Lingua & tradizioni piemontesi

Con il liquore al giandujotto a Torino ci si lecca i baffi da secoli

A Torino, la storia del cioccolato iniziò ufficialmente nel 1678, quando la reggente del Ducato, Madama Reale Giovanna Battista Nemours, concesse al maître chocolatier  Giò Antonio Ari (o Arri) la ‘patente’ per la pubblica mescita della cioccolata in tazza. Sì, perché originariamente il cioccolato, o meglio la cioccolata, si degustava soprattutto come bevanda, ritenuta – oltre che deliziosa al sapore – benefica e nutriente. Non a caso il nome scientifico, scelto da Linneo nel 1753 per la pianta del cacao, è Theobroma, che sta per cibo, nutrimento degli dei, ma anche bevanda energetica. Ari fu il primo a farla conoscere ai Torinesi, e per il suo attraente aspetto cremoso e il suo gusto amarognolo, ma delicato, divenne in poco tempo popolarissima. Tant’è che Giò Antonio Ari può essere senza dubbio considerato il capostipite di una generazione di abilissimi artigiani cioccolatieri torinesi, suoi epigoni, le cui specialità resero la capitale sabauda famosa in tutta Europa.

Dovettero però passare altri ottantacinque anni prima che Giuseppe Dentis, ‘acquacedratario’ (ovvero venditore di cedrate) aprisse nel 1763 una piccolissima bottega, arredata con una semplice boiserie in noce e dotata di poche spartane panche di legno, proprio di fronte all’ingresso del Santuario della Consolata. Oltre a prodotti esotici, spezie e liquori, Dentis fu tra i primi a vendere confetti e praline di cioccolato e a servire il bicerin, una bevanda a base di latte, caffè, panna e cacao, servita calda, che con il suo sapore delizioso conquistò subito i palati degli avventori di ogni età. Il bicerin (in italiano: il bicchierino) fu così chiamato perché veniva tassativamente servito in un bicchiere di vetro, che in realtà non era neppure troppo piccolo, anzi. Mai però un nome fu tanto azzeccato e intrigante: tant’è che venne assunto come insegna di quello storico e caratteristico locale, che ancor oggi è posizionato nella stessa piazzetta dove lo aveva creato il suo fondatore, e la sua insegna, “Al bicerin”, è ora conosciuta in tutto il mondo. Chi volesse approfondire la storia di questa tipica bevanda torinese, di cui abbiamo parlato in un precedente articolo, clicchi QUI.

Se il bicerin può essere considerato l’evoluzione naturale delle prime cioccolate calde in tazza servite da Ari, il cui sapore amarognolo veniva addolcito con la geniale aggiunta di latte e panna, e con una sapiente dose di caffè, a sua volta il bicerin può essere considerato il progenitore di un’eccellente bevanda liquorosa, tipicamente subalpina: il Liquore al giandujotto, prodotto alcoolico di distilleria.

Solitamente contenuto nella tipica bottiglia in vetro trasparente da 50 cl, riproducente la Mole Antonelliana, gli ingredienti di questo liquore base possono differire, a seconda dei produttori, in alcune loro varianti e nel loro dosaggio.

Quello prodotto dalla storica Distilleria Vincenzi, che ne ha brevettato il marchio, è chiamato “Bicerin”, proprio come la celeberrima bevanda al cioccolato:  trattandosi di un liquore, a differenza di quest’ultima, viene ovviamente degustato a temperatura d’ambiente. È prodotto nella variante classica (in bottiglia scura tradizionale, o a forma di Mole) o in quella “White” (al cioccolato bianco, in bottiglia opalizzata). Il Bicerin ‘originale’ di Vincenzi può essere definito come un liquore di Crema Gianduja, contenente il 15% di alcool in 70 cl: morbido, cremoso, e delicato, rivela al palato il gusto inconfondibile del cioccolato-nocciola, e ricorda da vicino il sapore pastoso dei migliori giandujotti torinesi.

Piemônt Cioccolato, storico maître chocolatier torinese dal 1948, dal canto suo, per il suo Liquore al giandujotto, chiamato “Liquorotto”, utilizza latte, zucchero, alcool 16% vol., tuorlo d’uovo, infuso di granella di Nocciole Piemonte, Crema Gianduja Piemônt, zucchero di canna, cacao amaro e pasta di cacao, oltre ad estratto ed infuso di vaniglia Bourbon ed altri aromi naturali. Lo potete trovare anche nel Punto vendita annesso alla fabbrica di cioccolato Piemônt, in via Gran Paradiso 16/23, a Torino.

Molto delicato è pure il Liquore al giandujotto della Cioccolateria De Martini, di corso Francia 221, a Torino. Ma c’è da dire che sono molte le cioccolaterie di Torino che ne offrono un’eccellente interpretazione, personalizzata con la propria etichetta, e sicuramente – qualunque scelta facciate ‒ non ve ne pentirete: lo troverete ottimo, sia che lo degustiate liscio in un bicchierino da liquore, sia che lo versiate sul gelato.

Quando il Natale si avvicina, il Liquore al giandujotto, nella tipica bottiglia della Mole, può rappresentare un’ottima idea regalo, espressione di buon gusto, classe e torinesità autentica. Altrimenti, regalatevelo da soli: e provate a versarne un po’ su una fetta di pandoro o di panettone; il suo sapore sarà una rivelazione che esalterà, con un tocco aggiuntivo di raffinata squisitezza, il gusto del vostro dolce natalizio preferito.

Sergio Donna

Torinese di Borgo San Paolo, è laureato in Economia e Commercio. Presidente dell’Associazione Monginevro Cultura, è autore di romanzi, saggi e poesie, in lingua italiana e piemontese. Appassionato di storia e cultura del Piemonte, ha pubblicato, in collaborazione con altri studiosi e giornalisti del territorio, le monografie "Torèt, le fontanelle verdi di Torino", "Portoni torinesi", "Chiese, Campanili & Campane di Torino", "Giardini di Torino", "Fontane di Torino" e "Statue di Torino". Come giornalista, collabora da alcuni anni con la rivista "Torino Storia". Come piemontesista, Sergio Donna cura da tempo per Monginevro Cultura le edizioni annuali dell'“Armanach Piemontèis - Stòrie d’antan”.

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