Il fascino metafisico di Piazza CLN e delle sue Fontane-monumento
TORINO. Provate, così per curiosità, a chiedere a qualche vostro amico di elencarvi tre fontane monumentali di Torino: le prime che possano loro venire in mente.
Non tutti citeranno le stesse fontane, ma tra le più “gettonate” ci saranno sicuramente la Fontana dei Dodici Mesi del Valentino, la Fontana Angelica di Piazza Solferino e le due Fontane di Piazza CLN, raffiguranti il Po e la Dora.
Queste due fontane, in effetti, fanno parte dell’immaginario collettivo di tutti i Torinesi, forse perché la scenografia urbanistica in cui sono posizionate sembra rievocare ambienti e contesti architettonici direttamente ispirati da una musa inquietante del Surrealismo.
Le due Fontane, o meglio, le due Fontane-monumento rappresentano i due principali corsi d’acqua che bagnano Torino (il Po e la Dora Riparia; ricordiamo, così per inciso, che la città è bagnata o lambita anche dalla Stura e dal Sangone), personificati da due gigantesche sculture, in marmo bianco, semidistese, come se fossero accomodate sul lectus summus di un triclinio, al di sotto del quale sgorga, gorgogliante e gagliarda l’acqua dei due fiumi.
La piccola e suggestiva Piazza CLN, così come tutto l’asse di Via Roma, è stata concepita a metà degli Anni Trenta del Novecento, in pieno regime fascista, dall’architetto Marcello Piacentini (Roma, 1881 | Roma, 1860), iconico esponente dello stile razionalista, nell’ambito del vasto progetto di rifacimento urbanistico lungo la storica arteria, destinata a diventare la più lussuosa della città, ed è stata ricavata a ridosso delle due Chiese gemelle di Piazza San Carlo.
Chissà se è solo un caso che il Po – allegoricamente raffigurato da una maschia, possente e barbuta scultura di un uomo in età matura – poggi le sue spalle al retrostante edificio religioso dedicato ad una grande figura maschile della santità” (San Carlo) e che la Dora – raffigurata da una florida e giovane donna semi svestita – sia stata simmetricamente posizionata sul lato destro della piazza, in adiacenza alla Chiesa dedicata a Santa Cristina, icona della santità femminile.
Le due sculture sono opera dell’artista Umberto Baglioni (Scalea, 1893 | Torino, 1965), un calabrese adottato dalla città subalpina: il Po, a petto nudo, regge nella mano sinistra alcune spighe di grano; un morbido drappo gli copre le parti intime. La Dora Riparia è invece raffigurata da una donna a seno nudo, che con candore e verecondia mostra un frutto nella mano destra.
Si dice che secondo il progetto originale, al posto delle due figure allegoriche, ci sarebbero dovute essere due statue ben diverse: una raffigurante Benito Mussolini e l’altra Vittorio Emanuele III. Se ciò fosse vero, aggiungo che è stata una buona scelta non averle realizzate.
E poi c’è un’altra curiosità: il regista Dario Argento, attratto dal fascino metafisico di Piazza CLN, nel 1975 vi ha girato alcune scene del film Profondo Rosso.
Prima della fine della Seconda Guerra Mondiale questa piazza veniva chiamata generalmente dai Torinesi Piazza delle Fontane. Terminato il conflitto, assunse la titolazione attuale di CLN (Comitato di Liberazione Nazionale). Ma perché proprio questa piazza dalle monumentali fontane venne scelta per essere dedicata al CLN, il cui ruolo fu fondamentale per liberare l’Italia dalla dittatura fascista e dagli occupanti nazisti?
Ebbene, proprio qui, e precisamente al civico 254, all’angolo con Via Roma, nelle stanze dell’Albergo Nazionale, a partire dal mese di settembre del 1943, si era insediata la Polizia di Sicurezza Tedesca, al comando del tenente delle SS Alois Schmid. Con lui operavano un’ottantina di militari tedeschi e alcuni militi e collaboratori della Repubblica Sociale.
L’albergo requisito dai tedeschi divenne tristemente noto come luogo di efferate sevizie, percosse e torture nei confronti di partigiani e di chiunque fosse indiziato di opposizione al regime e agli occupanti.
Dopo la guerra, l’Albergo Nazionale tornò a svolgere la sua consueta funzione di hotel, fino alla definitiva chiusura, avvenuta nel 2008. L’edificio è stato poi profondamente ristrutturato e trasformato in un palazzo residenziale. Nessuna lapide ricorda le torture e le efferatezze che qui furono espletate: forse però le urla dei partigiani sottoposti a tortura ancor oggi aleggiano nell’aria e si confondono nel gorgoglio dell’acqua che sgorga dalle due fontane della piazza.
Sergio Donna