In bicicletta, dalla Pellerina alle Basse Dora, alla scoperta di antichi casali
Un tour alla Cascina Grange Scott e alla Cascina Berlìa, che ancora conserva una bella cappella barocca del Settecento dedicata a San Luigi, ora sconsacrata
TORINO. Vorrei proporre ai lettori un breve tour in bicicletta ai margini settentrionali della città, in zona Basse Dora, partendo dal Parco della Pellerina. Un giro nel parco è dovuto, per bearci di scorci e bellezze naturalistiche sorprendenti, alberi secolari e radure che ricordano paesaggi bucolici. Qui ci si può pure sorprendere per alcuni peculiari edifici, originariamente con destinazione rurale, molto interessanti dal punto di vista storico e architettonico, come la raffinata Cascina Marchesa. Poi, però, spostiamoci verso Occidente, lasciando alle spalle il Parco delle Vittime del rogo della Thyssenkrupp (la parte del Parco della Pellerina che si estende a nord della Dora). Al di là del grande polmone verde torinese, si estendono prati e terreni agricoli in cui sono tuttora presenti alcune cascine e fabbricati rustici, certo meno aulici della Cascina Marchesa, ma che rappresentano una testimonianza concreta di uno stile di vita rurale di secoli ormai passati. Come la cinquecentesca Cascina Berlìa, o la vicina Cascina Grange Scott, alle quali si può arrivare facilmente con la nostra bicicletta, in direzione del Campo Volo, percorrendo verso ovest la Strada della Pellerina, che a un certo punto cambia nome, e diventa Strada Vicinale della Berlìa.
I più antichi documenti che attestano l’esistenza di edifici rurali in questa zona, lungo l’attuale Strada Berlìa, risalgono al XVI secolo: i catasti del 1503 indicano, fra i proprietari terrieri dell’area (allora denominata “Gorzano”) un tal Nazery, tant’è che il complesso di quegli edifici rustici venne per molti anni chiamato da chi abitava quel contado “Grange di Nazery”. Dalle mappe dell’epoca, risulta che il nucleo primitivo di queste grange era costituito da tre fabbricati, affiancati e distinti.
Nella Carta topografica della Caccia risalente al 1762, l’edificio è invece rilevato come “Cascina d’ Lappiè”, una imprecisa trascrizione del vero nome con cui la cascina veniva chiamata: Cascina del Conte della Pié. In quegli anni, l’edificio rurale risultava disporre di una corte chiusa con pianta a “L” ed un orto adiacente ai fabbricati.
Nessun altra modifica strutturale venne apportata alla cascina almeno fino al 1790. In quell’anno, l’architetto Grossi, incaricato dal Comune di Torino di effettuare il “tippo” del territorio (cioè i rilevamenti per gli aggiornamenti delle mappe catastali), così descrive il complesso rurale della Berlìa:
“Una cascina con casino e giardino, in cui vi sono due statue dell’Illustrissimo sig. Conte Luigi della Pié, situata alla destra della strada di Collegno, lungi due miglia e mezzo da Torino sui confini del medesimo territorio; in attiguità di detta cascina, verso la strada, si edificò una sontuosa cappella nel 1788, secondo il disegno del sig. Architetto Rocca”.
I catasti napoleonici riportano in questa zona l’esistenza della “Ferme Berlia”, documentando gli avvenuti ampliamenti alle fabbriche all’interno della corte e la costruzione di una nuova manica con planimetria a “C”. Successivi ampliamenti e ulteriori trasformazioni, avvenuti in momenti diversi, hanno dato origine nel tempo a due cascine distinte: la Berlìa e le Grange Scott.
Altre modifiche furono effettuate nel 1840 e ancora nel 1935, che trasformarono gli edifici rurali in un blocco chiuso con corte centrale. Una parte della cascina Berlìa venne poi demolita nella seconda metà del Novecento, come attesta la carta dell’Istituto Geografico Militare del 1974.
Dei due complessi rurali, è certamente la Cascina Berlìa a fornirci gli spunti e le curiosità più interessanti. Tra gli ultimi proprietari dell’intero complesso, c’era la famiglia Miola. Poi però la proprietà è stata frazionata in unità non necessariamente rurali: al suo interno, si trovano infatti anche abitazioni civili ed alcune officine (una carrozzeria ed una carpenteria). Esistono tuttavia ancora porzioni del cascinale dedicate ad uso agricolo, con orti, serre, filari di fragole, fiori, alberi da frutta, delimitate da un rustico muro di cinta a pietre di fiume e mattoni rossi (costruito con una tecnica secolare, tipica del territorio). Fino al 2008, qui aveva sede anche un ovile che ospitava una quarantina di capre camosciate, che pascolavano tra i prati prospicienti il Corso Marche e quelli lungo la Strada Vicinale della Berlìa.
Ma l’elemento di maggior interesse architettonico della Cascina Berlìa è sicuramente la Cappella dedicata a San Luigi, dove fino a pochi anni fa, ogni 21 Giugno, giorno in cui ricorre la festa del santo, veniva celebrata la Messa: il celebrante era un sacerdote della Chiesa di Santa Maria Goretti. In passato, la cappella veniva utilizzata sia dai proprietari e dagli abitanti della cascina, sia dai contadini del circondario. Le sinuose linee barocche della Cappella traspaiono dalla sua pianta ellittica e dalla sua cupola, che ancora contiene traccia delle decorazioni originali. Il piccolo altare marmoreo è sovrastato da un quadro che rappresenta la Beata Vergine con due figure oranti: una delle due è San Luigi. L’annesso snello campanile a vela è dotato di una campana in bronzo, che veniva utilizzata per annunciare l’Angelus, il Vespro e le funzioni religiose agli abitanti del contado.
All’interno, è murata una lapide commemorativa sulla quale è riportata la data di costruzione del piccolo edificio di culto (1788), nonché il nome di Luigi Berlìa della Pié, antico proprietario del cascinale e committente del raccolto edificio di culto, quello del progettista architetto Rocca, nonché il nome del Cardinale Vittorio Costa che consacrò la Cappella.
La Cappella di San Luigi non è statale né comunale e rappresenta una frazione immobiliare del condominio privato in cui oggi è suddivisa l’antica Cascina Berlìa: necessiterebbe certo di importanti interventi di manutenzione, i cui costi però risultano insostenibili per i condomini, che hanno così deciso di metterla in vendita con un annuncio pubblicato sul web. Ci auguriamo che possa essere acquistata da qualche lungimirante persona per riportarla all’antico splendore, preservando il valore storico, architettonico e culturale di questo piccolo gioiello dimenticato.
La pedalata non è finita: per tornare “in città”, occorre raggiungere il vicino Corso Marche, oppure ripercorrere a ritroso la Strada della Pellerina, in direzione del grande parco. In ogni caso avremo compiuto un tour insolito, ma interessante, decisamente al di fuori dei percorsi tradizionali.