Bagonghi, quando il nome dei clown divenne epiteto
Così venivano chiamati i “piccoli” clown che si esibivano nei circhi equestri di ogni Paese, almeno fino a tutti gli anni Cinquanta. Uno dei più famosi “Bagonghi” internazionali era novarese: il suo nome era Giuseppe Bignoli, di Galliate
Almeno fino a tutti gli anni Cinquanta del Novecento, non c’era circo equestre in cui non si esibisse, tra i clown, un nano Bagonghi. Tra tutti i clown, era sicuramente il personaggio più applaudito, soprattutto per le sue spettacolari performance artistiche, e non solo perché finiva spesso per essere la vittima designata di ogni sorta di scherzo da parte dei suoi compagni, che se lo palleggiavano tra loro come si fa come un fantoccio, vista la sua piccola statura e il suo peso da bambino, suscitando le risate del pubblico, disposto a cerchio sugli spalti. Il suo corpo, tarchiato e nanesco, poteva talvolta persino finire nella bocca di un cannone, per essere sparato letteralmente sulla pista del circo con una sonora detonazione.
Quando i Bagonghi sparirono dalle scene, anche quel nome passò gradualmente di moda. Eppure, in Piemonte, come in altre regioni del Nord, il termine (ora desueto) era frequentemente utilizzato come caustico epiteto irriverente per indicare una persona dai gesti un po’ sgraziati, o semplicemente vestita in modo ridicolo, magari con indumenti di un paio di taglie in più rispetto alla misura più congeniale.
“Chiel-lì a smija ’n Bagònghi!” (quello sembra un Bagonghi!) era, ad esempio, la frase sussurrata a mo’ di pettegolezzo tra due ragazze che commentavano le avances di un giovane dall’andatura e dall’aspetto un po’ goffi, o dalla statura non proprio confacente ad un Adone. In ogni caso, il termine Bagonghi, dapprima accolto nel lessico di molte parlate popolari regionali, finì per diventare, come si direbbe oggi, una parola “virale” in ogni lingua del mondo, fino ad indicare ogni clown “di piccola taglia” che si esibiva in un circo.
I Bagonghi, come si addice alla vita circense, erano in realtà dei valenti artisti tuttofare: in primis erano clown, ma non mancavano tra loro ottimi cavallerizzi, lottatori, giocolieri, prestigiatori e persino toreri.
Tra i Bagonghi più popolari in Italia, ricordiamo Andrea Bernabè, nato a Faenza nel 1850: le cronache dell’epoca ce lo descrivono come un ometto “alto un metro e dieci dal cranio ai piedi”. I faentini lo considerano il prototipo dei Bagonghi, e il capostipite di tutti i nani clown che dopo di lui si esibirono nel mondo. Sveglio ed intelligente, conseguì prontamente la licenza elementare; poi i suoi lo mandarono a bottega, e lui si adattò a svolgere mansioni di fattorino e a sbrigare piccole commissioni. A dodici anni, si unì ai saltimbanchi del Circo Zavatta, forse il più antico d’Italia, e sicuramente fra quelli che nella seconda metà dell’Ottocento riscossero maggiori successi di pubblico. Non si sa né come né perché, ma sarebbe stato proprio Bernabè il primo nano clown a cui venne attribuito il nomignolo di Bagonghi, che in seguito divenne il nome d’arte di tutti i nani circensi. Passò poi da una compagnia all’altra, tra Lazio e Toscana, esibendosi in tableaux vivants ed in buffe pantomime che suscitavano ovunque ilarità e simpatia. La sua fama superò presto i confini italiani, essendo stato ingaggiato da una nota Compagnia Equestre che organizzava spettacoli all’estero. Venne poi scritturato da un tal commendator Braccini, impresario di una grande troupe di artisti itineranti che si esibiva in Europa e in Algeria. Il Bagonghi Bernabè si specializzò via via in varie pratiche circensi: divenne giocoliere, acrobata e prestidigiatore. Con la Compagnia Americana di William Meirebell, Bernabè rimase sette anni, e fu in questo periodo che il piccolo clown italiano raggiunse l’apice della sua carriera, diventando il beniamino di un pubblico internazionale. In seguito, con la Compagnia Hittiman attraversò tutta la Russia e raggiunge persino la Siberia; poi, con la Troupe Diaz, furoreggiò in Francia e in Spagna. Fece infine ritorno nella sua Faenza nel 1888, dove continuò ad esibirsi finché non si frantumò una gamba in uno spericolato salto mortale. Si ritirò allora definitivamente a Bologna, adattandosi a vendere “pianete” e biglietti della lotteria per le strade. Morì nel 1920.
Ma il primato di Andrea Bernabè resta molto discusso. Uno dei primi Bagonghi pare fosse stato assunto nel 1890 al Circo Francese Guillaume: la famiglia Guillaume ha rappresentato una famosa dinastia di artisti circensi. I Guillaume, con vari nomi d’arte, e con l’insegna di Cirque Guillaume, attuarono frequenti tournées all’estero, ed anche in Italia (come accadde nel 1901, nel 1908 ed anche nel 1917). Negli anni Dieci del Novecento, altri Bagonghi si esibirono qua e là sia in Italia (come al Circo Gatti & Manetti), sia oltreoceano. Negli Stati Uniti, al Circo Barnum, ad esempio, negli anni Dieci e Venti, mieteva fulgidi successi un altro popolare Bagonghi. Più tardi, negli anni Cinquanta, sempre in America, un altro Bagonghi, in veste di cavallerizzo, divenne celeberrimo al seguito del Circo Internazionale della famiglia Cristiani, una storica dinastia circense di origini italiane, che ottenne riconoscimenti in tutto il mondo.
Dopo questi primi interpreti, la tradizione circense dei Bagonghi continuò comunque nel mondo intero. Tra i più famosi, ci fu anche un Bagonghi piemontese: Giuseppe Bignoli, nato a Galliate (1892-1932), in provincia di Novara. Bignoli, come del resto Bernabè, passò da un circo equestre all’altro, in quanto i contratti d’ingaggio erano generalmente a tempo determinato, e gli artisti, soprattutto quando si trattava di talenti, erano molto contesi, e gli impresari se li rubavano l’un l’altro. Bignoli si esibì nel Circo Pellegrini, nel Circo Rancy, nel Circo Schumann e infine nel grandioso Ringling-Barnum-Bailey. Il presentatore lo annunciava dicendo: “Ecco il signor Bagonghi, un uomo di origini italiane alto appena tre piedi, eppure di straordinaria abilità”. E il pubblico esplodeva ovunque in fragorosi risate e scroscianti applausi.
Altri noti e più recenti Bagonghi furono Checco Medori, che si esibì negli anni Cinquanta al Circo Togni, e Filippo Ruffa, che fu protagonista di esibizioni di successo con le famiglie Orfei, addirittura fino ai primi anni Ottanta del Novecento.
I Bagonghi restano il simbolo di un’epoca in cui il Circo equestre rappresentava lo spettacolo popolare per eccellenza per adulti e bambini, in cui si esibivano artisti, giocolieri, domatori, cavallerizzi, clown, trapezistie ginnastidi grande talento. Quei “piccoli” clown erano dei personaggi geniali: dei grandi artisti, che hanno fatto la storia internazionale del Circo, dimostrando che si può diventare una star dello spettacolo anche se non si è dotati di un fisico perfetto, e meritano il nostro affettuoso ricordo e tutta la nostra ammirazione.