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Quelle coltivazioni di lavanda che non ti aspetti tra i vigneti di freisa sulle colline del Monferrato

Una visita sorprendente alla “Cascina Gelosia” di Castelnuovo Don Bosco (At)

CASTELNUOVO DON BOSCO (At). L’emozione che dà l’ammirare dal vero una distesa di coltivazione di lavanda, dai toni intensi di pervinca, supera di gran lunga quella che si prova davanti a un quadro dipinto da Claude Monet o da altri grandi impressionisti francesi, che pur ritrassero con grande efficacia e in modo ineffabile i suggestivi paesaggi di Provenza fioriti d’azzurro. Una sorta di sindrome di Stendhal che ti toglie il fiato. Del resto, si sa: l’originale supera sempre le sue imitazioni, anche se firmate dai più grandi artisti.

Ma non è il caso di raggiungere la Provenza per provare questa emozione: basta spostarsi a 30 chilometri da Torino, dove il versante orientale della collina torinese si confonde con le alture monferrine astigiane: sono le terre di San Giovanni Bosco, dove il grande santo piemontese nacque e svolse il suo primo apostolato, tornandovi di tanto in tanto d’estate per trascorrervi qualche breve periodo di riposo.

Uno scorcio panoramico della coltivazione di lavanda intorno alla Cascina “Gelosia” di Castelnuovo Don Bosco (Asti), Strada della Gelosia, 14

Sulle colline di Castelnuovo don Bosco, tra folti boschi e ordinati vigneti di freisa, sorge la storica Cascina Gelosia: ebbene, proprio qui, dal 2014, i declivi che fan corona al curatissimo cascinale risplendono di un vivace colore lavanda.

Così mi racconta la signora Maria Rosa Drago, nativa di Cortanze (Asti), e moglie di Ferruccio Musso, nato e cresciuto alla Gelosia, titolare dell’azienda agricola: “La decisione di coltivare la lavanda su queste colline monferrine è nata alcuni anni fa da un incontro casuale, quello con Gianluca Ravizza, direttore della ATIMA (Associazione Trebbiatori ed Imprese Meccanizzate Agricole) di Asti, che ci ha proposto di intraprendere e sperimentare questa nuova avventura, allora decisamente pionieristica. Fu lui ad indirizzarci al Consorzio Agronatura di Spigno Monferrato, specializzato nella coltivazione di piante officinali: le prime piantine ci sono state fornite a Castelletto d’Erro. I primi due anni di coltivazione sono stati durissimi: le erbe che infestavano le zolle dovevano essere estirpate a mano e con le zappe. Ora i cespugli si sono allargati e irrobustiti, e la nostra coltivazione ricopre un’area di un ettaro e mezzo, con 22.000 cespugli di lavanda di ottima qualità. In un campo attiguo abbiamo messo a dimora 1100 piantine di ‘lavandino’, una varietà di lavanda dal colore meno intenso, ad uso non officinale, ma ornamentale.”

La postazione di accoglienza della Cascina “Gelosia” di Castelnuovo Don Bosco

Mentre la signora Maria Rosa mi parla, un profumo delicato di lavanda inonda la collina e si spande nell’aria penetrando, lieve, nelle mie narici. Turisti e visitatori, intanto, lasciata l’auto in un ampio parcheggio, arrivano a decine alla Cascina Gelosia e incantati, si fotografano l’un l’altro compiaciuti, sui margini del campo azzurrato che fa da scenografia e sfondo agli scatti. Lo scenario è talmente suggestivo da apparire irreale.

“La lavanda offre due fioriture all’anno – continua Maria Rosa la prima, la più importante, è utilizzata per ricavarne olio essenziale, che viene commercializzato nei vasetti dopo la distillazione. La seconda fioritura, autunnale, è meno abbondante, e viene utilizzata per ricavarne piccoli bouquet di fiori essiccati; oppure, i semini di lavanda vengono inseriti in graziosi sacchetti di cotone, utilizzati per profumare i cassetti e gli armadi, proprio come facevano le nostre nonne”.

Dalla Cascina Gelosia, un’ecologica passeggiata tra i boschi che costeggiano la distesa di lavanda consente di raggiungere l’adiacente Tenuta Tamburnin, con annessa Cantina, da cui si può godere uno struggente paesaggio su Castelnuovo e sui borghi arroccati sulle alture circostanti; ma soprattutto, qui si può degustare un’ottima Freisa d’Asti, a denominazione d’origine controllata, alla quale è stato attribuito un nome di donna, “Giulietta”: un vino moderatamente mosso dal “carattere allegro e raffinato, morbido e pieno”, come spiega l’etichetta: un buon compagno di ogni portata.

Freisa e lavanda: l’accoppiata speciale che mai avresti detto.

Una bottiglia di Freisa “La Giulietta”, Denominazione d’Origine Controllata,
prodotta nella “Tenuta Tamburnin” di Castelnuovo Don Bosco (At) | Frazione Bardella, 4

Vigneti nelle colline circostanti Castelnuovo Don Bosco (At)

Sergio Donna

Torinese di Borgo San Paolo, è laureato in Economia e Commercio. Presidente dell’Associazione Monginevro Cultura, è autore di romanzi, saggi e poesie, in lingua italiana e piemontese. Appassionato di storia e cultura del Piemonte, ha pubblicato, in collaborazione con altri studiosi e giornalisti del territorio, le monografie "Torèt, le fontanelle verdi di Torino", "Portoni torinesi", "Chiese, Campanili & Campane di Torino", "Giardini di Torino", "Fontane di Torino" e "Statue di Torino". Come giornalista, collabora da alcuni anni con la rivista "Torino Storia". Come piemontesista, Sergio Donna cura da tempo per Monginevro Cultura le edizioni annuali dell'“Armanach Piemontèis - Stòrie d’antan”.

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