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Gli alberi monumentali di Torino, una memoria storica e un patrimonio di tutti

TORINO. A dispetto di quel che si dice, qualche primato Torino ce l’ha ancora. Infatti, tra le grandi città d’Italia, è la più verde perché su 130 chilometri quadrati di superficie comunale, ben 21 sono coperti da aree verdi a gestione pubblica: precisamente 23,84 metri quadri di verde pubblico ad abitante, contro i circa 10 di Roma e i 9 di Milano, i 5 di Palermo e i 3 di Bari. Inoltre, il capoluogo piemontese vanta 320 chilometri di viali alberati e una cinquantina di parchi.

Non è tutto: il Senseable City Lab del MIT di Boston, una delle più importanti università del mondo, ha sviluppato Treepedia, un sito web che calcola “l’indice di verde visibile” (Green View Index) nelle grandi città del pianeta. Ebbene, in questa classifica mondiale e di cui fanno parte ben 17 metropoli internazionali l’unica italiana presente è Torino. La città sabauda entra così a pieno titolo in questa classifica dei centri abitati più verdi del mondo con un indice di 16,2 che le vale la tredicesima posizione, dietro grandi metropoli verdi come Singapore, Sidney, Oslo, Sacramento, Francoforte.

Torino è tra i centri abitati più verdi del mondo

Vantiamo una città ricca di alberi, ma quanti? Ebbene, attraverso il censimento fatto dal Comune, scopriamo che nel capoluogo piemontese si trovano poco meno di 65.000 piante di cui: 20mila platani, 8mila tigli, 4mila aceri, 3.500 ippocastani, 3mila bagolari (olmi bianchi), 2.500 olmi siberiani, oltre a ciliegi da fiore, betulle, pini, carpini, frassini, noci americani, abeti e querce. E questo solo per quanto riguarda i viali. Almeno altrettanti alberi li troviamo nei parchi e nei giardini cittadini arrivando ad un totale di 160mila alberi sul territorio comunale.

Ci sono poi gli alberi monumentali, sedici, che la Regione Piemonte ha inserito nell’elenco regionale, alcuni per età e dimensioni, altri per il pregio paesaggistico e la particolare architettura vegetale. Questi esemplari sono naturalmente imponenti e testimoni del tempo e della storia e della biodiversità della provincia torinese.

Prevalgono in questo caso i platani, che sono la specie più caratteristica e diffusa nella città. Il più “anziano”, soprannominato” il Nonno”, o anche “l’Albero della Fortuna”, è alto 28 metri con 7 metri di circonferenza e si trova presso l’ingresso del parco della Tesoriera, nel quartiere Parella. Secondo alcune fonti fu messo a dimora nel 1715 nel corso della costruzione della villa da cui prende ora il nome uno dei “polmoni verdi” più noti, altri documenti però ne retrodatano la nascita al 1797.

Tre altri esemplari di Platani monumentali li troviamo al Parco del Valentino; il primo alto 40 metri, nei pressi della Fontana dei 12 mesi, poco distante dal ponte Isabella, un altro di 36 metri, nei pressi del Borgo Medievale, mente il terzo, alto 26 metri, si trova di fronte al locale Eridano. Sempre al Parco del Valentino, c’è uno stupendo esemplare di Bagolaro, alto 23 metri, e tre Farnie, anche note come Querce forti (una nei pressi della “Rocaille mentre le altre due sono situate a poca distanza dal Borgo Medievale).

Un Ginkgo Biloba, conifera antichissima dalle particolari foglie a ventaglio con un taglio al centro e che si staglia in altezza per 27 metri, si può vedere e ammirare ai Giardini Cavour. Stessa ubicazione per un altro Platano di pregio paesaggistico, alto quasi 34 metri, che si erge maestoso su una specie di collinetta poco distante. Altri due imponenti Platani sono invece nel Parco collinare di Villa Rey e in corso Novara, non molto distante dal tempio crematorio del Cimitero Monumentale, mentre un raro Noce del Caucaso è stato piantato da tempo immemore nei Giardini Sambuy, di fronte alla stazione di Porta Nuova.

Un’altra rarità botanica, è un Olmo del Caucaso, alto poco più di 27 metri, che è stato messo a dimora nei Giardini Reali inferiori mentre al Parco della Rimembranza (Colle della Maddalena, ingresso principale in viale Montello) troviamo una Quercia roverella, alta 18 metri, la cui età presunta è di 100 anni.

