Lo sport è un’efficace terapia per combattere il Parkinson
Attività fisica e alimentazione rallentano la degenerazione del morbo e aiutano l’azione dei farmaci. Gli studiosi sono convinti che l’attività fisica stia diventando una vera e propria terapia
Di Parkinson soffrono circa 200 mila italiani. E non si tratta soltanto di persone molto avanti con gli anni, come si pensa erroneamente. Il maggior numero di malati è tra i 60 e i 65 anni, nella fascia di età ancora in piena attività. Il primo obiettivo è evitare che il malato si chiuda in se stesso, mentalmente e socialmente, soprattutto agli esordi della malattia. Un gruppo di ricercatori dell’università del Michigan ha visto che cosa succede a distanza di anni: chi continua a svolgere le solite attività giornaliere ha una minore compromissione delle funzioni motorie rispetto a chi si lascia andare.
Fino ad ora l’unico tipo di movimento consigliato ai malati era quello di tipo riabilitativo per combattere l’atrofia dei muscoli. Lo sport ha infatti un effetto preventivo, come dimostrato anche dallo studio pubblicato su “Brain” e condotto in Svezia su 43.368 persone, seguite per oltre 12 anni. A conti fatti, era emerso un minore rischio di malattia tra chi pratica costantemente esercizio fisico.Chi soffre di Parkinson ha infatti una alterata capacità di compiere i movimenti automatici, quelli che abitualmente facciamo senza pensare, come camminare. Così il passo prende quell’andatura tipica, lenta e strascicata.
Sotto la guida di un fisioterapista, si insegna allora al paziente come comandare i pattern motori automatici e far sì che diventino atti volontari, gestibili dal paziente stesso. Da qui in poi, può scegliere uno sport a piacere, senza limitazioni, oppure continuare a praticare quello di sempre. È fond amentale però la costanza: almeno 30 minuti al giorno per cinque giorni alla settimana. Il meccanismo è ancora sconosciuto, ma poco importa in questa fase. L’importante sono i risultati. L’attività fisica infatti si sta trasformando in una vera e propria terapia che permette di allungare i tempi della cosiddetta “luna di miele” farmacologica, cioè gli anni in assenza di sintom.
Per prolungare il più lungo possibile i benefici dei farmaci si punta anche molto sull’alimentazione. Alcuni cibi hanno un’azione neuroprotettiva. Come la caffeina per esempio che sembrerebbe difendere il cervello anche in chi ha già i primi segni della malattia. A luglio, infine, su “Clinical Nutrition” uno studio italiano ha dimostrato come le proteine intralcino l’azione del levodopa, uno dei principi più utilizzati nella cura del Parkinson. Chi supera i dieci grammi di proteine al giorno, ed è in cura con questo farmaco, ha un aumento di tremori e sintomi motori, che porta a un aumento del dosaggio.