AMARCORD di Mino RossoΩ Primo Piano

mi domando come negli anni sessanta sia finita tra le mie mani una chitarra…

questa è la pubblicazione di una serie di racconti che rimandano al tempo passato. sono 12 +1. dodici come le ore (nell’ordine: la sveglia / l’uomo del plasmon / tra linee rette e curve / condor n. 5 / magellano / rai radiotelevisione italiana / bwv565 / italia ‘61/ 48-14 / la 500 da corsa / la racchetta di rod laver / il giro di sol) più uno dedicato all’orologio del minareto della moschea di testour (tn) dove questa idea di ritornare indietro nel tempo è nata. in ogni racconto è riportata una pagina di immagini che rimandano al testo e quella dell’oggetto/scultura con l’inserimento di un orologio dal movimento antiorario. 

il giro di sol

se devo dire la verità. tutta la verità. nient’altro che la verità, dico: non ho mai avuto il senso del tempo (inteso come ritmo) né una voce di particolare interesse. intonata. e basta. forse piacevole per colore. non lo so. a me non è mai piaciuta. questo è il prologo per raccontare della mia attività di cantore da salotti e osterie. se a tutto questo si aggiunge che le mie mani non sapevano creare apprezzabili arabeschi lungo le sei corde della chitarra, resta c’è da chiedersi come negli anni ’60 (circa) me la ritrovai tra le mani. boh. la cosa resta un mistero anche per me oggi. quello che so è che le mie dita si limitavano a proporre qualche accordo in accompagnamento alla mia voce. gesù, è bene che io eviti qui ogni riferimento ai principi fondamentali dell’armonia questione complessa. e persino noiosa. 

aggiungo, solo per il lettore più esigente, e musicalmente preparato, che di regola il mio giro di accordi era quello di sol maggiore: sol, mi-, la-, re7. anche se il primo imparato era quello di do maggiore (do, la-, re-, sol7). poi come quasi sempre succede nella vita ci si deve accordare su altre tonalità. repertorio: canzoni tradizionali di tutto il mondo. non ho mai posto limiti al mio desiderio di conoscere e cercare di entrare in altri mondi. questo anche a dispetto che io parlavo (e parlo) quasi esclusivamente la lingua italiana. per di più approssimata. bah. il problema non si poneva. nessuno avrebbe mai potuto rimproverami una inesattezza di pronuncia di una qualche parola in lingua alcaica celtica o della polinesia. sì. mi ero costruito una sorta di grammelot1. a volte non mi capivo nemmeno io. ma il punto (già allora) non è come le cose si dicono. ma come si dicono. vabbè. mio indiscusso riferimento: belafonte (harry)2.

come mio solito, se non riesco ad affrontare un problema con risultati che io ritengo soddisfacenti, cambio lo strumento con il quale tento di esprimermi passando a uno più complesso. dalla chitarra acustica a 6 corde passai a una 12. il risultato fu il raddoppio della possibilità d’inciampo in loro. la cosa né mi angosciò più di tanto né turbò gli ascoltatori. veniva vissuta come un inevitabile accidente della materia. una materia così complessa come la cultura musicale nel mondo. parlo di questo mondo. dell’altro non so. questa idea era già presente in me quando tenevo una rubrica radiofonica per radio flash2 “il canto del grillo3 “. musica e poesia da tutto il mondo” mandando in onda, dal 5° piano di via mazzini 36, i dischi che mi portavo da casa. le risorse erano quelle che erano. la trasmissione durò poco. confesso che forse quel titolo mi era rimasto nelle orecchie dagli anni ’50 e così me ne appropriai più o meno consciamente. vabbè. poco importa. meglio che io torni al mio rapporto, conflittuale, con la musica. conflittuale per via della mia incostanza.

salto sempre di palo in frasca. come quando scrivo. a volte posso essere acuto. ma so di non essere profondo. allora invece di esercitarmi diteggiando lungo il manico della chitarra studiai i principi dell’armonia. detesto fare le cose senza conoscere la loro origine. così seguivo quasi esclusivamente le linea melodica con la voce accompagnandola di tanto in tanto con un accordo battuto secondo un tempo ad libitum. ma dell’accordo strimpellato conoscevo la sua origine. e tanto mi bastava. mah. credo si possa dire che questa fosse la mia peculiarità interpretativa. passai poi alla fase cantautore. tra lo scarso interesse dei molti amici e persino mio. successivamente alla musica elettronica e concreta. ma questa è tutta un’altra storia che forse un giorno racconterò. non so a chi.

mino rosso

1 Grammelot ‹gramelò› s. m. [voce pseudo-fr., prob. tratta dal fr. grommeler borbottare, mormorare fra i denti”].  Termine del gergo teatrale indicante una forma di gioco verbale imitativa con pronuncia di suoni per lo più non corrispondenti a parole reali ma che per sonorità, intonazione e cadenze tipiche rimandano ad una lingua o un dialetto.
2 Harry Belagìfonte -Harold George Bellanfanti Jr., meglio noto come Harry Belafonte (1927), è un musicista, attore e attivista dei diritti civili statunitense soprannominato “Re del calypso”. […] Per tutto l’arco della sua carriera, si è battuto a favore di cause legate ai diritti umani e umanitarie.
3 Radio Flash – Emittente radiofonica indipendente di Torino attiva dal settembre 1976. […] Prima sede di fondazione e costituzione della squadra che fece nascere Radio Flash fu un appartamento in via San Tommaso 10. questo quanto riportato in Wikipedia. Ma da un appunto sulla mia agenda del 1975 trovo riportato Radio Flash via Mazzini 36 [Fiore-Cottino] 5 p. Forse l’emittente era ancora in corso di registrazione.
4 Il canto del grillo – Trasmissione radiofonica tenuta da Francesco Carnelutti. Gli interventi furono pubblicati da Edizioni Radio Italiana nel 1955.

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