Usseglio, alla scoperta del “Roch dij Gieugh” e della rocca chiamata “il ballo delle streghe”
Usseglio, un nome celtico (derivante da Uxeilos, posto in alto) per una località dove si andava in villeggiatura già agli inizi del Novecento e dove l’amministrazione comunale ha saputo aggiornare l’offerta sia estiva che invernale, facendo diventare la cittadina un posto ambito per una seconda casa quasi sulle piste di sci in una valle, quella di Lanzo, facilmente raggiungibile in tutte le stagioni.
La zona era fortemente abitata già nella preistoria, come attestano alcuni ritrovamenti in “balme” piccole grotte formate sia naturalmente nella roccia e in seguito artificialmente dall’uomo, per la conservazione di cibo oppure per il ricovero di animali da allevamento. Non rare sono le pietre incise, come la “roccia del gioco”, di cui si hanno notizie scritte dal 1974, quando don Natalino Drappero si dedicò allo studio della roccia situata in località Andriera. Su questa pietra, Ël Ròch dij Gieugh, un masso erratico a forma tondeggiante posto vicino a una sorgente, sono incise varie forme di mani e piedi, tre guerrieri con elmo e spada, canaletti, incisioni e coppelle di varie epoche. Probabilmente la traduzione del nome potrebbe essere errata, si è ritenuto che fosse un masso dove si giocava, ma è più probabile che fosse usato per forme di ritualità. Agli effetti le iscrizioni ritrovate, IOVI o IO-VI o IOM, hanno fatto ipotizzare al ricercatore Andrea Arcà che il masso fosse un altare precristiano di epoca romana, dedicato a Giove.
Nella zona di Usseglio sono state rinvenute due are votive: una dedicata ad Ercole da un tal Marco Vibo Marcellio, affinché propiziasse il suo cammino durante il valico delle montagne e una a Giove, da un legionario romano rimpatriato, Clodio Castro. Le due lapidi sono oggi conservate all’interessante museo Arnaldo Tazzetti, posto all’interno della vecchia chiesa parrocchiale romanica, risalente all’XI secolo.
Molti sono stati gli avvenimenti che hanno costellato la storia della cittadina, tante vite si sono perdute, come quelle dei due giovani allievi dell’Accademia Militare che, giunti da Torino per una gita, si persero sui sentieri per poi cadere, nell’oscurità della notte, dentro un crepaccio della montagna, ricoperta ancora dal ghiacciaio. Di uno dei due non si trovò mai il corpo, l’altro venne sotterrato nel cimitero, dove una targa ricorda l’accaduto.
E non potevano mancare, in un luogo impervio e solitario, le leggende sulle streghe, che ancora venivano raccontate nello scorso secolo dagli abitanti anziani: nella frazione Cortevicio, ad esempio, vi era una rocca chiamata “il ballo delle streghe”. Le streghe arrivavano da Chieri (chissà poi perché proprio da Chieri?) volando, rubavano le galline e le andavano a mangiare sulla rocca, poi, via a fare una passeggiata sulle tristi rive del lago Nero di Malciaussia, così chiamato per il colore delle acque, particolarmente scure. Questa leggenda è riportata da Luigi Cibrario, storico e politico nato nei primi anni dell’Ottocento, la cui famiglia era di Usseglio e che ha analizzato molti racconti e leggende che risalivano al passato.
All’avvicinarsi del tramonto, mentre la montagna appare più scura e quasi tagliata verticalmente, non è difficile immaginare il radunarsi delle streghe in questi ripidi sentieri, e anche se basta voltarsi per sentire la protezione delle costruzioni moderne, il suono del vento tra le rocce crea melodie lontane e immerge nel panorama selvaggio e a volte ostile della Montagna.
Katia Bernacci
Le immagini sono di Marino Olivieri
Per approfondire: Marco Mietta, Itinerari del mistero Piemonte, Yume edizioni