PersonaggiΩ Primo Piano

Giulio Einaudi: il padre dello “struzzo” più famoso d’Italia

Borges, Brecht, Salinger, Pavese, Carlo Levi, Elsa Morante, Calvino, Sciascia, Proust, Saba, Primo Levi: è stato il padre della Giulio Einaudi Edizioni a far conoscere a Torino alcuni dei più bei capolavori della letteratura contemporanea, un piccolo scampolo del prestigioso catalogo che, tra narrativa e saggistica, ha fornito a molti gli strumenti per la conoscenza e per il dibattito

Nato a Torino il 2 gennaio 1912 da Luigi e da Ida Pellegrini, negli anni Venti Giulio Einaudi frequentò a Torino il liceo-ginnasio Massimo d’Azeglio, dove fu allievo dell’intellettuale e antifascista Augusto Monti. Fece quindi parte di una “confraternita” di ex allievi – tra i quali è doveroso citare alcune voci importanti nella storia successiva, come Cesare Pavese, Leone Ginzburg, Norberto Bobbio, Massimo Mila, Fernanda Pivano, Vittorio Foa, Franco Antonicelli e altri –, solita riunirsi con il professor Monti al caffè Rattazzi ed a concludere le serate nelle case dell’uno o dell’altro, discutendo di attualità politica, filosofia e letteratura. Giulio non è un ragazzo come tanti; è facile riconoscerlo per il suo sguardo gelido, determinato e inquisitore: è “ruvido” nei rapporti, quasi come il padre, da cui aveva preso l’amore per la montagna e l’aristocrazia intellettuale, cosa che nel lavoro si tradurrà in disposizione al comando e in una certa capacità di seduzione.

Gli studi del giovane Einaudi non brillano però nei risultati: la maturità (conseguita nel 1929), sarà caratterizzata da scarso impegno e profitto, e l’università – peraltro non terminata -, di scienze naturali prima e medicina poi, non porterà migliori complimenti al suo curriculum.

Coinvolto da interessi molto diversi, il grande cambiamento arriverà però presto, già il 15 novembre 1933: dopo un apprendistato con la gestione della Riforma sociale diretta dal padre, fondò la sua piccola casa editrice al terzo piano di via Arcivescovado 7, nello stesso palazzo che era stato sede dell’Ordine nuovo di Antonio Gramsci.

Giulio con il papà Luigi in un’immagine del 1951 (Foto Wikipedia)

Tra le prime iniziative si distinse la nuova serie della Cultura, attiva dal 1934 all’anno successivo, che si riallacciava alla lezione gobettiana, rivivendola talora politicamente nelle file di Giustizia e libertà, e che aveva tra i suoi redattori proprio alcuni amici della ‘confraternita’, con un ruolo fondamentale di Leone Ginzburg; sulla copertina, il machio cinquecentesco dello struzzo con un chiodo in bocca e la scritta «spiritus durissima coquit»; scriverà le D’Orsi in, La cultura a Torino fra le due guerre, «[…] lo spirito, insomma, la cultura, può aiutare a digerire anche i tempi di ferro che stiamo attraversando». Se nel gruppo dei fondatori Giulio Einaudi era l’anima imprenditoriale, si può dire che Leone Ginzburg fu, di fatto, il primo direttore editoriale della casa editrice; lo studioso, l’editore, il traduttore, il militante politico: Ginzburg intendeva tutte le sue attività come una missione. Dopo il matrimonio nel ’38 e la nascita dei suoi tre figli, Ida, Riccardo e Mario, la casa editrice ebbe a doversi confrontare con uno dei grandi eventi di quell’epoca: la repressione del regime fascista e la morte di uno dei due grandi fondatori della casa editrice. Dopo essere stato scoperto a stampare clandestinamente il giornale di Giustizia e libertà, Ginzburg viene torturato e ucciso dai nazisti a Roma nel 1944. E non solo; i condizionamenti ed i divieti del regime, i compromessi: nell’insieme, però, la produzione seguì una politica di non allineamento e di anticonformismo. L’Einaudi continua, però, imperterrito, la sua attività: alla redazione romana c’è Pavese, in quella milanese Vittorini, alla sede di Torino prima Mila, poi nuovamente Pavese, che diventerà di fatto la guida della casa editrice. Richiamato alle armi nel 1940, ottenne un congedo provvisorio per motivi di lavoro; l’8 settembre 1943 scelse l’esilio in Svizzera (dove continuò l’attività di editore), poi, rientrato in Italia, militò nelle brigate garibaldine in Val d’Aosta. Nel 1944 incontrò per la prima volta Palmiro Togliatti nella Roma liberata, avviando un rapporto dapprima ideale e quindi editoriale con il Partito comunista italiano; Einaudi apriva, intanto, una nuova sede a Roma.

Bombardamenti, razzie tedesche, cambiamenti di sede (dall’allora via Mario Gioda a corso Galileo Ferraris 77, con altri passaggi), carta razionata e scadente, commissariamento della Repubblica di Salò; la Seconda Guerra Mondiale non sarà un periodo semplice per la casa editrice torinese.

Cesare Pavese (dal sito fondazionecesarepavese.it)

«È a questo principio della “religione della libertà” che ancor oggi la casa editrice si richiama, ben sapendo che i vari libri che essa pubblica sono al servizio di un sapere unitario e molteplice, ben sapendo che ogni libro si integra agli altri suoi libri, ben sapendo che senza questa integrazione, questa compenetrazione dialettica si rompe un filo invisibile che lega ogni libro all’altro, si interrompe un circuito, anch’esso invisibile, che solo dà significato a una casa editrice di cultura, il circuito della libertà», disse una volta Giulio Einaudi.

Dopodiché, la crisi: all’inizio degli anni ’80, la situazione finanziaria della casa editrice non era promettente e finisce in amministrazione controllata: Giulio, anche se presente, non era più al comando. Si riprenderà più tardi, per poi essere venduta nel 1994, entrando nel conglomerato del Gruppo Mondadori.

Il marchio della Casa editrice con lo storico struzzo

Dopo 64 anni come uno dei più importanti editori e intellettuali del panorama torinese, Giulio Einaudi andrà in pensione il 4 settembre 1997: aveva 85 anni. Una vita dedicata al lavoro e alla sua passione che, come ricorderà Giuliana a vent’anni dalla sua scomparsa, non cessava nemmeno nelle mura di casa: «noi bambini non andavamo mai in “ufficio “, era piuttosto l’ufficio che veniva a casa nostra, a cena, il mercoledì, dopo la famosa riunione» Morirà appena due anni dopo, il 5 aprile 1999, e verrà sepolto nel cimitero di Dogliani, dove tutt’ora è conservato.

Mirco Spadaro

Classe '98, rivolese di nascita, frequenta il corso di Lettere Antiche a Torino, sotto il simbolo della città. Tra viaggi e libri, è innamorato della tecnologia e della scrittura e cerca, tra articoli e post su siti e giornali online, di congiungere queste due passioni, ora nella sua "carriera" come scrittore, ora con il "popolo di internet".

Articoli correlati

Pulsante per tornare all'inizio