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Ritrovate 260 copie intonse e ben conservate del 33 giri “Canson d’amor” di Gipo Farassino

I dischi, risalenti al 1987, erano stati dimenticati nei magazzini della casa discografia Pentagramma di via Caraglio dove erano stati incisi. In ottime condizioni, sono stati rimessi in vendita a collezionisti e fans dell’indimenticato cantautore torinese

Al Bar Tony di Via Monginevro 85, un iconico punto di riferimento e di incontro per i ‘sanpaolini’ della storica Borgata Monginevro, può capitare di incontrare personaggi di ogni tipo. Dal parrucchiere al fabbro, dal meccanico al carrozziere, dal poliziotto di quartiere al dentista, dal bancario all’elettrauto, dal mobiliere all’assicuratore. Ma anche poeti, scultori ed artisti poliedrici come Stefano Quaglia, pittore, regista, cronista e cultore di musica d’autore, con una passione particolare per quella del territorio.

Siamo amici da tempo (ci si conosce un po’ tutti nel Borgo), ma con Stefano c’è un motivo in più per rendere speciale questa amicizia: condividiamo alcune passioni comuni, ed ogni volta che ci si incontra, è un’imperdibile occasione per intrattenerci a parlare di Teatro e di Musica cantautorale. E così, seduti al tavolino, facciamo spesso durare a lungo, molto a lungo (talvolta fino a farlo raffreddare) l’ottimo caffè che Tony ci serve sempre con garbo e con un sorriso. Perché le parole sono spesso più gustose del migliore dei caffè.

Ma in quell’incontro avvenuto in una calda primavera del 2022, avremmo avuto il tempo di consumare un caffè doppio, perché Stefano Quaglia aveva da rivelarmi una notizia davvero strabiliante:

“Incredibile, Sergio! Non posso fare a meno di confidartelo. Da qualche tempo, come sai, mi sono deciso di dar corso a degli inderogabili lavori di ristrutturazione della storica Sala di Registrazione della Pentagramma di Via Caraglio. E così mi sono reso conto che era necessario smantellare del materiale tecnico ormai obsoleto, ingombrante e inutilizzabile. Ebbene, qualche giorno fa, nascosto dietro ad una di queste macchine non più in uso, non puoi immaginare che cosa ho scoperto…

“Il tesoro di Montecristo!”, faccio io. “Di più, di più…!”, lui mi risponde concitato. “Senti, Stefano, non tenermi sulle spine: dai il giro al sacco.” E lui: “Ho trovato, ancora imballate e intonse, le prime 260 copie del Long Playng “Canson d’Amor” di Gipo Farassino… Sergio, è una notizia straordinaria. Sono le prime copie numerate di quel disco a essere state stampate sul vinile: hanno un’acustica perfetta, sono la ‘voce’ autentica di Gipo!”

“Devo ammettere – faccio io – che pur non trattandosi della scoperta del X° pianeta del Sistema Solare, questa è una notizia che farà sobbalzare sulle sedie tutti i fans del grande cantautore di Via Cuneo: non staranno più nella pelle all’idea di poter ascoltare al più presto uno di quei vinili. Le canzoni in piemontese di Gipo sono un patrimonio culturale di eccellenza: sono la quintessenza di una cultura popolare novecentesca che Farassino ha saputo cantare e raccontare con uno stile unico, magistrale. Questa scoperta merita di essere divulgata”. Poi, per recuperare calma e gesso, “Tony, fa caldo – dissi – portaci un ginger e un’acqua tonica, con molto ghiaccio”.  Bevemmo le nostre bibite a piccoli sorsi, poi ci stringemmo la mano; Stefano aggiunse che mi avrebbe tenuto sul pezzo, e ci accomiatammo.

Nel tardo autunno del 2022, ricevetti da Stefano una telefonata. Il tono della voce era al tempo stesso euforico ed emozionato: “Sai, quei dischi? Ebbene, ho pensato di mettere in vendita quei Long Playng, riservandoli ad un pubblico di intenditori ed appassionati di Gipo: ho già fatto realizzare una nuova copertina ad hoc, rievocativa. Pensi che faccia bene?”

Non risposi direttamente a quella domanda, ma replicai con una proposta che implicitamente valeva come un’inequivocabile affermazione.  “Che ne dici di trovarci tra mezz’ora  al  Bar Tony?”.

Quando entrai nella Saletta da thè, Stefano era già seduto al ‘nostro’ tavolino. Mi sedetti, gli strinsi la mano. Era sorridente, pacato, ora. Ordinammo i nostri due caffè ‒ belli caldi, Tony, grazie! ‒ e prima ancora che ci venissero serviti, con tanto di pasta ’d melia a lato e un cicchetto di frizzante acqua gasata, cominciai – quasi d’istinto ‒ a intervistarlo.

D: Stefano, tu fin da ragazzo hai frequentato la Sala di Registrazione della Pentagramma, accanto a tuo padre che per tanti anni è stato a capo di questa importante Casa discografica torinese: qui si sono succeduti decine di artisti ed è lì, in parte inconsciamente, e in parte per interesse concreto, che hai maturato la tua passione e la tua competenza in fatto di musica popolare d’Autore. Papà Giorgio aveva registrato per Gipo numerosi dischi Long Playing, decine di brani musicali su cassette e CD. Sicuramente anche tu hai avuto l’occasione di incontrare quel compianto Artista a tutto tondo: mi puoi descrivere i tuoi rapporti professionali con Gipo Farassino e cosa ti colpì, di lui, come uomo?

