Curiosità

Dall’esclamazione “contacc” nacque uno dei modelli di punta della Lamborghini

Proprio da questa interiezione della nostra lingua si ispirò la Casa emiliana per lanciare una vettura sportiva di successo negli Anni Settanta del secolo scorso

C’era una vettura sportiva, prodotta dalla Lamborghini che, tra gli Anni Settanta e Ottanta del Novecento, incantava tutti gli sportivi italiani appassionati di motori. Era la “Countach”. Un nome intrigante per un’automobile che è diventata l’icona di una vettura d’eccellenza, dalle grandi prestazioni, e dalla linea accattivante, simbolo della più avanzata tecnologia italiana di quegli ormai lontani anni ruggenti. Un mito mai dimenticato, che ha lasciato un segno indelebile nella storia dell’automobile internazionale.

Ciò che forse non tutti sanno è perché quella vettura sia stata chiamata proprio “Countach”, e che cosa questa parola significhi. Non bisogna lasciarci ingannare: countach non è affatto una parola inglese, come si potrebbe pensare di primo acchito. L’avreste mai detto? È un termine che si ispira ad una parola in lingua piemontese!

La grafia non è certo quella canonica con la quale i piemontesisti più rigorosi pretenderebbero venisse scritta, e sicuramente – in un componimento o in un dettato – segnerebbero questo termine con la matita blu, gridando allo scandalo e facendo boccacce. Diciamo che “countach” è una parola simil-inglese, che però suona come una parola piemontese. Ciò che i professionisti del marketing dell’epoca avevano voluto ottenere era scrivere quella parola in modo che, dai più, venisse pronunciata nella maniera la più simile possibile a quella con cui i piemontesi doc avrebbero pronunciato quell’altra parola che ancora non vi ho detto.

La Casa automobilistica viene fondata nel 1963 da Ferruccio Lamborghini
già fondatore della Lamborghini Trattori

Ma allora qual è la parola piemontese che si è voluto imitare? Non tengo ulteriormente i lettori sulle spine, e svelo seduta stante il segreto: la parola misteriosa è “contacc”, termine piemontesissimo, che in realtà reggerebbe un punto esclamativo al seguito, trattandosi, più propriamente, di un’esclamazione.

Il termine “contacc” (con la doppia c finale, che nella grafia piemontese storica indica il suono della c dolce finale) si pronuncia in effetti similmente alla parola pseudo-inglese “countach”, purché si faccia cadere l’accento sull’ultima sillaba.

L’esclamazione contacc era pronunciata da chi si scopriva vittima di un contagio pandemico

Ma veniamo brevemente alla sua etimologia. Se il termine “countach” non è presente nel vocabolario anglosassone (contagio si traduce “contagion” o “infection”), la voce “contacc”, invece, è un termine tipico del vocabolario piemontese: una esclamazione nata da una situazione drammatica e pronunciata con rabbia, disperazione e dolore, da chi si scopriva vittima diretta o indiretta di un contagio pandemico. L’etimologia del termine “contacc” è dunque palese e inequivocabile, e significa contagio.

La parola “contacc” è nata e si è diffusa infatti durante la pandemia di peste in Piemonte del 1630. L’interiezione “contacc!” equivaleva ad un drammatico grido di dolore, con cui si manifestava la disperazione chi era stato contagiato dalla pestilenza o prendeva atto che ne era stato colpito un suo congiunto o una persona a lui cara.

La Lamborghini Countach è dotata di portiere con apertura ad ali di gabbiano

Il termine è pressoché caduto in disuso, ma non del tutto scomparso nell’accezione originaria. È tuttora usato ancora, invece, e purtroppo tornato di estrema attualità di questi tempi, il sostantivo “contagg”, con due gg finali, che pure sta per contagio. La doppia c dolce finale si è nel tempo trasformata in una doppia g dolce finale (più vicina all’equivalente termine italiano). L’esclamazione “contacc!”, per quanto più rara oggi che nel passato, è rimasta comunque nell’uso della lingua piemontese moderna, ma ha perso quel registro primitivo di disperazione e rabbia, mantenendo un significato più bonario, sia pur spesso di disappunto. Diciamo che l’esclamazione potrebbe equivalere ad un mannaggia!, o a qualche altra espressione italiana più volgare che non dico. Ma può essere usata altresì per esprimere stupore, ammirazione, in un contesto decisamente positivo.

Per fornire al lettore qualche fondamento di fonetica piemontese, diciamo che suonano con lo stesso finale di contacc (c dolce finale), le parole dëspacc (dispaccio), quacc (accovacciato), scracc (sputo). La c dura finale si indica invece graficamente con -ch: sach (sacco), armanach (almamacco), atach (attacco). Analogamente, il suono della g dolce finale si indica con la doppia g (-gg): contagg (contagio), magg (maggio), ragg (raggio). La g gutturale finale si indica invece con -gh. Esempio: lagh (lago), zigh-zagh (zig-zag), dragh (drago).

Per concludere: per il termine “Countach”, coniato ad hoc per un’affascinante vettura sportiva uscita agli albori degli Anni Settanta, venne quindi adottata una grafia sui generis, trasformando un vocabolo piemontese in un termine, diciamo così, simil-inglese, che potesse essere però pronunciato in maniera assai prossima all’originale.

Fu il torinese Marcello Gandini a disegnare la Lamborghini Countach

Ciò che resta da scoprire è il vero motivo per cui venne pescata dall’ampio vocabolario piemontese, tra le tante, proprio quella parola. La risposta è certamente da trovare nella accezione più positiva del termine: ci si può infatti contagiare anche di emozioni, come quando si ammira la linea di una bella vettura sportiva e si viene rapiti da meraviglia e stupore.

Ipotesi plausibile, visto che la Lamborghini Countach, progettata per Bertone da Paolo Stanzani e Marcello Gandini e poi prodotta dalla Lamborghini in poco più di 2000 esemplari, tra il 1971 e il 1990, ha rapito col suo fascino, e ha fatto sognare, un’intera generazione di appassionati di motori e di innamorati dell’italian style.

Un autentico, sia pure benevolo, contagio.

Sergio Donna

Sergio Donna

Torinese di Borgo San Paolo, è laureato in Economia e Commercio. Presidente dell’Associazione Monginevro Cultura, è autore di romanzi, saggi e poesie, in lingua italiana e piemontese. Appassionato di storia e cultura del Piemonte, ha pubblicato, in collaborazione con altri studiosi e giornalisti del territorio, le monografie "Torèt, le fontanelle verdi di Torino", "Portoni torinesi", "Chiese, Campanili & Campane di Torino", "Giardini di Torino", "Fontane di Torino" e "Statue di Torino". Come giornalista, collabora da alcuni anni con la rivista "Torino Storia". Come piemontesista, Sergio Donna cura da tempo per Monginevro Cultura le edizioni annuali dell'“Armanach Piemontèis - Stòrie d’antan”.

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