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Tra opere più note dell’artista torinese, il Totem della Pace, al Parco della Pellerina

TORINO. Il Totem della Pace è una delle più celebri opere monumentali di Mario Molinari, scultore di fama internazionale. L’artista, nato a Coazze (Torino) nel 1930 e vissuto a Torino, è scomparso nel 2000 a settant’anni.

Questa sua maestosa scultura è stata posizionata al Parco della Pellerina nel 2011, per celebrare il Centecinquantenario dell’Unità d’Italia. Visto da lontano, magari mentre si attraversa in macchina il caotico incrocio tra Corso Lecce e Corso Regina, il monumento appare come una gigantesca vela latina triangolare, con i colori della bandiera italiana, che naviga nell’ideale mare verde del parco, che si estende alle spalle dell’opera. È un simbolo di pace e di unità nazionale; eppure il monumento è stato più volte oggetto di scritte vandaliche, ed ogni volta restaurato da volontari, che gli hanno restituito i suoi vivaci colori, consentendogli di tornare idealmente a veleggiare.

Mario Molinari è stato, e resta, uno scultore notissimo in Italia e all’estero, e celebrato dalla critica internazionale. Iniziò la sua attività artistica negli anni Cinquanta, come autodidatta, quando era direttore delle Cartiere Sertorio di Coazze. Le sue prime opere rappresentavano soprattutto idoli stilizzati, realizzati in lamine di rame saldate tra loro, in omaggio alla tradizione scultorea primitiva e africana, ma con un’ispirazione e uno stile che si rifaceva a Picasso, Giacometti, Paolozzi, David Smith.

Nel 1964, Molinari fonda con Raffaele Pontecorvo (il suo maestro di disegno e pittura) il gruppo neosurrealista torinese Surfanta, cui aderirono anche Alessandri, Abacuc, Camerini, Macciotta e Colombotto Rosso. Negli anni Settanta volle però seguire un percorso artistico autonomo e più astratto. Espone le sue opere in gallerie, musei e fondazioni europee ed internazionali, per poi esordire con interventi scenografici all’aperto.

Le opere del suo nuovo ciclo artistico (contemporanee alle sculture iconografiche di Mark di Suvero, Niki De Saint Falle e Jean Tinguely) si caratterizzavano per la loro grande dimensione ed il colore acceso e lucente: rossi carminio, blu Cina, gialli limone, verdi acidi e altri colori vivaci, monocromi o in abbinamento coordinato, ma sempre intensamente lucidi e levigati, con effetto di vernice industriale laccata.

Molinari inizia così a produrre grandi opere astratte, partendo da bozzetti realizzati in una prima fase in scala ridotta, su modelli di polistirolo espanso, e poi trasformati in grandiose sculture di cemento o acciaio. Le figure rappresentano danzatori giganti, sagome geometriche, soggetti di fantasia, ma sempre coloratissimi, realizzati in legno, cemento o materiali sintetici, e per le loro dimensioni, atti ad un’esposizione open air, o a rappresentare inconsueti e gioiosi elementi di arredo urbano. Per l’artista, queste enormi opere sono un’espressione di ottimismo e difiducia nella vita, manifestata con l’uso di colori non convenzionali, nell’intento di superare i confini più conformisti dell’arte contemporanea. Un messaggio indirizzato al futuro, un ideale testimone consegnato ai giovani ed alle generazioni a venire, ma anche a chi sente l’impellente necessità creativa di costruire qualcosa di nuovo, nel lavoro, nell’arte, nella società o nella vita quotidiana. La sua scultura mira a stimolare ironicamente l’anima, facendo del colore una forza con la quale superare la realtà. La poliedricità dei soggetti e dei materiali utilizzati porta le sue sculture ad una dimensione astratta, che stimolando la fantasia dell’osservatore, lo trasporta – appunto – in una dimensione surreale.

Molinari ha sempre creduto nell’opportunità di portare l’arte contemporanea fuori dai musei e dalle gallerie, collocandola non nelle tradizionali sale espositive dei Centres d’Art Contemporain o delle Kunsthallen, ma direttamente all’aperto, nei giardini, sui ponti, nei porti, sui fiumi, sulle strade, nelle piazze, accanto alle chiese, in modo che la gente, camminando per strada, possa incontrarla, stupirsi, e trarne gioia e gratificazione. Le sue opere monumentali in cemento armato colorato, in legno o in metallo, oltre a generare meraviglia e incredulità, vogliono infatti contagiare il mondo di gioia di vivere e trasmettere una rinnovata linfa vitale a tutti, ma soprattutto ‒ come già si è detto ‒ alle nuove generazioni.

Un ritratto autografo di Molinari su un blocco d’appunti di giornale dedicato a Paola Goffi

Per l’edizione1998 di Luci di Artista, Molinari espose in Piazza Polonia, a Torino, l’opera “Concerto di parole”: gigantesche sculture geometriche astratte, realizzate in polistirolo espanso e sapientemente illuminate con un effetto scenografico magnetico e suggestivo.

Un artista geniale, un impareggiabile “scultore del colore”, come giustamente lo definisce la lapide posta al 56 di Via Saluzzo, all’angolo con Via Oddino Morgari, dove abitava, e a lui dedicata.

Se passeggiate nel Parco della Pellerina, soffermatevi un attimo ai piedi della scultura di Molinari e contemplatela alzando lo sguardo: il suo vertice, in uno slancio di trascendenza, sembra davvero voler toccare il cielo, implorando la pace tra i popoli.

Sergio Donna

Foto: Fondazione Mediterraneo

Fonti: AA.VV., Giardini di Torino, Storia, Incontri & Leggende nei Parchi della Città. Ël Torèt, Monginevro Cultura – ANSMI, Torino, 2021

Sergio Donna

Torinese di Borgo San Paolo, è laureato in Economia e Commercio. Presidente dell’Associazione Monginevro Cultura, è autore di romanzi, saggi e poesie, in lingua italiana e piemontese. Appassionato di storia e cultura del Piemonte, ha pubblicato, in collaborazione con altri studiosi e giornalisti del territorio, le monografie "Torèt, le fontanelle verdi di Torino", "Portoni torinesi", "Chiese, Campanili & Campane di Torino", "Giardini di Torino", "Fontane di Torino" e "Statue di Torino". Come giornalista, collabora da alcuni anni con la rivista "Torino Storia". Come piemontesista, Sergio Donna cura da tempo per Monginevro Cultura le edizioni annuali dell'“Armanach Piemontèis - Stòrie d’antan”.

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