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S. Antonio Abate, protettore dei contadini, è molto venerato tra i piemontesi d’Argentina

Tutti i proverbi, le invocazioni e le giaculatorie in piemontese in cui il Santo viene nominato e invocato

I proverbi dialettali o in lingua regionale, oltre ad essere pillole di saggezza spiccia e concreta, possono anche essere lo specchio della venerazione che un popolo ha nei confronti di un santo.

Uno dei santi il cui nome ricorre più frequentemente nei proverbi e nei modi di dire popolari è Sant’Antonio. Mi riferisco a Sant’Antonio Abate, perché c’è un altro Sant’Antonio, veneratissimo in ogni parte del mondo: Sant’Antonio da Padova, che si celebra il 13 Giugno: ma non è di questo grande santo di cui oggi vogliamo parlare.

Sant’Antonio Abate si celebra invece il 17 Gennaio. Sant’Antonio Abate era nato a in Egitto nel terzo secolo dopo Cristo. È anche ricordato come Sant’Antonio il Grande, Sant’Antonio d’Egitto, Sant’Antonio del Fuoco, Sant’Antonio del Deserto, o Sant’Antonio l’Anacoreta, essendo a lungo vissuto come eremita.

All’età di vent’anni, abbandonò ogni cosa per seguire il consiglio di Cristo: “Se vuoi essere perfetto, va’ e vendi ciò che hai…”, ritirandosi nel deserto della Tebaide, in Egitto, tra antiche tombe abbandonate; poi si trasferì sulle rive del Mar Rosso, dove continuò a vivere lungamente da eremita.

Sant’Antonio Abate, sempre raffigurato con un maialino accanto, è anche protettore degli animali domestici

È considerato il fondatore del monachesimo cristiano e il primo degli abati. Nelle rappresentazioni pittoriche che ritraggono il Santo, c’è la croce Tau, un bastone, una campanella, ed un piccolo maiale. È considerato protettore dei contadini, da cui è invocato nei periodi di siccità. È anche protettore dei macellai e dei salumai, ma anche degli animali domestici. Il Santo viene invocato per avere la sua protezione dal demonio e nei casi di incendio. Gli ammalati di herpes zoster lo pregano per ottenere la guarigione dal cosiddetto “fuoco di Sant’Antonio”.

Numerosi sono i proverbi piemontesi (e non solo, ovviamente) in cui questo Santo viene ricordato, così come le invocazioni a mo’ di giaculatorie preconfezionate che vengono recitate in certe situazioni particolari.

Alcuni di questi proverbi possono apparire dal significato scontato, come questo: Ël di ‘d Sant’Antòni seurt co’ ‘l paltò (ovvero: il giorno di Sant’Antonio, esci con il paltò). Il 17 Gennaio nessuno ardirebbe di uscire senza il cappotto, o un giaccone, o una mantella: ma si sa che i proverbi sono fatti così: intrisi di considerazioni spesso ovvie, ma utili a ricordare alle persone di agire con buon senso in ogni circostanza.

Quest’altro proverbio, invece, è più ardito, e sconfina in una previsione che potremmo definire azzardata: S’a fiòca ’l di ’d Sant’Antòni, ancora vint di ’d frèid apress (cioè: se nevica il giorno di Sant’Antonio, faranno seguito dieci giorni di freddo). A dire il vero, anche questo proverbio nasconde un’affermazione scontata, basata sull’osservazione statistica di decine di generazioni che ci hanno preceduti. Si sa, infatti, che nei giorni della seconda quindicina di Gennaio le temperature toccano punte di freddo pungente, e che – negli ultimi tre giorni del mese – i cosiddetti “giorni della merla”, si possano registrare picchi di gelo da record. Ma tant’è.

Giovanni Battista Costamagna, di Cervere (Cn), a proposito di Sant’Antonio Abate, ricorda questo detto: A l’é tra ij sant che pì am piaso: chiel a vorìa bin ai crin e a j’aso (È tra i santi che preferisco: lui voleva bene ai maiali e agli asini): affermazione di comprovata verità, confermata dal fatto che Sant’Antonio è diventato protettore, tra gli altri, anche degli animali domestici.

Dal canto suo, Alejandra (Alessandra) Gaido, piemontese d’Argentina, i cui avi emigrarono nella Pampa Gringa verso la fine dell’Ottocento, ci fa sapere come la devozione a Sant’Antonio Abate sia ancora molto diffusa tra le famiglie di origini piemontesi che da decenni vivono nella provincia di Rosario e dell’Entre Rios, dove da generazioni – come i loro antenati – continuano laggiù a fare i contadini.

Sant’Antonio Abate raffigurato in un dipinto

Il Santo, in particolare – nell’ambito della comunità piemontese argentina – viene ancora invocato quando si è perso qualcosa di importante, affinché possa illuminare colui che lo prega facendogli ritrovare l’oggetto perduto (un documento, una collana, una fotografia di una persona amata, ecc.): Sant’Antòni pien ëd virtù, fame trové lòn ch’i l’hai perdù (Sant’Antonio pieno di virtù, fammi trovare ciò che ho perduto). O anche: Sant’Antòni dla barba bianca, fame trové lòn ch’am manca (Sant’Antonio dalla barba bianca, fammi trovare ciò che mi manca).

Non solo. Ci spiega Alessandra che ancor oggi le donne da marito di origine piemontese si rivolgono al Santo perché interceda nel far loro trovare il principe azzurro: Sant’Antòni fame marié ch’i son stofia ’d tribulé (ovvero: Sant’Antonio trovami un marito, che sono stufa di penare). E infine, poiché nelle riarse estati argentine il rischio di siccità è molto elevato e può mettere a repentaglio i raccolti, Sant’Antonio (che in effetti, come già ricordato, è anche il Santo protettore degli agricoltori, degli allevatori di bestiame e dei macellai) è spesso invocato perché interceda sulla situazione meteorologica e faccia finalmente scendere la pioggia sugli aridi campi. La stessa Alejandra Gaido ha forgiato questa invocazione: Sant’Antòni dij campagnin, bagna la campagna con tò sigilin! (cioè: Sant’Antonio dei contadini, svuota il secchiello sulla campagna asciutta!).

Bello e stupefacente sapere che la cultura contadina e popolare dei nostri antenati rivive e si rigenera ancora al di là dell’Oceano e che proprio dai discendenti dei nostri emigranti piemontesi ci giungano nuovi stimoli ed esempi mirabili per non perdere la ricchezza di quella cultura antica, per mantenerla viva e per conservarla.

Sergio Donna

Sergio Donna

Torinese di Borgo San Paolo, è laureato in Economia e Commercio. Presidente dell’Associazione Monginevro Cultura, è autore di romanzi, saggi e poesie, in lingua italiana e piemontese. Appassionato di storia e cultura del Piemonte, ha pubblicato, in collaborazione con altri studiosi e giornalisti del territorio, le monografie "Torèt, le fontanelle verdi di Torino", "Portoni torinesi", "Chiese, Campanili & Campane di Torino", "Giardini di Torino", "Fontane di Torino" e "Statue di Torino". Come giornalista, collabora da alcuni anni con la rivista "Torino Storia". Come piemontesista, Sergio Donna cura da tempo per Monginevro Cultura le edizioni annuali dell'“Armanach Piemontèis - Stòrie d’antan”.

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