La Farnia al Parco del Valentino

Ad aprile 2024, erano 4287 gli alberi monumentali censiti in Italia, circa la metà di questi (2107) situati in piccoli comuni ed altri 745 posti nelle aree protette. Uno dei più incredibili si trova in Sardegna, in località Santu Baltolu di Carana considerato anche il più antico sul nostro territorio. Si tratta dell’olivo selvatico di Luras (S’Ozastru de Santu Baltolu), un esemplare soprannominato anche “Il Patriarca”, la cui età è stata stimata sui 4mila anni e che ha una circonferenza del tronco superiore ai 10 metri.

Tornando invece al capoluogo piemontese, le ragioni per cui è così ricca di verde le troviamo nella sua storia. Precisamente, a partire dal 1559, anno del trasferimento della capitale del Ducato di Savoia proprio a Torino. A seguito della pace di Cateau-Cambrésis, venne avviato a un processo di acquisizione fondiaria dei possedimenti attorno alla futura capitale d’Italia da parte dei duchi sabaudi. I Savoia ne allargarono i confini, iniziando a costruire ville extraurbane ricche di giardini e piante. L’esempio più famoso fu il Parco del Valentino che nel 1600, quando fu eretto il castello omonimo come residenza estiva dei Savoia, divenne da semplice parco fluviale del Po a struttura organizzata con deliziosi giardini. Inoltre, questo fu anche il primo parco pubblico cittadino. Per due secoli, tra fine Cinquecento e Settecento, venne realizzata la cosiddetta “corona delle delizie”, un sistema di residenze extraurbane di “piacere” rivolte in principale modo alle attività venatorie della famiglia regnante e della corte. Ampie estensioni di foreste e boschi che venivano organizzate per tracciare le rotte di caccia, e ampie porzioni di territorio che venivano investite da ambiziosi progetti di arte dei giardini. Fra questi sono da ricordare i complessi di Mirafiori (ormai scomparso) del Regio Parco e nella seconda metà del Seicento la costruzione della Reggia di Venaria Reale.

Non bisogna comunque tralasciare le residenze di tipo fluviale e collinare che hanno rappresentato per secoli i luoghi di riposo e svago della famiglia regnante: il castello del Valentino sul Po con ingresso dal fiume, l’attuale Villa della Regina costruita come vigna del Cardinal Maurizio, le residenze fluviali e collinari, la Villa Abegg e i Castelli di Rivoli e di Moncalieri, la Palazzina di Caccia di Stupinigi, opera del primo architetto di corte, Filippo Juvarra. Un altro importante luogo di sperimentazione dell’arte dei giardini è il castello di Racconigi, i cui lavori di costruzione vengono avviati dal ramo cadetto della famiglia Savoia nel Seicento e per due secoli il complesso è oggetto di continue trasformazioni.

Il processo di espansione del verde continuò poi nell’Ottocento con la costruzione dei lunghi rettilinei alberati che collegavano le varie zone della città. Questi viali le conferirono un aspetto sempre più grandioso ed elegante e allo stesso tempo gradevole con i maestosi alberi che facevano da cornice alle principali strade cittadine.

Da segnalare infine, come curiosità, sempre al parco del Valentino, il cippo di pietra che segna le piene del Po e che si trova poco distante dall’ingresso principale del Borgo Medievale. È un punto di riferimento importante perché è stato installato per monitorare e registrare i livelli delle acque del principale fiume torinese. Il cippo è situato in una posizione strategica all’interno del parco, permettendo di avere una misura precisa delle variazioni del livello dell’acqua durante le piene. Questo è particolarmente utile per prevenire inondazioni e per pianificare interventi di manutenzione e miglioramento delle infrastrutture.

Le tacche che sono segnate a vari livelli di questo blocco di pietra tramandano il livello delle acque esondate durante alcune alluvioni cittadine degli ultimi due secoli. La più importante fu quella del 17 ottobre 1839 quando il fiume raggiunse un’altezza di 6,2 metri riferita all’attuale idrometro dei Murazzi, soglia mai più eguagliata. Nemmeno il 16 ottobre 2000 quando l’imponente e paurosa piena rimase di 30 centimetri inferiore. A decrescere troviamo i 5,5 metri del 4 maggio 1949 (la stessa data in cui avvenne la tragedia di Superga) e il 6 novembre 1994 con l’acqua esondata sino a 5,2 metri dall’abituale livello del Po.

Ivano Barbiero

Ivano Barbiero

Giornalista professionista, ha lavorato per 35 anni per l’Editrice La Stampa (Stampa Sera, La Stampa, TorinoSette), scrivendo di spettacolo, cronaca, teatro, arte. Per vent’anni cronista di nera, dal 1990 al 1992 è stato presidente del Gruppo Cronisti del Piemonte e della Valle d’Aosta. Di recente è uscito nelle librerie il suo romanzo noir “Torino. Il guardino dei Cavalieri”.

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