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Le atmosfere d’antan e i golosi pasticcini della Galleria Subalpina cui s’ispirò Guido Gozzano

Un luogo di ritrovo e passeggio dal fascino immutato

TORINO. La Galleria dell’Industria Subalpina (nota più semplicemente come Galleria Subalpina) è una ardita costruzione che ospita locali commerciali ed uffici; ubicata nell’area compresa tra piazza Castello e piazza Carlo Alberto, è una delle tre storiche gallerie commerciali torinesi (insieme alla Galleria Umberto I e alla Galleria San Federico). Ci troviamo nel cuore della città, fra palazzi aulici del potere sabaudo e della sua mondanità. La sua struttura rappresenta il tipico modello ottocentesco di area commerciale urbana ispirata ai “passages” parigini, destinata allo svago borghese. Torino non ha di certo bisogno di modelli parigini, in questo caso bisogna dire che una somiglianza di ambientazione vi può essere ravvisata.

La Galleria Subalpina diventa la terza galleria commerciale di Torino, dopo la citata Galleria Umberto I e la scomparsa Galleria Geisser, già Natta (1), demolita nell’ambito del rifacimento di via Roma; qui prenderà forma la nuova Galleria San Federico, dal nome dell’isolato, a seguito del “Piano Regolatore di Risanamento della via Roma e delle vie laterali (1926), approvato con il Regio Decreto Legislativo del 3 luglio del 1930”.

Il progetto si deve a Pietro Carrera (1835 – 1887), risalente al 1873; i lavori di costruzione sono avviati il 25 giugno dello stesso anno, con inaugurazione il 30 dicembre 1874. La Galleria deve il suo nome alla Banca dell’Industria Subalpina, che si assume l’onere della costruzione. Il suo interno ospita sin dall’inizio alcuni locali, ormai divenuti storici, come il Caffè Baratti & Milano e, dal 1897, il Caffè-Concerto Romano, locale frequentato dallo scrittore Edmondo De Amicis (poi divenuto il cinema Nuovo Romano), una libreria antiquaria, una galleria d’arte, un negozio di arredi. In parte danneggiata dai bombardamenti dell’ultima guerra mondiale, la galleria è stata ricostruita fedelmente sui disegni originali; l’area centrale è stata occupata da una grande aiuola, secondo il progetto iniziale del Carrera.

Si caratterizza per un ampio e luminoso “salone di passeggio” lungo cinquanta metri e largo quattordici, arricchito da un apparato decorativo eclettico che fonde elementi finti rinascimentali e barocco, opera dello scultore Pietro Rubino. L’altezza, di circa diciotto metri, è stemperata da una balconata che ne percorre tutto il perimetro. La volta è un tributo alla modernità, con utilizzo di vetro e ferro battuto ed elementi strutturali decorati ad opera dei fratelli Loro e del Piattini. All’interno della Galleria Subalpina sono state girate alcune scene di tre film: Quattro mosche di velluto grigio di Dario Argento; Un colpo all’italiana di Peter Collinson; La donna della domenica di Luigi Comencini.

Qui è stata scritta una pagina letteraria significativa per la città di Torino. Il 28 luglio 1907: sulle colonne della Gazzetta del Popolo della domenica, appare una poesia intitolata “Le signore che mangiano le paste”, che diventerà noto con il titolo “Le golose”. Autore ne è Guido Gozzano (Torino, 1883 – 1916), il poeta malinconico della belle époque, il cantore della Torino di inizio Novecento (3); le paste descritte e declamate sono i dolci di una celebre confetteria torinese. Quando i versi vengono pubblicati, in calce alla poesia si legge: “Torino, confetteria Baratti”.

Guido Gozzano è uno dei maggiori esponenti della corrente denominata “Crepuscolarismo”: a fronte di una deludente realtà storica e sociale, il mondo della belle époque che sta per finire, avviene il ripiegamento su se stesso, in un clima di malinconica ricerca del passato e del privato. Qualcuno ha definito la poesia di Guido Gozzano come la più eccentrica, affabile ed equivoca di tutto il Novecento. Dandy dannunziano, sedotto dalla mondanità, si sottrae alla carriera di giurista; nasce una figura di letterato incollato alla vertigine del romanticismo ottocentesco, che canta le buone cose di pessimo gusto; soprattutto, egli si strappa dal gusto di una nuova retorica borghese (ribelle della velocità, “positiva” della scienza, o avente a modello la retorica della supremazia da super-uomo).

