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Ossigenarsi con i profumi del Col di Nava: mare, lavanda, resina e storia

ORMEA. Il turista che proviene dal Piemonte meridionale e intende raggiungere la Riviera dei Fiori percorrendo la Statale 28  (che costeggia il Tanaro salendo da Ceva ad Ormea, fianco a fianco all’antica linea ferroviaria ora dismessa, e che offre a chi guida scorci panoramici di rara bellezza, tra boschi di castagni e costoni rocciosi), quando giunge allo spartiacque tra la Val di Tanaro e la Val d’Arroscia, a quota 930 metri, si ritrova quasi d’improvviso immerso in un verde altopiano, tra boscosi declivi di faggi, castani ed abeti, che invita ad una sosta. È il colle di Nava. I lettori dai capelli grigi conserveranno certo memoria olfattiva di quell’Italia romantica in bianco e nero degli anni Cinquanta, con i bucati fatti a mano, profumati di liscivia e di sapone di Marsiglia. E di certo ricorderanno un’altra delicata fragranza, quella della Lavanda Col di Nava.

C’era una popolare pubblicità della radio che la celebrava sulle note di un allegro valzer: “Sul colle di Nava, vicino alle stelle / le cose son belle, le cose son belle. / Il colle di Nava fragrante ti manda / profum di lavanda, profum di lavanda”.  Ebbene, lo credereste? Quella lavanda, raccolta sulle alture del Col di Nava, è ancora prodotta al giorno d’oggi, con gli stessi processi  d’antan, dalle piantine selvatiche che spuntano spontanee sui pendii delle Alpi Marittime che fanno corona al Colle, dopo l’opportuna essicatura e   bollitura degli steli, e la distillazione degli oli naturali. L’essenza e la colonia di lavanda “Col di Nava” si può trovare in un piccolo punto vendita (una rustica casetta alpina in legno) sul piazzale del Colle, nei classici botticini che hanno mantenuto la forma originale di cent’anni orsono, e con la tipica etichetta a colori che riproduce l’immagine di una sorridente ragazza in abiti provenzali, che regge in mano una mazzetto di lavanda e sulle spalle una gerla col fresco e profumato raccolto.

Il profumo, lassù, è di casa: l’aroma della lavanda si mescola con quello della resina dei pini, della salsedine del mare, e – a seconda delle stagioni –  di rosmarino, di funghi e castagne. Ma – pochi lo sanno – sul Colle di Nava profuma anche la Storia. Il  giovane Regno d’Italia retto di Vittorio Emanuele II, vista l’importanza strategica di questo Colle, in quanto costituiva uno dei pochi valichi di transito tra Piemonte e Liguria, ritenne che fosse necessario presidiarlo e fortificarlo: il Colle di Nava avrebbe infatti potuto costituire un comodo passaggio per la penetrazione di un esercito nemico. Con opportune e robuste fortificazioni, ogni eventuale velleità d’invasione si sarebbe ridotta al lumicino.

Attorno agli anni Ottanta dell’Ottocento, nacque così un importante sistema di fortificazioni (cinque per la precisione), tra i più interessanti del Piemonte, dal punto di vista dell’architettura militare, che però non venne mai direttamente coinvolto in vere e proprie azioni di guerra. Particolarmente ben conservato, e tuttora sede di attività culturali, rievocative e sagre paesane, è il “Forte Centrale”. Visitabile nei week end, è quasi adiacente alla Statale. All’interno della massiccia costruzione si snoda il primitivo tracciato della strada vicinale, di cui è ben visibile il voluto percorso a “S” (per renderlo più protetto dal tiro nemico) e dotato di due ponti levatoi (ora fissi). È tuttora circondato da un profondo fossato difensivo.

Il Forte Centrale venne utilizzato dal Regio Esercito per rinchiudervi i prigionieri austriaci della Grande Guerra. Durante la Guerra di Liberazione, è stato teatro di duri scontri tra i nazifascisti e i partigiani. Gli altri componenti del sistema di fortificazioni difensive sono costituiti, a Sud Est, dal “Forte Richermo” (è un fortino circolare di avvistamento posizionato, sul costone che collega il colle di Nava con la valle di Armo); a Nord Ovest, dal “Forte Pozzanghi”, gemello del precedente, ma arroccato sul lato opposto del Colle; a Sud, dal “Forte Bellarasco”, sul versante della valle Arroscia; e a Nord, dal “Forte Montescio” (il meno ben conservato del complesso), tra il Colle di Nava e la Colla dei Cancelli di Cosio di Arroscia, che permetteva di sorvegliare la valle del Tanarello, verso la Francia.

Per concludere, il Colle di Nava val bene una tappa, per ossigenarsi di profumi e di storia, prima di scendere a Imperia (e aver lasciato alle spalle gli incantevoli borghi di Pornassio e Pieve di Teco) e giungere finalmente alla magnifica costa ligure di Ponente, per tuffarsi nel suo splendido mare.

Sergio Donna

Torinese di Borgo San Paolo, è laureato in Economia e Commercio. Presidente dell’Associazione Monginevro Cultura, è autore di romanzi, saggi e poesie, in lingua italiana e piemontese. Appassionato di storia e cultura del Piemonte, ha pubblicato, in collaborazione con altri studiosi e giornalisti del territorio, le monografie "Torèt, le fontanelle verdi di Torino", "Portoni torinesi", "Chiese, Campanili & Campane di Torino", "Giardini di Torino", "Fontane di Torino" e "Statue di Torino". Come giornalista, collabora da alcuni anni con la rivista "Torino Storia". Come piemontesista, Sergio Donna cura da tempo per Monginevro Cultura le edizioni annuali dell'“Armanach Piemontèis - Stòrie d’antan”.

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