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Rocca de’ Baldi, il castello dei marchesi Morozzo e la collezione del torinese Augusto Doro

Il borgo storico di Rocca de’ Baldi è situato lungo l’antica Strada Reale che collegava Mondovì a Cuneo, su uno sperone triangolare perfettamente difeso in quanto delimitato su due lati dalle ripe scoscese dei torrenti Pesio e Pogliola e sul terzo lato da un fossato artificiale soprannominato “la tagliata”. 

Il feudo di Rocca de’ Baldi, elevato al rango di marchesato nel 1675, appartenne per molto tempo alla famiglia Morozzo, stirpe di antica nobiltà, tra le più importanti del Piemonte, originariamente legatasi alla Chiesa astigiana nel tentativo di resistere alle opposte pretese dei comuni di Mondovì e di Cuneo, poi caduta in disgrazia durante la dominazione angioina, tra XIII e XIV secolo, e infine riabilitata e ascesa a nuova potenza sotto i Savoia.

Tra i monumenti che arricchiscono il piccolo, ma grazioso e signorile centro storico, spicca per dimensioni e importanza il castello che sorse nel XIII secolo come postazione difensiva, formata da una torre con merlatura ghibellina, che dava anche l’accesso al borgo, e da alcuni locali adiacenti. La primitiva configurazione della fortezza può essere osservata nella prima fonte iconografica riferita all’intero fabbricato, ricavabile da una mappa eseguita dal vicentino Francesco Orologi, ingegnere militare, alla metà del Cinquecento.

La famiglia Morozzo entrò in possesso del castello nel 1643, per successione ereditaria, e, da quel momento, intraprese una serie di lavori allo scopo di rimodernarlo e ingrandirlo, trasformandolo in una vera e propria residenza signorile, ulteriormente ampliata nel 1710 con la costruzione di una nuova ala, progettata dal famoso architetto monregalese Francesco Gallo.

Rimasto in proprietà dei Morozzo fino al 1823, il castello di Rocca de’ Baldi passò più volte di mano, venendo infine acquisito dal comune, cui tuttora appartiene, e accogliendo nelle sue stanze dal 1923 al 1973 la “Colonia Agricola Orfani di Guerra”.

Il castello è oggi, innanzitutto, un museo di se stesso, che racconta secoli di storia della famiglia Morozzo. L’itinerario inizia dalla parte seicentesca, che incorpora la torre del XIII secolo, con il salone d’onore, la sala blu e la sala dell’alcova, conducendo poi il visitatore nell’ala settecentesca, caratterizzata da una sequenza di ambienti decorati, che rivelano il gusto sobrio, ma raffinato, dei committenti, in piena sintonia con il carattere piemontese.

Il complesso architettonico comprende inoltre, al secondo piano, l’interessante “Museo storico-etnografico Augusto Doro” intitolato all’infaticabile ricercatore torinese (1906-1983) che durante la sua esistenza, in collaborazione con la Società di Studi Storici di Cuneo, raccolse una vasta collezione di oggetti del lavoro contadino raccolti nelle vallate cuneesi.

Il nucleo originario della “Collezione Augusto Doro”, arricchito negli anni con nuove donazioni (come la collezione Airale, comprendente una dotazione di attrezzi agricoli prodotti dalle Officine Airale di Savigliano, chiuse nel 1990, e una collezione di giocattoli in uso tra fine Ottocento e primo Novecento), è confluito dall’estate del 1996 nelle sale del castello di Rocca de’ Baldi, organizzata in un percorso espositivo multimediale di forte impatto visivo ed efficacia comunicativa, che si avvale del supporto iconografico di mappe, carte topografiche, modellini e di un vasto apparato fotografico.

Tra gli scatti che è possibile ammirare, vi sono le immagini del ricercatore svizzero Paul Scheuermeier, che tra il 1921 e il 1928 attraversò il Piemonte, nel suo viaggio di esplorazione in Italia, documentando vari aspetti della cultura materiale del mondo contadino, e le fotografie dell’americano Clemens Kalisher il quale, girando le valli cuneesi tra il 1962 e il 1962, ebbe modo di realizzare un reportage fotografico emozionante negli anni del grande esodo dalla montagna verso le fabbriche della pianura, che decretò, per certi aspetti, la fine di un mondo.

La visita al castello può essere completata con un giro nel parco che, secondo gli studiosi, è il frutto di più interventi di sistemazione realizzati nel corso del tempo: si ipotizza che il primo sia concomitante con il cantiere settecentesco diretto da Francesco Gallo, mentre un disegno riferibile all’ultimo quarto dell’Ottocento mostra un progetto di modellazione dell’area verde secondo i dettami del giardino romantico all’inglese, con la natura lasciata, in apparenza, libera di crescere, fra radure, sentieri, vedute prospettiche, rovine di architetture classiche e gotiche, e manufatti d’ispirazione esotica e orientale.

Dall’osservazione di questo progetto di fine Ottocento si desume anche la probabile destinazione a frutteto della porzione occidentale del parco, che appare oggi ripresa e rivitalizzata grazie al recente intervento di recupero degli architetti Paolo Pejrone e Franco Brugo.

Nel quadro dell’inserimento del parco di Rocca de’ Baldi nel progetto transfrontaliero “Jardins des Alps”, i due architetti del paesaggio hanno riplasmato un vasto terreno adiacente al castello, tenuto a prato, con la creazione di un gradevole giardino, prestando attenzione alle valenze estetiche e ambientali, ma anche con l’intento di salvaguardare le antiche varietà di frutti locali.    

Tutte le foto pubblicate sono di Roberto Beltramo

Paolo Barosso

Giornalista pubblicista, laureato in giurisprudenza, si occupa da anni di uffici stampa legati al settore culturale e all’ambito dell’enogastronomia. Collabora e ha collaborato, scrivendo di curiosità storiche e culturali legate al Piemonte, con testate e siti internet tra cui piemontenews.it, torinocuriosa.it e Il Torinese, oltre che con il mensile cartaceo “Panorami”. Sul blog kiteinnepal cura una rubrica dedicata al Piemonte che viene tradotta in lingua piemontese ed è tra i promotori del progetto piemonteis.org.

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