Lingua & tradizioni piemontesi

Modi di dire piemontesi: s’a l’é ‘d bon-a famija, a torna

Questa locuzione, squisitamente piemontese, che tradotta letteralmente suona “se è di buona famiglia, torna”, viene usata in una pluralità di significati: nel caso si presti qualcosa con l’incertezza della sua restituzione; se qualcuno è venuto a farci visita ma non ci ha trovati, se un figlio dopo un litigio lascia la casa di famiglia. In questi, così come in innumerevoli altri casi, viene usata l’espressione s’a l’é ‘d bon-a famija, a torna, ponendo come condizione il fatto che debba essere stato allevato in un certo modo, cioè al rispetto delle regole e dell’onestà.

Come suggerisce Burzio nel suo “Alla ricerca del vecchio Piemonte”, l’area culturale in cui la locuzione è nata, è quella “molto ampia dei personaggi che abbandonano, per i più svariati motivi, la casa paterna e che poi, dopo lunghe traversie, poiché sono di buon animo, finiscono inevitabilmente per ritornare”. E’ evidente che lo schema tipo è quello della parabola del figliol prodigo, anche se è interessante notare come questa situazione venga applicata non solo alle persone ma anche agli animali: si pensi soltanto a cani e gatti che riescono a ritrovare la via di casa anche se portati in  luoghi molto lontani, nonostante l’esistenza di molti ostacoli.

Piero Abrate

Giornalista professionista, è direttore responsabile di Piemonte Top News. In passato ha lavorato per quasi 20 anni nelle redazioni di Stampa Sera e La Stampa, dirigendo successivamente un mensile nazionale di auto e il quotidiano locale Torino Sera. E’ stato docente di giornalismo all’Università popolare di Torino.

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