Nati il 21 ottobre: il torinese d’adozione Edmondo De Amicis, padre del libro “Cuore”
Chi non conosce Edmondo De Amicis? A Torino lo conoscono tutti: dai più piccoli sino ai loro nonni che hanno letto almeno qualche pagina del libro “Cuore”, uno pilastri (assieme alle “Avventure di Pinocchio”) della letteratura per l’infanzia. Poeta della fratellanza e della bontà, Edmondo De Amicis nasce il 21 ottobre del 1846 ad Oneglia, in provincia di Imperia, ma buona parte della esistenza la trascorre in Piemonte dove giunge per compiere i primi studi: prima a Cuneo e poi a Torino. Successivamente entra nell’Accademia Militare di Modena e ne esce sottotenente, nel 1865. L’anno successivo combatte a Custoza. Pur proseguendo nella carriera militare, cerca di assecondare la sua vocazione alla scrittura: a Firenze dirige il giornale “L’Italia Militare” e pubblica, intanto, “La vita militare” (1868), il cui successo gli consente l’abbandono della stessa – che, peraltro, egli ama – per dedicarsi esclusivamente alla passione dello scrivere.
Nel 1870, nel ruolo di corrispondente de “La Nazione”, partecipa alla spedizione di Roma entrando per Porta Pia. Ormai libero dall’impegno militare comincia una serie di viaggi – anche per conto de “La Nazione” – dei quali lascia testimonianza con la pubblicazione di vivaci relazioni. Nascono così “Spagna”, nel 1873; “Olanda” e “Ricordi di Londra”, nel 1874; “Marocco”, nel 1876; Costantinopoli, nel 1878; “Alle porte d’Italia”, nel 1884, dedicato alla città di Pinerolo e ai suoi dintorni, fino al suo viaggio in America il cui diario, intitolato “Sull’oceano”, è dedicato agli emigranti italiani.
Conclusa quella che potremmo definire una “stagione itinerante”, De Amicis rientra in Italia e comincia a dedicarsi alla letteratura educativa che fa di lui, oltre che un valente scrittore, anche un pedagogo: è proprio in questo campo che sfornerà, nel 1886, il suo capolavoro, “Cuore” che, nonostante l’ostracismo dei cattolici per l’assenza di contenuti religiosi, riscuote un successo strabiliante e viene tradotto in molte lingue.
Sempre legati alla sua esperienza da insegnante ed educatore scrive, tra gli altri, “Il romanzo d’un maestro”, nel 1890; “Fra scuola e casa” nel 1892; “La maestrina degli operai”, nel 1895. In queste opere pedagogiche traspare tutto il rigore morale che gli deriva dalla sua educazione militare, oltreché dall’essere un fervente patriota ed illuminista.
Nel 1899 pubblica “La carrozza di tutti”, una serie di vicende umane e sociali raccontate dall’io narrante. De Amicis per un anno percorre quotidianamente la città sull’Omnibus, il mezzo su rotaia, antesignano del tram, trainato da cavalli. Qui raccoglie aneddoti, storie e vicende di individui diversi, accomunati dalla necessità dello spostamento. Una micro comunità itinerante dove quotidianamente si incontrano tutti gli strati sociali, operai, nobiltà, prostitute, borghesi, sindaci e accattoni ed emergono i contrasti tra generazioni e classi.
Tra le altre opere ricordiamo anche “Bozzetti di vita militare” (1868); “Novelle” (1872); “Ricordi del 1870-71” (1872); Ricordi di Parigi (1879); “I due amici” (1883); “Amore e ginnastica” (1892); “Questione sociale” (1894); “Le tre capitali: Torino-Firenze-Roma” (1898); “Nel regno del Cervino” (1904); “L’idioma gentile” (1905); “La Tentazione della bicicletta” (1906); “Cinematografo cerebrale” (1907); “Compagnia” (1907); “Ricordi d’un viaggio in Sicilia” (1908); “Nuovi ritratti letterari e artistici” (1908). A cavallo tra il XIX e XX secolo collabora anche a varie testate di ispirazione socialista.
Gli ultimi anni di vita sono segnati dalla scomparsa della madre, dal rapporto conflittuoso con la moglie Teresa Boassi, ma soprattutto dal suicidio del figlio maggiore Furio, legato proprio alle condizioni di invivibilità createsi in famiglia per le furibonde e continue liti dei genitori. De Amicis decide di ricominciare a viaggiare per l’Italia passando per Firenze, la Sicilia e infine la sua terra natale la Liguria dove muore a 62 anni l’11 marzo 1908. E’ sepolto nel Cimitero monumentale di Torino. Dal 1923, in piazza Carlo Felice esiste un monumento a lui dedicato, opera dello scultore Edoardo Rubino.
Piero Abrate