Ω Primo Piano

65 anni fa la prima trasmissione ufficiale Rai

MSono passati 65 anni da quel 3 gennaio 1954 in cui la Rai, Radio televisione italiana, inizia il suo regolare servizio di trasmissioni televisive.
Dopo cinque anni di sperimentazione da Torino e due da Milano, la televisione italiana, è pronta a partire ufficialmente, giungendo fino a Roma tramite 7 trasmettitori. Quella domenica a Milano, in diretta dagli studi nuovi di zecca del Centro di Produzione di Corso Sempione, va in onda la prima trasmissione “regolare” della tv di Stato. A dare l’annuncio la voce e il sorriso rassicuranti di Fulvia Colombo. Per un’Italia che ancora si lecca le ferite della guerra, è indubbiamente una rivoluzione, subito fotografata dalla Domenica del Corriere che all’arrivo nei tinelli della borghesia più agiata della “spaventosa macchina”, come la definisce nei giorni dell’esordio il giornalista de La Stampa Luigi Barzini, dedica una storica copertina firmata da Walter Molino. Quell’immagine del settimanale milanese, con il papà ben vestito che tiene sulle ginocchia il figlio bambino e si appassiona con lui ad una partita di pallone, si rivelerà lungimirante.

Dopo un periodo sperimentale, già nei primi mesi dell’anno gli abbonati erano 24 mila, diventati poi 88.118 a dicembre del ’54, quando i ripetitori erano 9 e gli studi televisivi 8 (5 a Milano, 2 a Roma, 1 a Torino). Nel giro di quattro anni si superò ampiamente il milione. E in dieci anni i milioni di abbonati erano cinque. Rileggendo la storia delle televisione italiana scritta da Aldo Grasso scopriamo come già nel ’58 la quasi totalità della popolazione era potenzialmente in grado di sintonizzarsi sulle frequenze del Programma Nazionale.

E tornando a quel 3 gennaio 1954, quel primo programma annunciato dalla dolce Fulvia Colombo, fu una breve rubrica settimanale di interviste a personalità e vip in arrivo o in partenza dall’aeroporto di Ciampino. Il programma s’intitolava per l’appunto Arrivi e Partenze e andò in onda alle 14.30: a fare gli onori di casa c’erano Armando Pizzo e un giovane Mike Bongiorno, già perfettamente a suo agio nel ruolo di intervistatore e intrattenitore. La regia era di Antonello Falqui. In serata, dopo una rubrica dedicata all’arte, il Tg (alle 20.45, più tardi rispetto ad oggi), seguito dal primo talk show della televisione italiana (si intitolava Teleclub), e poi dalla recita in diretta di una commedia di Goldoni. In chiusura, nemmeno a dirlo, la gloriosa La Domenica Sportiva, il programma in assoluto più longevo della tv italiana.

Da lì un diluvio di palinsesti e di programmi che hanno accompagnato e fatto la storia del Paese, dal mitico Lascia o Raddoppia? sempre con Mike Bongiorno che dal novembre 1955 unificherà l’Italia, catalizzando l’attenzione di tantissimi ogni giovedì sera, fino al teatro d’autore (il 30 dicembre del 1954 esordisce in tv Eduardo De Filippo con Miseria e Nobiltà di cui firma anche la regia) a Il Musichiere di Mario Riva. Senza contare gli sceneggiati, lo sport, i programmi per combattere l’analfabetismo (Non è mai troppo tardi con l’indimenticabile maestro Manzi in onda dal novembre del ’60) e quelli per bambini (il primo programma per i più piccoli Zurlì, mago del giovedì, con Cino Tortorella, va in onda il 10 gennaio del 1957, lo Zecchino d’Oro arriverà nel ’59).

Con il suo teatrino di pubblicità, che a quei tempi si chiamavano alla francese reclame, in onda tutte le sere dopo il telegiornale, arriva il 3 febbraio del 1957, Carosello. E sempre quell’anno esordisce Rin Tin Tin. Nel 1958 parte Canzonissima (vince Nilla Pizzi con l’Edera) così come la diretta del Festival di Sanremo (le prime edizioni andarono però in onda in radio) che in quell’inverno sarà vinto da Domenico Modugno con Nel blu dipinto di blu.

In pochi anni la televisione riesce a dimostrare tutto il suo fascino e il suo potere sugli italiani. Basti pensare che al giovedì per il programma Lascia o Raddoppia? di Mike Bongiorno (in assoluto il più popolare e gettonato dalla gente) tutte le abitazioni che possiedono un televisore (così come i bar e i circoli dopolavoristici) si gremiscono, costringendo molti “spettatori” a portarsi la sedia da casa per non rischiare di dover assistere in piedi alle performance quizzettare.

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