La paglierina piemontese è il miglior modo per concludere un buon pranzo
Terminare un pranzo con una fetta di paglierina (nell’idioma piemontese toma dla paja) è il tocco finale che rende specialissimo un pasto di per sé già speciale. Ma forse con la paglierina sarebbe ancor meglio farci merenda, a stomaco vuoto, così da potercene concedere, di fette, almeno due, abbinandole a un buon bicchiere di Arnèis, o di Langhe Favorita, e degustandole con tutta calma insieme ad una morbida fetta di pane casereccio. Bella a vedersi, la paglierina: un disco più o meno regolare, di colore bianco-paglierino, come una luna piena, senza crateri però, ma dalla crosta striata.
Un tempo, le paglierine venivano fatte stagionare su letti di paglia o fieno, che conferivano alle forme una tipica striatura irregolare sulla morbida crosta. Oggi la paglia è stata sostituita da griglie metalliche che imprimono alle paglierine una striatura più uniforme, talvolta rigata, talvolta a rombi: ma la sostanza non muta, perché immutate sono rimaste le ultracentenarie procedure per produrle, e immutato è rimasto il sapore avvolgente della pasta di questo tipico formaggio piemontese.
Il primo Caseificio a produrre una paglierina è stato la ditta Cesare Quaglia di San Francesco al Campo, nell’area metropolitana di Torino, cui si deve la registrazione ‒ avvenuta nel 1891 – del nome del formaggio, che in piemontese viene, come detto, anche chiamato “toma dla paja”. Il marchio è ora di proprietà dal Caseificio Longo, di Rivarolo Canavese (To). Essendo il marchio registrato, gli altri produttori utilizzano talvolta nomi alternativi e similari, come “paglieretta”, “toma dla paja”, ecc. ma il consumatore, quando lo acquista al banco, e lo indica al rivenditore, continua a chiamare questo formaggio piemontese in un unico modo: “vorrei una paglierina”, qualunque sia il produttore.
Tra i produttori storici vi è anche la ditta Beppino Occelli di Farigliano (Cn) che da anni commercializza la Tuma dla paja. Come spiegano dallo stabilimento nella Granda: “Un tempo questa ‘tuma’ veniva maturata sulla paglia, diventando in breve morbida e cremosa. Il segreto di queto formaggio sta nella crosta bianca e rugosa che spesso si rompe, lasciando intravedere l’appetitosa cremosità interna. In bocca, si fa apprezzare per l’aroma delicato di latte e per il lieve sentore di nocciola”. Con questo prodotto la Beppino Occelli ha conquistato nel 1997 l’Oscar di Miglior Formaggio alla Fiera Internazionale Fancy Food di New York.
L’area di produzione della paglierina, che nel 2002 ha ottenuto il PAT (è stata cioè riconosciuta come un tipico Prodotto Agroalimentare Tradizionale, da tutelare), si estende nell’area della Città Metropolitana di Torino e in alcune zone della provincia di Cuneo.
Prodotta prevalentemente con latte vaccino intero, crudo o pastorizzato (alcuni produttori impiegano talora anche latte di capra), la paglierina è un formaggio a pasta molle, in forme tonde, che in genere non superano i 15 cm. di diametro, con un’altezza allo scalzo di 1,5-1,8 cm.
Ogni forma pesa mediamente tra i 200 e i 400 grammi. La pasta tende ad un colore bianco-avorio: morbida, quasi senza occhiatura, con il procedere della stagionatura, tende a diventare cremosa e più gialla.
Ma più che continuare a descriverla, la paglierina, è opportuno gustarla. Fatelo anche voi: se ancora non la conoscete, ne rimarrete conquistati. Se invece già la conoscete, sarà un piacere per il vostro palato riassaporarne il gusto sublime. E non ve ne basterà una sola fetta.
Sergio Donna