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Amarcord subalpini tra “stick” alla banana e ghiotte coppette bi-gusto di Gelati Chiavacci

Anche negli Anni Cinquanta e Sessanta del Novecento le estati erano torride. Tra i freschi rimedi per fronteggiare quegli afosi pomeriggi c’erano i gelati del marchio Chiavacci, da anni scomparso dal mercato 

TORINO. “Fa caldo! Troppo caldo!”. Da qualche lustro è questo il tormentone estivo dei Torinesi rimasti in città in questo torrido mese d’agosto. L’afa ci opprime ed è difficile trovare rimedio alla canicola (o quanto meno un sollievo) persino nella penombra delle nostre case, nonostante che i nostri appartamenti siano ormai quasi tutti dotati di ventilatori, e spesso di sofisticati impianti di condizionamento. Si sa: il surriscaldamento globale del pianeta è tale che nelle stagioni estive si crea una bolla di calore opprimente e persistente, che toglie l’aria, rende difficile la respirazione e ci pervade di un senso di spossatezza e di malessere. E allora, per chi di questi giorni non ha optato per i bagni di mare, o non ha programmato una rigenerante vacanza in montagna, non resta che tuffarsi in piscina, o succhiarsi uno stick.

Anche negli Anni Cinquanta e Sessanta del Novecento le estati torinesi erano torride, certo, e l’afa talvolta era insopportabilmente soffocante. Ma i temporali estivi (raramente così violenti come ora) erano un toccasana naturale per rinfrescare periodicamente le temperature, e riportare le colonnine di mercurio a livelli più tollerabili. Insomma, i periodi di canicola non erano mai troppo prolungati. E poi si poteva ancor trovare beneficio all’ombra degli ippocastani dei giardini, oppure ci si poteva far aria con gli indimenticati ventagli ricamati della nonna, pacificamente seduti sulla panchina di un viale. Ma c’era, soprattutto, un altro rimedio infallibile per abbassare la temperatura del corpo, e soddisfare la gola dei Torinesi in quegli anni ormai lontani: rinfrescarsi il palato con un mitico gelato Chiavacci o dissetare la gola con un succulento stick al sapor di banana.

Li ricordate, vero, i gelati Chiavacci, voi, che avete i capelli grigi e che siete diventati nel frattempo nonni di vivaci nipotini golosi di snack e di merendine sempre più sofisticate? Sì, eh! Ah, quei gelati, erano sinonimo di autentica freschezza, di genuinità e bontà! E regalavano refrigerio, almeno per un po’. I gelati Chiavacci li aveva “inventati” il gelatiere torinese Angelo Chiavacci (1917-1964), un self- made-man, oggi diremmo “un uomo fattosi da sé”, che aveva imparato (e messa da parte) l’arte della gelateria da suo padre Augusto, che produceva ottimi gelati artigianali in un piccolo chiosco di Corso Re Umberto all’angolo con Via Cristoforo Colombo. Nel raccolto laboratorio di papà Augusto, il piccolo Angelo aveva appreso tutti i segreti della lavorazione del latte, con l’uso esclusivo di ingredienti genuini, in dosi equilibrate e precise, per trasformarlo in uno squisito gelato artigianale dal gusto e dalla cremosità eccezionale.

Già: d’estate i gelati e gli stick; e d’inverno… le caldarroste. Sì, perché – a quei tempi – l’attività di gelatiere era tipicamente stagionale. Nei mesi freddi i gelatai si trasformavano in fuochisti di caldaie o in venditori di caldarroste. Facevano di necessità virtù, dal momento che dovevano mantenere una famiglia che si nutriva tutto l’anno, e non solo d’estate. Angelo fece tesoro della scuola professionale di suo padre, ma soprattutto della sua scuola di vita, facendone proprio il mestiere e apprendendone la tenacia e la grande forza di volontà, anche di fronte alle difficoltà più avverse.

