Ω Primo Piano

La loggia di Palazzo Civico: teatro di regnanti e annunci “plebei”

Da quel verone sono stati annunciati ai Torinesi eventi di ogni tipo.  Vi sono saliti gli sposi novelli Carlo Emanuele II e Francesca Maddalena d’Orleans per mostrarsi ai sudditi subito dopo il matrimonio, ma anche gli inservienti del Comune per segnalare settimanalmente i numeri del lotto estratti sulla ruota di Torino. E persino Urbano Cairo, nel 2005, quando annunciò ai tifosi granata l’acquisto del Torino e la rifondazione della società dopo il fallimento del club

TORINO. Prospiciente la Piazza Palazzo di Città, sull’asse di Via Milano, si sviluppa l’elegante facciata del Palazzo che dal secolo XVI accoglie il Municipio di Torino e gli uffici degli organi preposti all’amministrazione della città. L’edificio si eleva su due piani (oltre a quello terreno), in un’armonica alternanza di finestre e lesene, interrotta − al piano nobile − da un’elegante loggia che sovrasta il portone d’accesso. In posizione centrale, all’altezza di un ideale terzo piano, sull’asse di Via Palazzo di Città, è incastonato, in un manufatto in muratura sopraelevato, l’orologio civico, percepibile fin da Piazza Castello. 

L’edificio ha subito nel corso dei secoli modifiche notevoli. Il disegno originale venne firmato da Francesco Lanfranchi (1559), con lo scopo di costruire un nuovo Palazzo Comunale, in sostituzione di quello già preesistente, di età medievale, fronteggiante la Piazza detta “delle Erbe”. La piazza sarà poi ridisegnata un secolo dopo da Benedetto Alfieri nella forma attuale, assumendo il nome di piazza Palazzo di Città.

Fu  l’allora arcivescovo di Torino, Giulio Cesare Bergera, a posare la prima pietra dell’edificio, alla presenza del duca Carlo Emanuele II e di sua madre, la Madama Reale Cristina di Francia. I lavori furono ultimati nel 1663.

Il Palazzo accolse alcune feste di corte, come quella che si tenne in occasione del primo  matrimonio del duca Carlo Emanuele II con la principessa Francesca Maddalena d’Orléans. Gli sposi si affacciarono sulla loggia e furono acclamati dalla folla, convenuta in massa nella piazza sottostante: ai novelli coniugi fu dedicato un grande spettacolo pirotecnico. Rimasto vedovo nemmeno un anno dopo il matrimonio, Carlo Emanuele II convolò poi a nuove nozze con Maria Giovanna Battista di Savoia-Nemours. Da quella stessa loggia, ancora una volta, Carlo Emanuele si sporse, con la nuova consorte, a salutare la folla raccolta in piazza delle Erbe.

Nella sua prima veste, il Palazzo si presentava più stretto, senza la sopraelevazione in muratura che oggi accoglie l’orologio civico. Nel Settecento, il palazzo venne ampiamente rimaneggiato da Benedetto Alfieri, che gli aggiunse due nuove ali, una sull’asse di via Garibaldi e l’altra su quello di Via Corte d’Appello: l’ala prospiciente la via Corte d’Appello fu eretta in parte sulla preesistente piazzetta retrostante il palazzo, detta piazza del butirro: l’area residua, non edificata, divenne il cortile ancor oggi chiamato cortile del burro.

Ulteriori modifiche al Palazzo Civico vennero apportate dagli architetti Francesco Valeriano Dellala di Beinasco, Luigi Barberis e Filippo Castelli.

Al piano stradale, lungo la Via Milano, si sviluppa un porticato al cui centro è posizionato il portone di accesso al palazzo; ai lati, fanno bella vista le statue raffiguranti Ferdinando di Savoia, duca di Genova (e fratello di Vittorio Emanuele II), ed Eugenio di Savoia, realizzate a metà Ottocento.

Attraverso il portone, si accede al Cortile d’Onore, rimasto pressoché immutato rispetto al progetto originale del Lanfranchi. Sul lato destro rispetto a chi entra, si apre lo scalone che permette di salire al primo piano: la volta è stata decorata da Pietro Fea.

Dall’atrio, al piano nobile, si giunge al Salone Centrale o Salone dei Marmi, su cui si apre la balconata che si affaccia sulla piazza. Gli antichi decori, opera dell’artista fiammingo Jan Miel (1599-1663), che illustravano episodi storici e leggendari su Torino, sono stati sostituiti, nel 1815, da quelli del Lombardi. Notevole è il grande altorilievo di Giacomo Spalla (1775-1834) che rappresenta Vittorio Emanuele I a cavallo, che ritorna in Piemonte dopo la caduta di Napoleone. Oggi il Salone viene utilizzato soprattutto per incontri di rappresentanza e  per i matrimoni civili.

