Il “Vèrmot”, l’amaro torinese che conquistò Vittorio Amedeo III
TORINO. Stabilita in questi giorni dall’Unione europea l’ufficiale paternità torinese, parliamo del “Vèrmot”, questa la grafia piemontese per il famoso vino Vermouth, membro a pieno titolo della lista dei prodotti PAT piemontesi, ovvero tutti quei prodotti “le cui metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura risultano consolidate nel tempo e sono praticate sul proprio territorio in maniera omogenea e secondo regole tradizionali per un periodo non inferiore ai venticinque anni”.
Dal sapore tipicamente amaro, il vino Vermouth a generalmente un volume alcolico pari o superiore al 17,5%, ideale come accompagnamento durante un aperitivo.
Storia
La fama e la storia del Vermouth sono indissolubilmente legati alla tradizione piemontese ed alla città di Torino, dove, sul finire del 1700, la preparazione di questo peculiare vino aromatico era considerata un’autentica forma d’Arte. A differenza di tanti altri prodotti tipici della nostra regione, il Vermouth ha una storia decisamente più documentata, con tanto di data di nascita e diverse informazioni sull’autore: l’origine di quest’alcolica bevanda risale, infatti, al 1796 quando Antonio Benedetto Carpano, aiutante di bottega di origini biellesi che lavorava presso un piccolo locale in piazza Castello, a Torino, prendendo spunto dai vini speziati di epoca greca o romana e dagli infusi nati in Italia agli inizi del 1500, addizionò del Moscato di Canelli con spezie ed erbe di montagna.
Il risultato fu semplicemente sbalorditivo, e la liquoreria in cui Carpano lavorava, in poco tempo, divenne il locale più frequentato del capoluogo piemontese, mentre il neo nato Vermouth, dal tedesco Wermut, che significa Assenzio, divenne ben presto una vera e propria eccellenza italiana, prodotto non più solo da Carpano, ma anche da molte importanti aziende del tempo come Cinzano e Martini. La tradizione vuole che lo stesso sovrano Vittorio Amedeo III, entusiasta e colpito dalla nuova ricetta, fece sospendere a corte la produzione del tradizionale Rosolio in favore di questo nuovo prodotto.
Preparazione
La preparazione del Vermouth è apparentemente piuttosto semplice: L’ingrediente base è ovviamente il vino, che deve rappresentare il 75% del volume totale della bevanda, seguito subito dopo dall’Artemisia maggiore, o Assenzio, a cui si uniscono varie spezie, che possono andare dalla melissa, timo, maggiorana, fino alla salvia, la genziana, la china e molte altre, secondo modalità e quantità che sono ovviamente un segreto del produttore, custodito gelosamente ed in grado, se cambiate, di variare anche significativamente il risultato finale della preparazione.
Le spezie sono poi macerate in alcool, a “freddo”, in infusione in alcool e vino a caldo o, ancora, attraverso la distillazione delle differenti droghe ed erbe aromatiche. Alla fine, ovviamente, si imbottiglia nel vetro.
Il Vermouth si può consumare servito freddo, liscio “on the rock” come vuole la tradizione, oppure come base per grandi classici come il Manhattan, ottenuto mischiando 5 parti di Rye Whiskey, 2 parti di Vermouth rosso e 1 goccia di Angostura bitter.
Mirco Spadaro