Economia

Addio alle bancarelle dei libri di corso Siccardi: scompare un altro simbolo torinese

TORINO. Dopo 55 anni chiudono le bancarelle di libri di corso Siccardi. Le attività, che avevano trovato posto nel corso dal 1962, chiuderanno i battenti a partire già dal mese di giugno. I negozianti smonteranno le loro attività e scriveranno la parola fine su un’esperienza iniziata nel 1962. La città perde di fatto un altro simbolo del commercio tradizionale. Uno spopolamento progressivo delle attività storiche, che sta colpendo il centro in ogni dove e che sta spersonalizzando sempre di più le vie più auliche della città. I lettori più appassionati, tra un mese probabilmente, non potranno fare più affidamento su un vero e proprio punto di riferimento per la propria passione, che consentiva di reperire testi rari e non più editi attraverso una attenta ricerca. Una situazione che poteva e doveva essere gestita in maniera migliore, come sottolineato dai commercianti in fuga.

Aldo Ermes Grosso, uno dei due librai che da anni lavorano nella “casetta” in mezzo al corso è rammaricato e contrariato al tempo stesso, tanto da aver pubblicato su Facebook uno sfogo nel quale grida la sua rabbia: «Ho chiesto in tutti i modi un incontro con la sindaca Appendino, ma da parte sua e dei suoi assessori, che potevano essere interessati alla nostra situazione, ho ricevuto vuote parole oppure il silenzio. La sindaca, che prometteva attenzione al piccolo commercio e alla cultura è stata la più assente di tutti. Io la considero la principale colpevole della chiusura di una tradizione che non esiste altrove».

A mettere di fatto il cappio alle bancarelle sono i costi a dir poco astronomici dell’occupazione di suolo pubblico: il signor Grosso paga 27 mila euro l’anno. Il suo collega, che ha una bancarella un po’ più grande, arriva a spendere ben 35 mila euro. Il tutto non per la vendita di telefonini di ultima generazione, ma di libri usati che, nella maggior parte dei casi, costano pochi euro l’uno.

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