Il Consiglio comunale si riunisce tradizionalmente nell’aulica Sala del Consiglio, che è posizionata a fianco del Salone dei Marmi: la Sala è comunemente chiamata anche Sala Rossa, per i tessuti in velluto e damasco rosso che tappezzano le sue pareti. La Sala è coeva della costruzione del Palazzo stesso, ma ha subito nel tempo modifiche diverse: come quelle attuate nel 1758 da Benedetto Alfieri, o quelle altre ancora realizzate tra il 1880 e il 1882. I dipinti sul soffitto risalgono al XVII secolo, e sono attribuiti a Giovanni Andrea Casella. La Sala accoglie anche una tela che ricorda l’epidemia di colera del 1835, opera di Amedeo Augero. Sovrastante la poltrona principale del Consiglio, è posizionato un dipinto a olio, di autore ignoto, raffigurante Carlo Alberto.

Il cortile di Palazzo Civico

Qualche curiosità statistica: dopo l’unificazione del Regno d’Italia, e fino al 1889, dalla loggia di Palazzo Civico hanno salutato i torinesi 7 neosindaci, nominati con regio Decreto; e ancora: 13 sindaci eletti tra il 1889 e il 1926 dal Consiglio comunale; 9 podestà nominati dal Governo fascista (tra il 1926 e il 1945), più un sindaco (Giovanni Roveda) nominato dal Prefetto subito dopo la liberazione, rimasto in carica dal 28 aprile 1945 al 17 dicembre 1946. Dal secondo dopoguerra e fino all’elezione dell’attuale sindaca in carica, sul balcone del Palazzo del Comune, si sono complessivamente affacciati venti nuovi sindaci o sindachesse, per salutare i torinesi.

A parte i sindaci neoeletti, su quello stesso balcone, come già ricordato, sono salite coppie ducali di sposi per ricevere gli omaggi augurali da parte dei loro sudditi, raccolti nella sottostante piazza delle Erbe, in occasione dei festeggiamenti per le loro nozze. Ma forse non tutti sanno che sul finire dell’Ottocento, su quel verone si affacciava pure settimanalmente un inserviente del Comune per comunicare ai cittadini i numeri del Lotto estratti sulla ruota di Torino. Nel capoluogo subalpino, il Lotto era già molto popolare fin dal Seicento; dopo l’unità d’Italia, la gestione del Lotto, sempre controllata dallo Stato, venne estesa a tutto il territorio nazionale, creando varie ruote di estrazione. Nel 1898, le ruote del Gioco del Lotto erano 8, con estrazioni settimanali. A Torino, le estrazioni venivano effettuate nelle sale oggi occupate dalla Segreteria del sindaco. Tanto era praticato questo gioco, che all’ora prevista della comunicazione dei numeri estratti, si accalcava sotto la loggia del Palazzo una folla massiccia, ansiosa di conoscere se qualche ambo o qualche terna era stata premiata dalla fortuna.

Urbano Cairo saluta i tifosi dalla loggia di Palazzo civico Torino

Un’altra spigolatura: fu proprio dalla loggia del Palazzo Civico che, nel 2005, Urbano Cairo − rilevato il Torino Calcio dopo le tristi vicende che ne comportarono il fallimento − diede annuncio di aver assunto la carica di presidente della Società a migliaia di tifosi granata, che si accalcarono in Piazza Palazzo di Città, festanti per la rinascita del Club e per la fine di un capitolo nero della storia del Torino.

Sergio Donna

Torinese di Borgo San Paolo, è laureato in Economia e Commercio. Presidente dell’Associazione Monginevro Cultura, è autore di romanzi, saggi e poesie, in lingua italiana e piemontese. Appassionato di storia e cultura del Piemonte, ha pubblicato, in collaborazione con altri studiosi e giornalisti del territorio, le monografie "Torèt, le fontanelle verdi di Torino", "Portoni torinesi", "Chiese, Campanili & Campane di Torino", "Giardini di Torino", "Fontane di Torino" e "Statue di Torino". Come giornalista, collabora da alcuni anni con la rivista "Torino Storia". Come piemontesista, Sergio Donna cura da tempo per Monginevro Cultura le edizioni annuali dell'“Armanach Piemontèis - Stòrie d’antan”.

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