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Gli autentici biscottini di Novara, bis-cotti per davvero

La storia di questi tipici dolcetti novaresi è plurisecolare: furono inventati nel XVI secolo dalle monache dei conventi della città, come dono per il papa e il clero romano

Ci avete mai fatto caso? Il significato del termine biscotto, che deriva dal latino bis coctus, è di per sé molto esplicito ed è in realtà contenuto nella parola stessa: bis-cotto vuol dire infatti cotto due volte. Eppure, noi usiamo questa parola senza pensarci, e spesso impropriamente. Perché quelli che noi comunemente chiamiamo biscotti, come i frollini e le gallette, ed altri prodotti ancora, in realtà bis-cotti non sono, ma dolcetti, sia pur squisiti, sfornati dopo una sola cottura.

Per i biscottini di Novara, invece, il termine è quanto mai appropriato. Questi deliziosi biscotti, tipici di Novara e del suo entourage, sono infatti il frutto di una cottura a duplice infornata. La prima brevissima cottura serve per dare loro leggerezza, ed avviene ad alta temperatura (sui 300°), per non più di un paio di minuti: i biscottini vengono appoggiati su carta da forno (un tempo su un’assicella di legno), posizionata sopra un marmo o una pietra riscaldata a serpentina. La cottura su carta impedisce il contatto diretto con la base del forno e serve per facilitare il distacco dei biscottini: questa operazione, secondo l’antica tradizione, viene ancora effettuata a mano, e i biscottini vengono staccati uno ad uno con le dita. La seconda cottura è invece più dolce e molto più lenta, e serve per rendere il biscottino particolarmente friabile e croccante.

Il punto vendita Camporelli di vicolo Monte Ariolo

La storia di questi tipici dolcetti novaresi è plurisecolare. Vediamo di riassumerla. Attorno alla metà del secolo XVI, il Vescovo di Novara chiese alle monache dei conventi del territorio di preparare un dolce da offrire in dono al papa ed al clero di Roma, da consumarsi nella settimana successiva alla Pasqua. Le suore pensarono a dei biscotti che, oltre ad essere delicati, potessero mantenere intatta la loro fragranza anche dopo il lungo e impegnativo viaggio da Novara a Roma. Per questo scopo, cossero i biscotti due volte: la prima volta su tavolette di legno; la seconda su griglie, che posate sopra la base del forno, consentivano una cottura ad una temperatura più dolce, che togliesse lentamente l’umidità ai biscotti, ovvero li “biscottasse”.

Nacquero così i biscottini di Novara, che repentinamente videro crescere la loro diffusione in città e dintorni, almeno fino al periodo napoleonico, quando i conventi vennero chiusi: la ricetta non andò perduta, ma fu custodita nelle case patrizie dove le monache trovarono temporanea ospitalità. Con la caduta dell’Impero francese, il farmacista-droghiere novarese Prina riscoprì l’antica ricetta originale dei biscottini e cominciò a commercializzarli nel suo locale, come prodotto  ricostituente, ad alto valore energetico e di facilissima digeribilità.

A partire da metà Ottocento, Novara registrò un vivace risveglio economico e industriale: nacquero molte industrie, mentre il cantiere per la costruzione del Duomo e della Cupola di San Gaudenzio, su progetto dell’Antonelli, diedero ulteriore slancio all’economia cittadina: i dolci entrarono a far parte dei consumi quotidiani, così che ogni forno, laboratorio o pastino, cominciò a produrre, ognuno secondo la propria personale ricetta, il biscottino di Novara.

La Pavesi, che li produce industrialmente, in un formato più piccolo rispetto a quelli della tradizione artigianale, chiamandoli Pavesini, ha sicuramente contribuito a rendere questa specialità nota in tutto il mondo.

A Novara oggi sono ancora molte le pasticcerie e le panetterie che producono nei loro laboratori gli autentici biscottini di Novara, nel formato originale (più grande rispetto a quelli prodotti industrialmente), cuocendoli nei loro forni, nel rispetto rigoroso dell’antica ricetta della tradizione, tramandata nel tempo. I biscottini prodotti artigianalmente occhieggiano nelle vetrine delle numerose pasticcerie della città, ed è davvero difficile resistere al loro acquisto.

Il fondatore della Camporelli (Antiche immagini)

Ma c’è un locale storico di Novara che, tra tutti, merita di essere menzionato. È il forno di Camporelli, che dista solo pochi passi dalla Cupola di San Gaudenzio. Qui, in vicolo Monte Ariolo 3/5, gli autentici biscottini di Novara sono prodotti fin dal lontano 1852. In questo laboratorio artigianale, i biscottini vengono sfornati quotidianamente ed incartati a due a due in una particolare carta velina, per essere venduti sciolti o confezionati in scatole di latta. L’incarto (e l’inscatolamento) ne salvaguarda la fragranza, che rimane inalterata per molto tempo.

Così oggi si esprimono i titolari della Camporelli, un’azienda moderna e dinamica, che guarda al futuro, ma nel rispetto della tradizione e della sua lunga storia, che conta quasi 170 anni: “Il nostro segreto? Ingredienti genuini e di qualità, una sapienza artigianale che si tramanda nella nostra famiglia da cinque generazioni e tanta passione. Ecco perché i nostri “biscottini di Novara” sono così buoni e leggeri. E grazie alla doppia cottura senza grassi aggiunti, sono anche molto digeribili. Perfetti ad ogni età e in ogni momento della giornata. Prepariamo ancora i nostri “biscottini” come nel 1852, seguendo una ricetta che fa parte della tradizione della città di Novara. Lo facciamo nello stesso laboratorio artigianale di allora, all’interno di un cortile in una casa di ringhiera in un vicoletto del centro cittadino, a due passi da Corso Cavour. Il risultato è un “biscottino di Novara” genuino, leggero e fragrante, con pochissime calorie (meno di 28 kcal per biscotto!), meno del 3% di grassi, senza lattosio e senza olio di palma. La scelta ideale per chi vuole concedersi un momento di dolcezza senza sensi di colpa”.

I biscottini da Novara, i cui ingredienti base sono molto semplici (frumento, uova, zucchero e/o miele: è il loro dosaggio che è segreto!) possono essere consumati come uno snack, quando ci prende il tipico languorino di metà giornata. Sono ottimi da sgranocchiare al naturale, o da inzuppare nel latte o nel tè. C’è chi li abbina al cioccolato in tazza o alla crema alla nocciola, al gelato o alla frutta fresca. Sono pure perfetti come base per preparare dolci alla crema, panna e zabaglione.

C’è chi li trova irresistibili anche negli abbinamenti salati: come con il gorgonzola. Che debba essere però un gorgonzola proprio prodotto a Novara, questo non ci viene precisato!

Sergio Donna

Torinese di Borgo San Paolo, è laureato in Economia e Commercio. Presidente dell’Associazione Monginevro Cultura, è autore di romanzi, saggi e poesie, in lingua italiana e piemontese. Appassionato di storia e cultura del Piemonte, ha pubblicato, in collaborazione con altri studiosi e giornalisti del territorio, le monografie "Torèt, le fontanelle verdi di Torino", "Portoni torinesi", "Chiese, Campanili & Campane di Torino", "Giardini di Torino", "Fontane di Torino" e "Statue di Torino". Come giornalista, collabora da alcuni anni con la rivista "Torino Storia". Come piemontesista, Sergio Donna cura da tempo per Monginevro Cultura le edizioni annuali dell'“Armanach Piemontèis - Stòrie d’antan”.

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