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Quando a frequentare la Riviera ligure non erano i piemontesi bensì gli inglesi

Il mito dei fratelli Thomas e Daniel Hanbury, cui si devono i Giardini botanici della Mortola a Ventimiglia e il primo Tennis club d’Italia ad Alassio

ALASSIO. C’è chi definisce la Riviera ligure, soprattutto quella di Ponente, come il Mare dei piemontesi. Ma potremmo anche dire il contrario: e cioè che, simmetricamente, le province di Cuneo e di Alessandria sono l’entroterra della Liguria, dove la cultura del mare e quella rurale si fondono e si intrecciano in legami inscindibili.

Legami storici, stretti e secolari, che risalgono all’epoca romana, quando il Piemonte Meridionale, dalla sponda destra del Po alle coste del Golfo Ligure faceva parte integrante della IX Regio Liguria. Ai legami storici e politici dobbiamo aggiungere quelli economici: gli scambi tra i prodotti mediterranei (acciughe, olio, pesto, sale ecc.) e quelli del Pianalto Torino-Cuneo (grano, mais, salumi, formaggi, ecc.) hanno rappresentato per le due regioni sorelle e attigue una reciproca opportunità di crescita, non solo economica, ma anche e forse soprattutto culturale, con contaminazioni di lingua, di abitudini gastronomiche, di mentalità e di tradizioni popolari a senso incrociato.

Non è un caso se l’antico nome romano di Genova è Janua, cioè “porta” d’ingresso, passaggio da e verso l’entroterra; ma il toponimo Janua riconduce altresì al nome di Giano, il dio bifronte, perché proprio come Giano, anche Genova rivolge lo sguardo, contemporaneamente, sia verso il Mare che verso la Terra, di cui costituisce la porta e il transito nei due sensi.

Ma se oggi la Riviera Ligure, soprattutto quella dei Fiori, può essere considerata il Mare dei piemontesi, in passato, e in particolare nei decenni a cavallo tra Ottocento e Novecento, la Riviera di Ponente è stata anche “terra di conquista” di villeggiatura e riposo per una folta comunità inglese.

Città come Alassio, Bordighera e Ventimiglia rappresentavano ideali tappe “tecniche” delle rotte commerciali tra l’Inghilterra e le Indie orientali (passando per il Canale di Suez). Le navi vi facevano approdo e gli uomini di affari, dopo i lunghi viaggi in Oriente, finivano per rigenerarsi per qualche tempo ai miti climi della Liguria, prima di far ritorno in Patria. Fu così che molti Inglesi scelsero i lidi liguri come luoghi di villeggiatura, facendovi costruire ville e giardini in cui soggiornare nei periodi di riposo.

Fu un effetto domino: l’effetto moltiplicatore del passaparola fu davvero efficace e sorprendente. Molti furono i personaggi illustri (botanici, archeologi, scienziati, letterati, ecc.) che scoprirono le opportunità che questa regione rivierasca, con un clima ideale, poteva loro offrire per rigenerare fisico e mente, ma anche per coltivare – in un contesto rilassante – le loro passioni.  Come Clarence Bicknell (matematico ed esperantista), Lord Carnarvon (egittologo), o poeti come Lord Byron, Percey Bysshe Shelley, o scrittori del calibro di Charles Dickens. L’infatuazione anglosassone contagiò anche molti Americani, come dimostrano le lunghe frequentazioni alassine di Ernest Hemingway, passate alla Storia. Tutti innamorati follemente della Liguria. Ma da queste parti sono transitati ed hanno soggiornato anche decine di uomini di sport: e non è un caso che qui gli inglesi abbiano costituito il primo Cricket and Football club d’Italia (quello del Genoa, risalente al 1893) ed il primo Tennis club d’Italia, quello di Alassio.