La Galleria in una cartolina

Il nuovo secolo lo illude e lo seduce (c’è persino il cinema nel suo orizzonte, con una sceneggiatura su San Francesco); ma, in una disperata adesione alla malattia e al proprio precoce declino fisico, lo scrittore sembra cercare una progressiva fuga dall’esistenza (penso al viaggio in India e al volume Verso la cuna del mondo); potremmo paragonarlo a un pittore che descrive la realtà e il paesaggio da un osservatorio di confine, senza perdere alcun particolare del suo periodo storico. Non è difficile, dunque, immaginare il giovane Gozzano che, in un pomeriggio autunnale torinese, entra in una famosa confetteria in Galleria Subalpina e si sofferma ad osservare le eleganti “madame” e “tòte”, che immortalerà come “golose” nei suoi versi.

«Perché nïun le veda,
volgon le spalle, in fretta,
sollevan la veletta,
divorano la preda»
.

Mi sembra di vederle muoversi, mentre si infilano in bocca un dolce o una pasta, senza riuscire a nascondere l’espressione di piacere che si disegna loro in volto, quando il gusto della crema si effonde in bocca e lui scrive la sua confessione:

«Io sono innamorato di tutte le signore
che mangiano le paste nelle confetterie».

La Galleria Subalpina è ancora meta di turisti curiosi e di flâneur contemporanei, alla ricerca delle atmosfere d’antan che la ex capitale sabauda dispensa con generosità. E l’ora migliore per fermarsi sotto la luce della Galleria, ancora in compagnia di Gozzano, è il tramonto, quando la luce del sole scende dietro le montagne e le Alpi ardono all’orizzonte:

«È questa l’ora antica torinese,
è questa l’ora vera di Torino…»
(4).

Ezio Marinoni

Note

  1. La Galleria Natta, aperta al pubblico nel 1858 nella posizione dell’attuale Galleria San Federico, aveva una pianta a “L”, con due ingressi, da via Roma e da via Santa Teresa. Opera di Barnaba Panizza, prendeva il nome dal proprietario del palazzo; in seguito, si chiamerà Natta – Geisser, aggiungendo il nome del nuovo proprietario, il banchiere svizzero Ulrich Geisser, che l’acquista nel 1876.
  2. La confetteria Baratti & Milano viene fondata a Torino nel 1858 dai canavesani Ferdinando Baratti e Edoardo Milano, che decidono di aprire la loro attività in via Dora Grossa (attuale via Giuseppe Garibaldi). Riscuotono successo e decidono di trasferirsi nel 1874 nella nuova Galleria dell’Industria Subalpina. Il 1° febbraio 1875 il locale viene inaugurato, con un solo ingresso dai portici di Piazza Castello. Ai primi del Novecento la confetteria verrà ampliata e rinnovata seguendo i dettami dell’imperante gusto liberty. Il negozio si potrà fregiare, quale fornitore della Real Casa, degli stemmi di Re Vittorio Emanuele III e del Principe Amedeo d’Aosta.
  3. Il giovane Guido Gozzano si iscrive alla facoltà di giurisprudenza nel 1904, ma frequenta soprattutto i corsi di letteratura italiana tenuti da Arturo Graf. Nello stesso 1907 in cui appare la poesia citata in questo articolo, egli pubblica la sua prima raccolta di versi, La via del rifugio.
  4. La poesia “Torino” è compresa nella raccolta I colloqui, del 1911.

Ezio Marinoni

Ezio Marinoni (Torino, 1962), dal 2018 è iscritto all’Albo dei Giornalisti del Piemonte. Ha collaborato al trimestrale Plus Magazine con la rubrica “Emozioni tra arte cinema e libri” e con la testata Agenda Domani. Attualmente è collaboratore del blog ligure Trucioli e redattore della testata on-line Civico20News, su temi di arte, storia e territorio. Una sua silloge poetica è compresa nel III volume della “Storia della Letteratura Piemontese”, curata da Camillo Brero (Piemonte in Bancarella, 1981) È autore delle seguenti opere: Il libro e l’affresco di Elva (Edizioni Mille, 2019) - Una vita di versi (Crearte, 2020) - Elva. Il mio sguardo (Edizioni Mille, 2022) - Torino bianca e noir (Graphot, 2023) con Milo Julini - Racconti ritrovati (2023).

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