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Modi di dire: “àut come un sòld ëd toma” e “giovo come l’aj”

Ho già avuto occasione, in altre pagine di questo giornale on line, di ricordare alcune tipiche e colorite frasi idiomatiche della lingua piemontese, talvolta ironiche, talora più argute e pungenti, senza però mai scadere in un linguaggio scanzonato. Un’altra espressione idiomatica piemontese, molto efficace e pittoresca, è la seguente: “esse àut come un sòld ëd toma”. Essa trova il suo equivalente nella frase idiomatica italiana “alto come un soldo di cacio”.

Ma il piemontese è più circostanziato. Non sta sul generico, come l’italiano:  e questo è un aspetto alquanto interessante della lingua subalpina, che nella fattispecie dimostra un orgoglioso risvolto campanilistico, facendo riferimento ad uno dei suoi più gustosi e diffusi formaggi regionali. Faccio un esempio: una forma di paglierina è sicuramente più bassa e leggera di una forma di fontina o di Castelmagno. Tante grazie: dipende dal taglio, direte voi, e dal peso specifico. Certo. Per la verità, non tutti i formaggi hanno lo stesso prezzo, né la stessa consistenza, né si prestano allo stesso tipo di taglio: così, ad esempio, una forma di gorgonzola o di fontina viene affettata in un modo diverso da una forma di Bra tenero; la crescenza (strachin), tipico formaggio a pasta molle, a sua volta, si presta ad essere tagliata a tranci, talvolta con un filo di acciaio; il parmigiano, invece, va tagliato a spicchi o a cubetti, la mozzarella a tondini, e così via. E ancora: una fetta di robiola si presenta in modo ben diverso (per dimensione, altezza, spessore e peso) da una fetta di Bra duro o di pecorino.

A prescindere dalla considerazione che il “soldo” non esiste più (per chi non lo sapesse, ricordo che 20 soldi equivalevano ad una lira, e che un soldo era pari a 5 centesimi), e senza voler fare il pignolo, facendone una mera questione di formaggi, l’espressione “àut come un sòld ëd toma” dà comunque l’idea di una quantità davvero irrisoria di formaggio (un assaggio, praticamente, oggi diremo una degustazione, o forse un morso). La toma, tra tutti i formaggi piemontesi è forse il più semplice, il più comune, il formaggio “base” di tutti i “margari”. Ecco perché la nostra frase idiomatica – tra tutti i formaggi – fa riferimento proprio a questo prodotto tipico e tradizionale dell’arte casearia piemontese. Ma quanto mai potrà misurare, in altezza, un soldo di toma? Meno dello spessore di una moneta da 5 centesimi di una lira di ieri, e ancor meno di quello di una moneta da 5 centesimi di un euro dei giorni d’oggi. Comunque venga tagliata la fetta, e di qualunque formaggio si tratti, toma o non toma, essa si presenterebbe come un velo trasparente, grande al massimo come un francobollo, proprio se si vuol essere generosi.

Difatti, l’espressione, ancor più che nel suo registro più ironico e di maldicenza (per indicare persone di altezza decisamente sotto la media), è (o meglio…era!) usata come un rimprovero, soprattutto nei confronti di quei ragazzi sbarbatelli, che si atteggiano ad adulti, ma in realtà devono ancora crescere parecchio, sia fisicamente, ma ancor più d’intelletto.

Un po’ come dire: “It ses giovo come l’aj! It ses àut come ‘n sòld  ëd toma!”. E se si vuole rafforzare la dose: “It l’has ancor ël làit ai làver”. E salendo ancora di registro: “’T ses àut un pèt”. Traduciamo: “Sei giovane come l’aglio! Sei alto come un soldo di toma! Hai ancora il latte alle labbra”. Evitiamo di tradurre l’espressione “àut un pèt” (il pèt è la “puzzetta”, emessa a metà altezza da un corpo umano) di cui è facile coglierne il senso e… l’odore. In quanto al paragone all’aglio, come prototipo di virgulto e di gioventù, magari mi riservo di parlarvene in un prossimo mio articolo. L’espressione “àut come ‘n sòl ëd toma”, con o senza rafforzativi, è già da sola e di per sé molto esplicita. E mi piace pensare che ciò avvenga facendo riferimento ad uno dei più tipici formaggi del nostro Piemonte, l’eccezionale toma nostrana Dop.

Magia ed efficacia incomparabile della bella lingua piemontese.

Sergio Donna

Torinese di Borgo San Paolo, è laureato in Economia e Commercio. Presidente dell’Associazione Monginevro Cultura, è autore di romanzi, saggi e poesie, in lingua italiana e piemontese. Appassionato di storia e cultura del Piemonte, ha pubblicato, in collaborazione con altri studiosi e giornalisti del territorio, le monografie "Torèt, le fontanelle verdi di Torino", "Portoni torinesi", "Chiese, Campanili & Campane di Torino", "Giardini di Torino", "Fontane di Torino" e "Statue di Torino". Come giornalista, collabora da alcuni anni con la rivista "Torino Storia". Come piemontesista, Sergio Donna cura da tempo per Monginevro Cultura le edizioni annuali dell'“Armanach Piemontèis - Stòrie d’antan”.

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