La comunità anglo-ligure, chiamiamola così, finì per prolungare la permanenza in Riviera a quasi tutti i mesi dell’anno, creando per i suoi membri una vasta rete di servizi e opportunità culturali e sportive. In seguito allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale e con l’inevitabile e forzato ritorno in patria della maggior parte degli inglesi, molte delle loro ville e abitazioni di proprietà furono cedute a privati italiani o alle stesse amministrazioni comunali, che le adibirono a nuove destinazioni culturali o sportive.

Tra i più noti inglesi che divennero Liguri di adozione, ricordiamo Thomas Hanbury, un botanico che si invaghì dell’amenità del paesaggio alassino al punto di trasferirsi nella cittadina rivierasca, approfondendone la storia e riscoprendo le leggende e le tradizioni del territorio, su cui scrisse interessantissimi saggi. Favorì la realizzazione di giardini, orti botanici ed erbari. Animò la vita culturale della cittadina ligure creando un British Club dove si tenevano tornei di bridge e si organizzavano pesche di beneficienza. In quegli anni, intanto, veniva aperta una Farmacia inglese, e – ad iniziativa del reverendo anglicano John Hayes – veniva istituita ad Alassio una English Library.

Thomas Hanbury (21 giugno 1832, Clapham Town, Londra – 9 marzo 1907, Mortola Inferiore, Imperia) era stato un esportatore di the, e teneva fitti rapporti commerciali con Shanghai. Scoperte le amenità della Liguria, acquistò il Palazzo dei Marchesi Orengo di Ventimiglia; poi, un po’ alla volta, iniziò ad acquistare anche una vasta area di terreni circostanti, per poterli trasformare in uno splendido giardino, con rare specie botaniche provenienti da ogni parte del mondo.

Nacque così il progetto del Giardino della Mortola di Ventimiglia. Per la sua creazione, Thomas si avvalse della consulenza e della collaborazione del fratello maggiore Daniel Hambury (11 settembre 1825 – 24 marzo 1875) farmacologo e botanico di professione, anch’esso sensibile alla fascinazione del clima e del paesaggio ligure.  Oggi quei giardini sono chiamati Giardini Botanici Hanbury; fanno capo all’Università di Genova e rappresentano una magnetica attrazione turistica di valenza internazionale.

Ma non è tutto. Il fratello di Thomas, Daniel Hanbury, fondò ad Alassio l’ “Hanbury Tennis Club”, proprio a ridosso della linea ferroviaria costiera appena realizzata per volontà di Cavour: probabilmente quello è stato il primo Tennis club d’Italia. La storica Club House, così come ancora la vediamo oggi, venne però costruita quasi cinquant’anni dopo la morte di Daniel Hanbury, e precisamente nel 1923: fu dedicata proprio a Daniel Hanbury e venne inaugurata dal grande tennista  Jean-René Lacoste (Parigi, 2 luglio 1904 – Saint-Jean-de-Luz, 12 ottobre 1996). Rimasta immutata nel tempo, la Club House dell’Hanbury ha mantenuto intatta la magica atmosfera di quegli anni lontani. Si tratta di un vero Museo ricco di cimeli, trofei, documenti e fotografie storiche: proprio in questi giorni se ne celebra il primo Centenario.

Gianni Clerici, il poeta del tennis, un assiduo frequentatore dell’Hanbury Tennis Club di Alassio

Sergio Donna

Sergio Donna

Torinese di Borgo San Paolo, è laureato in Economia e Commercio. Presidente dell’Associazione Monginevro Cultura, è autore di romanzi, saggi e poesie, in lingua italiana e piemontese. Appassionato di storia e cultura del Piemonte, ha pubblicato, in collaborazione con altri studiosi e giornalisti del territorio, le monografie "Torèt, le fontanelle verdi di Torino", "Portoni torinesi", "Chiese, Campanili & Campane di Torino", "Giardini di Torino", "Fontane di Torino" e "Statue di Torino". Come giornalista, collabora da alcuni anni con la rivista "Torino Storia". Come piemontesista, Sergio Donna cura da tempo per Monginevro Cultura le edizioni annuali dell'“Armanach Piemontèis - Stòrie d’antan”.

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