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I Mercati di Torino pronti a essere candidati a Patrimonio culturale immateriale UNESCO

«Oltre a essere la mia città, Torino è anche la mia casa. E come ogni casa contiene un ingresso, la stazione di Porta Nuova, una cucina, il mercato di Porta Palazzo, un bagno, il Po, e poi naturalmente il salotto di Piazza San Carlo, e quel terrazzo che è il Parco del Valentino, e il ripostiglio del Balon, e una quantità di altre cose e di altre storie», scrisse una volta Giuseppe Culicchia, scrittore, saggista e traduttore italiano, figlio di un barbiere siciliano e di un’operaia torinese, una delle combinazioni che, parlando con la gente che quella Torino così ben descritta la abita, non potrete non trovare almeno un po’ “comune”. Torino è una città d’immigrazione, una città che alcune volte è un momento nella vita di qualcuno, che alle altre è un punto d’arrivo, un posto dove posare la valigia è incominciare a costruire; che lo sia è visibile in milioni di modi, ma oggi vogliamo concentrarci su uno di quelli descritti così bene da Culacchia: sulla cucina, o, per meglio dire, sui suoi mercati e, nel farlo, vogliamo dedicarci ad uno in particolare, il Mercato di Porta Palazzo.

Una vecchia cartolina di Porta Palazzo

Cuore del quartiere di Porta Palazzo, il mercato di piazza della Repubblica è il più ampio in Europa: il mercato ittico e alimentare, costruiti nel 1836; la struttura metallica chiamata tettoia dell’Orologio (1916) e il mercato dell’abbigliamento, costruito nel 1963 e demolito nel 1998; il suo fulcro è l’ottagonale Piazza della Repubblica che, con i suoi 51.300 m² è la piazza più estesa dell’intera città di Torino, un luogo d’incontro tra culture diverse e storie distanti anche migliaia di chilometri nello spazio e nel tempo. Lo stesso nome, in fin dei conti, diventa esemplificativo di questa diacronia sorprendente: originalmente indicativo della porta romana d’accesso al Cardo massimo – di cui oggi rimangono ahimè niente più che ruderi -, il nome “Palazzo” sembra sia da attribuire alla vicina Casa del Senato, edificio alto-medievale attraverso cui si accedeva al Forum civico. Ma il mercato, il Mercato di Porta Palazzo, prende sede decisamente più tardi, per la precisione nel 1835, anno in cui, completata la piazza, si riuniranno lì i mercati dapprima insediati in piazza Palazzo di Città e piazza Corpus Domini. «Passiamo tra banco e banco, tra le cataste di stoffa, tra il gaio sventolare dei nastri e dei pizzi sospesi alle travi, ecco l’odore acre delle stoffe, mitigato, sostituito dall’aroma dei fiori; passiamo oltre, tra le chincaglierie, le terraglie, i vetri; veniamo alla nota vera, predominante di Porta Palazzo: quella gastronomica. Il quadro è veramente grandioso: tal è l’abbondanza, la varietà delle forme, delle tinte, degli odori, che la materia bruta, destinata al bruto bisogno quotidiano, diventa quasi poetica, tale da far delirare lo scrittore stanco di snobismi intellettuali, il pittore desideroso di gamme nuove», scriverà Guido Gozzano. Porta Palazzo è davvero l’incontro tra centinaia di culture diverse, regionali e non: il mercato più grande d’Europa è uno spazio in cui, camminandovi un paio d’ore, le distanze fisiche e temporali svaniscono, raccogliendo in un unico luogo un caleidoscopio di colori, lingue e sapori diversi.

Ed oggi, quel mercato sembra poter diventare assieme agli altri mercati di Torino un candidato come patrimonio culturale immateriale dell’UNESCO; una proposta, questa, approvata nell’ordine del giorno di venerdì 22 luglio, dal Consiglio metropolitano di Torino, con l’intento di valorizzare l’antico mestiere dell’ambulante e, trasversalmente, il ruolo del vecchio mercato nell’economia e nella tradizione italiana. In tal senso il Governo e la Regione dovranno muoversi all’unisono per la ricerca di questo prezioso obiettivo: da un lato spingendo perché a livello internazionale venga effettuato questo speciale riconoscimento, dall’altro cercando di realizzare quell’iter e quelle pratiche necessarie alla certificazione. Non sono comunque poche le perplessità; se da una parte si è alzata la protesta che l’attuale contesto socioeconomico imponga l’interessamento per altre priorità riguardo agli ambulanti, tra le quali le gravi difficoltà economiche che colpiscono la categoria, altre perplessità hanno piuttosto voluto far notare la disuguaglianza di interessamento tra i vari ambienti della società torinese.

Mirco Spadaro

Classe '98, rivolese di nascita, frequenta il corso di Lettere Antiche a Torino, sotto il simbolo della città. Tra viaggi e libri, è innamorato della tecnologia e della scrittura e cerca, tra articoli e post su siti e giornali online, di congiungere queste due passioni, ora nella sua "carriera" come scrittore, ora con il "popolo di internet".

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