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Frittata di luvertin: ricetta “povera, ma buona” della tradizione

L«Se la fast life, in nome della produttività ha modificato la nostra vita e minaccia l’ambiente e il paesaggio, lo Slow Food è oggi la risposta d’avanguardia. È qui, nello sviluppo del gusto e non nel suo immiserimento, la vera cultura, di qui può iniziare il progresso, con lo scambio internazionale di storie, conoscenze, progetti. Lo Slow Food assicura un avvenire migliore», si può leggere nel manifesto del movimento Sloow food, una dichiarazione d’amore per il buon cibo che, nata a Bra nel 1986, si pone come obiettivo la “promozione del diritto a vivere il pasto come un piacere”. Al dilagare del  fast food e del junk food, quindi, la risposta è un modello sostenibile che punta verso un modo di vivere il cibo più sano e meno frenetico, «contro la follia universale della “fast life“», per un «tranquillo piacere materiale».

Al risveglio della primavera, non si può non citare, parlando di tradizione e di piatti piemontesi, quello che, di umili origini, è un piatto che, sopratutto a casa dei nostri nonni, era un piccolo ricordo di calde passeggiate prima dell’ora di cena: la frittata di luvertin. Niente corsa al supermercato, qui: l’ingrediente principale si prende direttamente dal suo ambiente d’origine, il bosco e la natura che lo circonda.

Il luppolo selvatico, il luvertin in lingua piemontese

Pianta erbacea perenne, caducifoglia e latifoglia, il luppolo selvatico, luvertin per chi ancora ha la fortuna di parlare il lingua piemontese, si presenta come una pianta dall’esile fusto rampicante, capace di raggiungere un’altezza anche di una decina di metri e di infestare praticamente qualsiasi cosa, suoi simili compresi. La si vede spesso, al limitare del bosco o lungo la riva di un corso d’acqua, ma mai ad altitudini sopra i 1200 metri: le foglie, cuoriformi e generalmente munite di 4 lobi seghettati, sono ruvide al tatto sulla parte superiore, mentre “resinose” nella parte inferiore. Insomma, un antico ingrediente della cucina povera della nostra regione, molto usato in cucina fino a non troppi anni fa ,che nella forma e nel gusto ricorda un po’ l’asparago.

Ora, un po’ per mancanza di tempo della vita moderna e un po’ perchè è sempre più difficile trovare zone incolte dove queste erbe possano crescere, il luvertin si vede sempre meno frequentemente nelle cucine piemontesi. Recentemente, però, è stato riscoperto da molti importanti chef stellati della regione, che stanno facendo da ambasciatori a questo ingrediente “povero” ma dagli enormi effetti positivi: oltre ad essere ricchissimo di sali minerali, infatti, questo semplice germoglio contiene anche un’importante quantità di antiossidanti. Insomma, il perfetto ingrediente da consumare durante il cambio di stagione.

Ingredienti

  • 200 g di cime di luppolo selvatico
  • 4 uova medie
  • 1 cipollotto fresco (o scalogno)
  • 20-30 g di burro
  • Parmigiano Reggiano (a piacere)
  • Sale q.b.
  • Pepe q.b.

Preparazione

Prese le nostre cime di luppolo, procediamo a scottarle per 5 minuti in acqua bollente precedentemente salata. Passato il tempo, scoliamo e sminuzziamo il tutto. Dopodiché, passiamo al cipollotto: fatto delicatamente rosolare in un tegame, aggiungiamo il luppolo e, regolato il sale, lasciamo a far cuocere per qualche minuto. Così facendo, i luvertin si asciugheranno dell’acqua in eccesso e prenderanno sapore. Spegniamo il fuoco e lasciamo ad intiepidire.
Nel frattempo, passiamo alle uova: sbattiamole in una ciotola ed insaporiamole poi con una macinata di pepe, qualche foglia di maggiorana, un po’ di parmigiano (una possibile aggiunta alla ricetta originale) e, ovviamente, un pizzico di sale.
Dopodiché, aggiungiamo il composto al luppolo mescolando con perizia.
Qui, la parte finale del nostro procedimento: scaldata una padella antiaderente con una noce di burro o con un filo di olio, versiamo il composto. Cuociamo la frittata di luvertin per pochi minuti, prima da un lato e poi dall’altro. Bene, ora il nostro piatto è pronto: servitelo caldo godetevi un ottimo secondo piatto di stagione.

Mirco Spadaro

Classe '98, rivolese di nascita, frequenta il corso di Lettere Antiche a Torino, sotto il simbolo della città. Tra viaggi e libri, è innamorato della tecnologia e della scrittura e cerca, tra articoli e post su siti e giornali online, di congiungere queste due passioni, ora nella sua "carriera" come scrittore, ora con il "popolo di internet".

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