La Sala di Registrazione della Casa Discografica “Pentagramma” di Via Caraglio 61, a Torino

R: Conobbi Farassino nell’estate del 1985. Ero giovanissimo, con i sensi protesi alle novità della vita; studente poco attratto dalla scuola, che ritenevo una istituzione lassista e ormai decadente,  ma affascinato dalle dinamiche relative alla casa discografica appartenente alla mia famiglia. Avevo deciso di essere il più possibile a stretto contatto con mio padre Giorgio in ogni sua azione professionale. Per questo motivo mi trovavo al centro del piazzale interno del Castello del Valentino in compagnia di papà, noto discografico torinese, di Gipo Farassino, noto cantautore torinese e dell’amico comune Domenico Seren-Gay, che aveva combinato l’incontro, noto editore torinese: ero l’unico sconosciuto fra tanti “torinesi noti”… Imbarazzante! Farassino chiese a mio padre se fosse stato intenzionato a produrre un suo nuovo disco; mio padre si disse favorevole e da lì iniziò una lunga e proficua collaborazione che diede origine a molte produzioni di ottimo livello. Io osservavo Farassino e notavo distintamente in lui una notevole complessità d’essere. Intendo dire una personalità poliedrica affascinante e contemporaneamente carismatica.. Negli anni seguirono moltissimi e frequenti altri incontri. Diventato regista televisivo collaborai con Farassino (e Massimo Scaglione), e firmai la regia video di alcune sue commedie teatrali. Con Gipo si creò ben presto un solido rapporto di amicizia e di stima professionale. Da lui ho imparato, più di ogni altra cosa, il rispetto per il pubblico. Rispetto che si doveva concretizzare principalmente nell’offrire sempre il prodotto artistico, che fosse un concerto o una commedia o un disco, ai più alti livelli.

D: Ora, a dieci anni dalla scomparsa di Gipo, a causa di una scoperta (o meglio: di una riscoperta) quasi accidentale, proponi una nuova pubblicazione discografica…

R: È stata una decisione “di pancia”. Sentivo da tempo che il segno lasciato da Farassino non può, e non deve, subire l’ingiuria dell’oblio. Doveva esserci una bella iniziativa diversa dai soliti concerti memoriali di qualche “cover Band”. L’occasione propizia avvenne per caso, come spesso accade per gli eventi maggiormente interessanti: nel 2022, durante la ristrutturazione del magazzino centrale della Pentagramma, furono ritrovate le prime 260 copie stampate del vinile “Canson d’Amor”. Erano state dimenticate per oltre trentacinque anni in uno scaffale all’interno di alcuni scatoloni di cartone! Perfettamente conservate e numerate secondo il preciso ordine di pressaggio. Rappresentavano una eccezionale testimonianza storica che non poteva passare in sordina. Immediatamente  mi fu chiaro che dovevano essere messe a disposizione del pubblico di collezionisti privati. Oggi vengono proposti con una nuova grafica della copertina esterna in numerazione progressiva e con “dichiarazione di autenticità”.

D: Raccontaci del disco, Stefano…

R: Farassino desiderava, da tempo, lavorare ad un progetto sulle sue canzoni d’atmosfera romantica: atmosfera così apparentemente lontana e meno nota rispetto ai tratti ruvidi da “periferico” che maggiormente lo contraddistinguevano nell’immaginario comune, e che tanto successo gli regalarono da parte del suo vasto pubblico. La cifra picaresca del “duro di barriera”, con il giubbotto di pelle e lo “slang” dei quartieri popolari torinesi quale idioma, cedeva il passo allo svelamento dell’aspetto più intimo e vulnerabile della personalità artistica ed umana del nostro Cantautore.  Gipo volle così affermare tale aspetto della propria vis artistica con questo lavoro discografico. Nacque così “Canson d’Amor”: quasi un concept-album, quasi un diario di emozioni private. Gli arrangiamenti affidati a Claudio Chiara (il saxofonista di Paolo Conte, ndr) conferirono a tutto il lavoro un’atmosfera dalle sonorità morbide, sussurrate, poste a contrasto (piacevolissimo all’ascolto) con la voce ruvida, maschia di Farassino. Era l’estate del 1987. Sono certo che questa pubblicazione aggiunge un interessante tassello a sostegno della memoria artistica collettiva di quello che è stato, a buon diritto, il maggiore esponente della Canzone d’Autore piemontese.

Ne sono certo anch’io! Prenotamene subito una copia, ti prego, prima che questi rari e pochi vadano esauriti.

Sergio Donna

“Canson d’Amor” – Il disco ritrovato, di Gipo Farassino

1987 e © 2023, Pentagramma Sas, Via Caraglio, 61 – 10141 Torino, Tel. 011-3851598

Per info e prenotazioni: Pentagramma, via Caraglio 61, 011.3851598Libreria Donostia, via Monginevro 85, 011.3852559

Sergio Donna

Torinese di Borgo San Paolo, è laureato in Economia e Commercio. Presidente dell’Associazione Monginevro Cultura, è autore di romanzi, saggi e poesie, in lingua italiana e piemontese. Appassionato di storia e cultura del Piemonte, ha pubblicato, in collaborazione con altri studiosi e giornalisti del territorio, le monografie "Torèt, le fontanelle verdi di Torino", "Portoni torinesi", "Chiese, Campanili & Campane di Torino", "Giardini di Torino", "Fontane di Torino" e "Statue di Torino". Come giornalista, collabora da alcuni anni con la rivista "Torino Storia". Come piemontesista, Sergio Donna cura da tempo per Monginevro Cultura le edizioni annuali dell'“Armanach Piemontèis - Stòrie d’antan”.

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