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Castello di Gabiano, revival neo-medioevale nel Monferrato casalese e azienda vinicola di pregio

E’ situato in posizione dominante su un poggio di circa 300 metri d’altitudine  che sovrasta da un lato le colline del Monferrato Casalese e dall’altro la pianura vercellese. La tenuta vinicola si orienta sulle produzioni tipiche del territorio, con particolare risalto a due piccole Doc di zona, il Gabiano e il Rubino di Cantavenna

Il castello di Gabiano (Al), che maschera dietro l’odierno aspetto neo-medioevale un’origine molto antica, è di proprietà dei marchesi Cattaneo Adorno Giustiani, eminente famiglia dell’aristocrazia genovese, molto legata al Piemonte, da tempo attiva nell’imprenditoria vinicola. Gestisce infatti circa venti ettari di vigneti disposti ad anfiteatro sulla collina attorno al castello e in terreni limitrofi. Da queste uve, coltivate con passione, si ricavano vini di pregio, oggi esportati in tutto il mondo.Il “locus et fundus” (così nelle carte astigiane) di Gabiano, che potrebbe essere legato nel toponimo allo stanziamento dei Gabieni, popolazione celto-ligure citata da Plinio, risulta dipendente nell’Alto Medioevo dagli abati di Fruttuaria, poi dai monaci di San Pietro di Breme in Lomellina. In seguito la località divenne oggetto di contesa tra Vercelli e i marchesi aleramici del Monferrato, che ne conseguirono il dominio stabile a partire dal XIII secolo.   Risalgono al X secolo le prime attestazioni di un sito fortificato a protezione dell’abitato, anche se lo storico Baudoin ne proietta all’indietro le origini, situandole addirittura nell’VIII secolo o forse prima, lasciando supporre un’impronta bizantina o longobarda nella prima opera di fortificazione del luogo (d’altronde i suffissi in -engo di parecchie località limitrofe attestano un’origine germanica dei villaggi). Se accettassimo questa ipotesi, comunque non suffragata da prove certe, ne dovremmo dedurre che il castello di Gabiano è tra più antichi del Monferrato e del Piemonte intero.

Il sito si sviluppò nei secoli seguenti, anche per la posizione strategica a dominio del Po, divenendo sede di castellani di nomina marchionale, posizione che per un certo periodo a partire dal terzo decennio del XIII secolo venne rivestita dai signori di Gabiano, ramo illegittimo ma favorito dei marchesi aleramici (al capostipite del ramo, tale Raniero, è dedicato il bastione meridionale). Nel 1531 Carlo Montiglio, consigliere dei marchesi monferrini e governatore del castello di Casale, subentrò agli Incisa, che già erano succeduti agli Scarampi e ai signori di Moncestino, nella titolarità del feudo e nella proprietà del castello, che cominciò da allora un lungo processo di declino con degrado crescente della struttura, acquisita infine nel 1624 dal gentiluomo genovese Antonio Durazzo.

Per la rinascita del castello occorre attendere il primo Novecento quando vennero avviato lavori di restauro con lo scopo di riportare l’edificio, pallido ricordo di un passato illustre, agli antichi fasti e a ad una ipotetica unitarietà stilistica originaria, secondi i principi ispiratori del revival neo-medioevale, in voga in Piemonte sin dal tardo Settecento, sebbene con motivazioni e chiavi di lettura diverse. L’idea del castello come status symbol, proiezione concreta di superiorità sociale, sopravvisse ai secoli e si concretò nel caso di Gabiano nella realizzazione di un grandioso complesso di edifici, molto scenografici e perfettamente inseriti nel paesaggio monferrino, che, pur incorporando le vestigia dell’antica costruzione, apparvero subito come qualcosa di nuovo.

Dell’originaria costruzione si conservano le torri angolari cilindriche, la base del mastio, la parte centrale del corpo sud e vari dettagli decorativi come la vera del pozzo con interessanti sculture a bassorilievo. Il rinnovamento architettonico che conferì al castello la veste neo-medioevale che tuttora affascina il visitatore è dovuta all’iniziativa della marchesa Matilde Durazzo Pallavicini dei principi Giustiniani, che negli anni Venti del Novecento decise di riprendere i lavori avviati nel 1907, affidando la direzione del cantiere a Lamberto Cusani, allievo del grande Alfredo D’Andrade, architetto e studioso medievista d’origine portoghese. Il Cusani ultimò il cantiere negli anni Trenta del Novecento: nel 1935 s’inaugurò il castello alla presenza della Regina Elena di Montenegro, consorte di Vittorio Emanuele III di Savoia, di cui Matilde Durazzo era dama di corte.

Il castello è attorniato da un vasto parco che vanta come gemma preziosa un curioso labirinto di siepi di bosso, realizzato ad imitazione dei labirinti vegetali dei giardini di Versailles e delle magioni inglesi, che contrasta, nella regolarità dei suoi disegni geometrici, con l’apparente selvatichezza dell’area circostante tenuta a bosco (G. Dughera).

La tenuta vinicola si orienta sulle produzioni tipiche del territorio, con particolare risalto a due piccole Doc di zona, il Gabiano e il Rubino di Cantavenna, entrambe derivanti secondo antiche consuetudini contadine da un mix di uve in cui prevale il Barbera (dal 75 all’85% per il Rubino, tra il 90 e io 95% per il Gabiano Riserva “a Matilde Giustianiani”) in consociazione con Freisa e Grignolino. Nella gamma di vini prodotti dalla tenuta risaltano poi il Grignolino del Monferrato Casalese Doc “Il Ruvo”, la Barbera d’Asti Docg “La Braja”, il Monferrato Rosso “Gavius”, che unisce la freschezza del Barbera (prevalente) con le note fruttate del Pinot Nero, il Monferrato Bianco “Corte”, che è Sauvignon Blanc con piccole percentuali di Chardonnay, il Monferrato Chiaretto “Castelvere”, da uve Barbera, e infine, dulcis in fundo, il Malvasia di Casorzo “Il Giardino di Flora”, da aromatiche uve Malvasia coltivate sulle colline di Casorzo.

Paolo Barosso

Paolo Barosso

Giornalista pubblicista, laureato in giurisprudenza, si occupa da anni di uffici stampa legati al settore culturale e all’ambito dell’enogastronomia. Collabora e ha collaborato, scrivendo di curiosità storiche e culturali legate al Piemonte, con testate e siti internet tra cui piemontenews.it, torinocuriosa.it e Il Torinese, oltre che con il mensile cartaceo “Panorami”. Sul blog kiteinnepal cura una rubrica dedicata al Piemonte che viene tradotta in lingua piemontese ed è tra i promotori del progetto piemonteis.org.

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