Padre e figlio misero su un laboratorio più capiente in Via Cibrario. Poi si trasferirono in un locale di Corso Sommeiller. Qualche tempo dopo la morte per infarto di papà Augusto, il giovane Angelo riorganizza l’azienda di famiglia trasformandola in Società in accomandita semplice e dando inizio alla produzione di gelati su scala industriale, ma sempre nel rispetto delle originali e genuine ricette del padre. La fabbrica aveva sede nel quartiere torinese di Pozzo Strada. I gelati Chiavacci, già notissimi in città, cominciarono ad essere distribuiti anche nelle altre regioni italiane, apprezzatissimi dai consumatori di ogni età. Il sig. Chiavacci, poco alla volta, era riuscito a dar visibilità al marchio della sua azienda, e far diventare conosciutissimi ovunque i suoi gelati.

Quando Angelo Chiavacci morì, la Stampa Sera del 21 Luglio 1964 gli dedicò un affettuoso articolo di commiato in cui si rievocava la sua brillante carriera d’imprenditore torinese: «In questi ultimi tempi, avendo ormai raggiunto il successo, Angelo Chiavacci aveva un po’ rallentato il ritmo di lavoro, senza però abbandonare completamente la guida della sua azienda. Giocava a tennis, era appassionato di fotografia, e nel complesso godeva di una buona salute. Domenica era solo in casa, con la maggiore delle sue quattro figlie, che sta sostenendo gli esami di maturità classica: con lei avrebbe raggiunto poi la famiglia al mare. Si è sentito male al mattino. È accorso il medico di famiglia che gli ha somministrato qualche cardiotonico. Alle 19, una seconda crisi lo ha purtroppo fulminato. Nel pomeriggio di oggi si svolgeranno i funerali».

 Tra le specialità della Chiavacci, era famosissimo il biscotto Novellino. Lo Scozzese e lo Scozzesino erano invece delle coppette bi-gusto (crema e cioccolato), rispettivamente da 100 lire e da 50 lire:  le coppe erano chiamate così perché l’involucro riproduceva la trama di un classico tessuto scozzese (il tartan) dai colori rosso e blu. Gustosissime erano anche le torte gelato della Chiavacci. Altra specialità era l’innovativo stick giallo, al gusto di banana e dalla forma leggermente arcuata, simile a questo frutto esotico. Anzi, possiamo dire che siano stati i Chiavacci, padre e figlio, i diffusori nel mondo dello stick piemontese. Stick: che curiosa sineddoche! Stick è un infatti termine inglese che sta per bastoncino; dello stick, tuttavia, più che il bastoncino di balsa, ciò che conta di più è quanto gli sta intorno! Già, lo stick: provate a ordinare uno stick in un bar di Roma, di Venezia o di Firenze: vi guarderanno sgranando gli occhi. Ma in Piemonte, tutti sanno cos’è: è più di un semplice “ghiacciolo”. Lo distingue la compattezza del ghiaccio, e soprattutto il sapore dello sciroppo che contiene e lo colora: alla menta, al limone, al lampone, al tamarindo, all’amarena, e così via.

Ma torniamo al signor Chiavacci e alla sua fabbrica di gelati. Nei primi Anni Ottanta, dopo il boom del decennio precedente, si ebbero purtroppo i primi segni di cedimento del fatturato. Poi, l’azienda entrò in una delicata fase di crisi gestionale. La storia della Chiavacci terminò nel 1989 con la definitiva chiusura dell’azienda. Rimpiangiamo quelle estati lontane, afose certo, ma mitigate dal refrigerio che ci regalavano quei succulenti stick alla banana e quei genuini gelati dal sapore indimenticabile prodotti da Chiavacci.

 

Sergio Donna

Torinese di Borgo San Paolo, è laureato in Economia e Commercio. Presidente dell’Associazione Monginevro Cultura, è autore di romanzi, saggi e poesie, in lingua italiana e piemontese. Appassionato di storia e cultura del Piemonte, ha pubblicato, in collaborazione con altri studiosi e giornalisti del territorio, le monografie "Torèt, le fontanelle verdi di Torino", "Portoni torinesi", "Chiese, Campanili & Campane di Torino", "Giardini di Torino", "Fontane di Torino" e "Statue di Torino". Come giornalista, collabora da alcuni anni con la rivista "Torino Storia". Come piemontesista, Sergio Donna cura da tempo per Monginevro Cultura le edizioni annuali dell'“Armanach Piemontèis - Stòrie d’antan”.

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