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Storia della bandiera che simboleggia il Piemonte: il drapò

In questo articolo proviamo a sintetizzare la sua gloriosa storia pluricentenaria e a ricordare il significato dei simboli araldici in esso contenuti e dei suoi colori. Oggi il vessillo sventola su tutti gli edifici pubblici della Regione accanto al tricolore e alla bandiera europea

TORINO. Sventola su tutti gli edifici pubblici del Piemonte, accanto al tricolore italiano ed al vessillo europeo, come disposto dall’art. 7 della Legge Regionale 31 maggio 2004.  È la bandiera del Piemonte, o meglio, il “drapò”. Ripristinato in seguito a una delibera del Consiglio Regionale del Piemonte del 1983, la Legge Regionale n. 83, del 1995, ha definitivamente assunto il drapò come bandiera ufficiale e “simbolo” della Regione Piemonte. È elegante, armoniosa, aristocratica e popolare al tempo stesso, ed è considerata – nell’accostamento dei colori e per i simboli che contiene – una delle bandiere più originali e belle del mondo. Non tutti però ne conoscono il significato e la storia. Proveremo allora a sintetizzarla e ad esporla in questo articolo, perché questo vessillo dalla storia gloriosa, contiene dei simboli interessanti, non solo dal punto di vista araldico.

La bandiera del Piemonte venne adottata la prima volta il 15 agosto 1424 da Amedeo VIII, detto il Pacifico, dapprima Conte di Savoia e poi il primo ad assumere il titolo di Duca di Savoia. Ispirato alla bandiera della Savoia, anch’essa composta da una croce bianca in campo rosso, ma senza altri componenti aggiuntivi, il vessillo che i Piemontesi chiamarono subito il “drapò”, fu originariamente destinato al figlio primogenito del duca, in occasione della concessione del titolo di Principe di Piemonte, appannaggio dell’erede al trono.

Composto da una croce bianca o argentata in campo rosso (detta anche Croce di San Giovanni Battista, con i colori esattamente opposti a quelli della Croce di San Giorgio), il drapò è contornato da un profilo azzurro (azzurro Savoja). La croce è sormontata dal caratteristico simbolo araldico, che contrassegna la primogenitura, detto “lambello”.

La rievocazione storica della battaglia dell’Assietta

Questa figura araldica, dello stesso colore azzurro che contorna la bandiera, è composta da un listello orizzontale, a forma di corona rovesciata, dal quale pendono tre gocce stilizzate di forma trapezoidale, rappresentanti i tre Casati che hanno governato il Piemonte: gli Angiò, gli Acaja, e i Principi di Savoia. Più tardi, il drapò venne adottato come vessillo ufficiale dai Savoia: i portabandiera delle armate piemontesi lo esibivano in prima linea sui campi di battaglia. Durante l’assedio di Torino del 1706, fu issato sulla Torre Civica di San Gregorio. Il 19 luglio 1747, durante la battaglia dell’Assietta, sventolò accanto ai vessilli e alle insegne che identificavano i vari battaglioni dell’esercito sabaudo.

L’autentico drapò piemontese è frangiato con fili dorati:  le frange, alte sette centimetri, contornano tutta la bandiera e rappresentano l’ideale unione di tutti i paesi del Piemonte. Ispirato al drapò è pure lo stemma adottato dalla Regione Piemonte fin dal 1984, così come il gonfalone, un orifiamma o làbaro a sviluppo verticale, che riproduce al centro il vessillo piemontese.

Concludo con questi miei versi in lingua piemontese (con traduzione), che spiegano l’essenza e il significato del drapò:

Ij ragg ëd l’alba d’òr son toa curnis,
mentre ’n lambel e ’l cel a t’ancoron-o,
ò ardenta, candia cross, su ’n tapiss ross.

Bordato con i raggi dell’aurora,
lambello e cielo azzurro fan corona
a bianca croce ardente in rosso fuoco.

Sergio Donna

Sergio Donna

Torinese di Borgo San Paolo, è laureato in Economia e Commercio. Presidente dell’Associazione Monginevro Cultura, è autore di romanzi, saggi e poesie, in lingua italiana e piemontese. Appassionato di storia e cultura del Piemonte, ha pubblicato, in collaborazione con altri studiosi e giornalisti del territorio, le monografie "Torèt, le fontanelle verdi di Torino", "Portoni torinesi", "Chiese, Campanili & Campane di Torino", "Giardini di Torino", "Fontane di Torino" e "Statue di Torino". Come giornalista, collabora da alcuni anni con la rivista "Torino Storia". Come piemontesista, Sergio Donna cura da tempo per Monginevro Cultura le edizioni annuali dell'“Armanach Piemontèis - Stòrie d’antan”.

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