Curiosità

La comparsa dell’uomo in Piemonte risale a 200 mila anni fa

TORINO. Nel Paleolitico in Piemonte, l’uomo compare piuttosto tardi. Siamo a meno di 200.000 anni fa, durante la penultima era glaciale, ormai alla fine del periodo chiamato “Paleolitico inferiore”, che in altre parti del mondo, come in Africa, era già cominciato da un paio di milioni di anni. Tracce di Homo, forse Homo erectus ma non ancora Homo sapiens, si sono trovate nei pressi di Trino Vercellese (Montarolo), dove si trovano pietre adatte alle lavorazioni del periodo. Gli individui che si spostano per il Piemonte sono certamente pochissimi, date anche le proibitive condizioni di vita del periodo, molto più freddo del periodo attuale. Si tratta di cacciatori e raccoglitori di frutti spontanei. In Piemonte, in quel periodo, vivono elefanti, mammut, ippopotami, rinoceronti, orsi, e qualche leone delle caverne, ma anche cervi, bisonti, cavalli selvatici e, anche in pianura, la marmotta.

Tracce di Homo sapiens del tipo di Neanderthal compaiono in Piemonte solo circa 100.000 anni fa, in corrispondenza dell’ultima glaciazione. Siamo nel “Paleolitico medio”, quando l’uomo continua ad essere nomade, senza dunque siti abitati in permanenza che avrebbero potuto lasciare più consistenti tracce della presenza umana. Qualche traccia in più, comunque, si ha di questo periodo, come all’imbocco della valle Sesia, località Monfenera, dove si sono ritrovati anche resti umani attribuibili a un uomo di Neanderthal.

Le prime tracce di Homo sapiens sapiens appaiono circa 40.000anni fa, quando il clima comincia ad essere un po’ più temperato. Si tratta dell’ultima fase del paleolitico o “Paleolitico superiore” dove gli uomini sono ancora sempre nomadi ma utilizzano tecniche più evolute. In Piemonte continua la scarsezza di reperti, attribuibile a scarsezza di popolazione che lo frequenta. Le condizioni cominciano a migliorare intorno a 20.000 anni fa, quando cacciatori e raccoglitori cominciano a frequentare le pianure del Piemonte (le valli alpine soo ancora le parti finali dei ghiacciai). La vegetazione è poca e le pianure sono cosparse di fiumi, laghi e acquitrini dati dal progressivo scioglimento dei ghiacci. Si tratta ancora di un ambiente solo appena vivibile e molto ostile.

Verso 10.000 anni fa (8000 a.C.) la vegetazione ha colonizzato la pianura, dove crescono foreste di conifere, querce, aceri, faggi, mentre l’erba sta coprendo i fianchi delle montagne. Aumentano gli animali cacciabili e quindi aumentano i cacciatori, sempre nomadi ma dotati di un nuovo strumento di caccia, l’arco. Questo periodo post-glaciale è detto “Mesolitico”. Gli abitanti (ancorché non stanziali) del Piemonte preferiscono le aree ai piedi delle montagne, in quanto la pianura è ancora molto acquitrinosa. Aumentano gli animali cacciabili, e fra questi gli asini selvatici, i bisonti, i cervi e gli stambecchi.

I cacciatori tendono ad accamparsi nelle aree ai piedi delle Alpi, ma tracce di accampamenti di questo periodo sono state ritrovate anche fino intorno ai 2000 m di altezza, nelle zone presso a valichi alpini, ad indicare che nella bella stagione i cacciatori si spingevano fino a quelle altezze nelle loro battute.

Danilo Tacchino

Nato a Genova, da sempre vive a Torino dove si è laureato in Lettere. Sociologo e giornalista pubblicista , ha sviluppato ricerche storiche nell’ambito della musica, dell’ufologia e dell’industria locale. Sin dagli Anni Ottanta ha realizzato diversi volumi su tradizioni e misteri locali della Liguria e del Piemonte. Appassionato anche di letteratura, è direttore artistico di alcune associazioni culturali torinesi.

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