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Alla scoperta della “grande muraglia piemontese”: il Forte di Fenestrelle

FENESTRELLE. Sul lato sinistro della Valle del Chisone, nei pressi di Fernestrelle sorge la struttura fortificata più estesa d’Europa, seconda nel mondo solo alla celebre Muraglia Cinese. Il Forte di Fenestrelle, a volte addirittura chiamato con il nome di “grande muraglia piemontese” proprio a indicare le sue grandiose dimensioni, fu voluto da re Vittorio Amedeo II, che incaricò l’ingegner Ignazio Bertola di occuparsi del progetto. Lo scopo di una tale opera era essenzialmente difensivo: la fortezza si sviluppa, infatti, lungo quello che una volta era il confine italo-francese. I lavori per la costruzione del complesso difensivo si protrassero dal 1728 al 1850 e il risultato superò ogni aspettativa: non esisteva all’epoca, nella storia dell’architettura difensiva, una simile opera capace di coprire un dislivello di quasi 700 metri. E’ peraltro l’unica fra le fortezze piemontesi del Settecento a presentare ancora oggi l’architettura originale. E questo perché, nel corso della sua storia, non è mai stata teatro di violenti assedi, pur essendo il suo scopo primario essenzialmente difensivo. Fin dalla sua nascita fu, invece, importante il ruolo detentivo svolto dal complesso, che fu prigione di stato, prigione comune e prigione militare, in particolare occupata dai combattenti del conquistato Regno delle Due Sicilie.

Il Forte è costituito da numerosi fortini, (San Carlo, Tre Denti, Sant’Elmo e Valli), polveriere, un quartiere medievale che fungeva da rocca, un quartiere per le truppe il tutto collegato da ridotte e possenti cannoniere unita da quella mirabile opera che rende la costruzione ancora più unica e suggestiva: la scala coperta (circa 4000 gradini), scavata in una galleria artificiale di quasi due chilometri. È sulla piazza d’armi del Forte San Carlo che si affacciano tutti gli edifici più rappresentativi dell’intero complesso difensivo: il palazzo del governatore, il padiglione degli ufficiali e la chiesa; dalla piazza d’armi parte inoltre la lunga scala coperta che collega ogni parte dell’ampia fortezza. All’interno del Forte San Carlo si trovano anche tre quartieri militari, la polveriera di Sant’Ignazio, i risalti, la porta reale e numerosi altri fabbricati utilizzati come depositi, laboratori, infermeria e corpi di guardia.

Nel corso della seconda guerra mondiale la fortezza conobbe il suo unico vero momento di azione militare quando, nel luglio del 1944, la parte orientale della Ridotta Carlo Alberto venne fatta esplodere dai partigiani della divisione “Adolfo Serafino” allo scopo di rallentare l’avanzata delle truppe nazi-fasciste che avevano lanciato una vasta operazione antipartigiana nelle vallate alpine. Dopo la fine della Seconda guerra mondiale nel 1946, l’Esercito Italiano decise di dismettere completamente la struttura divenuta obsoleta da un punto di vista militare. La fortezza venne quindi abbandonata e subì danni dovuti al degrado, alle intemperie e al saccheggio. In pratica, nel corso degli anni, venne rimosso tutto ciò che era possibile asportare: infissi, porte e persino le travi dei solai delle caserme.

A partire dal 1990, grazie all’azione di un gruppo di volontari, è iniziato il recupero della struttura: al suo interno vengono realizzate visite guidate ed organizzate rappresentazioni teatrali e culturali. Nel 1992 è stato redatto per conto del Demanio e del Ministero dei Lavori Pubblici un progetto generale di rifunzionalizzazione per opera dell’architetto Donatella D’Angelo, che ha portato a conoscere le problematiche costruttive e di riuso del più grande Forte d’Europa. Dal 1999 è diventata il simbolo della Provincia di Torino e nel 2007 il World Monuments Fund l’ha inserita nella lista dei 100 siti storico-archeologici di rilevanza mondiale più a rischio (insieme ad altri 4 siti italiani).

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