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Pasquetta, per i piemontesi un tempo era “ël Lùnes ëd la Marenda”

TORINO. I piemontesi lo chiamavano ël Lùnes ëd la Marenda, espressione che rievoca novecenteschi picnic sui prati e sui declivi della collina torinese, nelle radure dei boschi di Superga, o sulle sponde della Stura e del Sangone, con i plaid scozzesi distesi sull’erba, all’ombra delle fronde, o sulla ghiaia dei torrenti, sui quali venivano consumate immancabili frittatine e insalatine con i girasoj e le uova sode.

I più chiamano “Pasquetta” il giorno successivo alla Pasqua, ma se sfogliate un calendarietto liturgico, il Lunedì di Pasquetta,  nel linguaggio “tecnico” del Clero, è definito come “Lunedì dell’Ottava di Pasqua”, o “Lunedì dell’Angelo”.  

“Le tre Marie al sepolcro” rappresentate da Peter Von Cornelius

Pur non essendo considerato giorno di precetto, fatta eccezione per la Germania e altri Paesi di lingua tedesca, il Lunedì di Pasqua è tuttavia considerato una festività civile nella maggior parte degli Stati, e anche la Repubblica Italiana, a partire dal secondo dopoguerra, lo ha inserito tra le festività civili: una sorta di corollario del giorno di Pasqua, o di prolungamento dei festeggiamenti della grande ricorrenza cristiana.

Il “Lunedì dell’Angelo” è così chiamato perché in questo giorno si ricorda l’incontro dell’angelo con le “pie donne” accorse al sepolcro di Gesù, avvenuto all’alba del primo giorno della settimana successivo al sabato. Il Vangelo di Marco racconta che Maria di Màgdala, l’altra Maria (madre di Giacomo e Giuseppe), e Salome (discepola di Gesù) – alle prime luci di questo giorno – si recarono al sepolcro, dove Gesù era stato sepolto nelle ultime ore della Parasceve (il Venerdì Santo). Portavano con sé profumi e balsami aromatici per ungerne il corpo. Per questo le “pie donne” sono anche dette le “Sante mirofore”, cioè le sante portatrici di unguenti. Secondo Giovanni, le tre mirofore sarebbero invece Maria, la madre di Gesù, Maria di Cleofa e Maria di Màgdala, queste ultime discepole di Gesù. Ed è proprio dal racconto di Giovanni che è nata la tradizionale espressione “le tre Marie”, per ricordare tutte insieme queste tre donne pie, tutte chiamate Maria.

Le pie donne al sepolcro in un dipinto di Giuliano Amidei

Le tre “pie donne”, all’ingresso della tomba, s’accorsero con stupore che la grande pietra circolare che ostruiva l’accesso al sepolcro era stata ribaltata; grande fu lo smarrimento e la preoccupazione delle “tre Marie”. Ma subito apparve loro un angelo  – “il suo aspetto era come la folgore e la sua veste candida come la neve” (Matteo, 28, 1-10) – che annunciò: “Non abbiate paura! Voi cercate Gesù di Nazaret, il crocifisso. È risuscitato. Non è più qui!  Ecco il luogo dove lo avevano deposto” (Marco 16,1-8). E aggiunse: “Andate a dire ai suoi discepoli e a Pietro che egli vi precede in Galilea; là lo vedrete, come vi ha detto”.

Ed esse, “con timore e con grande gioia” (Matteo, 28, 1-10), si precipitarono di gran carriera a raccontare questo fatto straordinario.

Sergio Donna

Torinese di Borgo San Paolo, è laureato in Economia e Commercio. Presidente dell’Associazione Monginevro Cultura, è autore di romanzi, saggi e poesie, in lingua italiana e piemontese. Appassionato di storia e cultura del Piemonte, ha pubblicato, in collaborazione con altri studiosi e giornalisti del territorio, le monografie "Torèt, le fontanelle verdi di Torino", "Portoni torinesi", "Chiese, Campanili & Campane di Torino", "Giardini di Torino", "Fontane di Torino" e "Statue di Torino". Come giornalista, collabora da alcuni anni con la rivista "Torino Storia". Come piemontesista, Sergio Donna cura da tempo per Monginevro Cultura le edizioni annuali dell'“Armanach Piemontèis - Stòrie d’antan”.

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