Curiosità

Quelle letterine a Babbo Natale smistate nell’Ufficio Postale di Via Reiss Romoli a Torino

Da Gesù Bambino a Babbo Natale, non cambia per i bambini la fascinazione per l’attesa dei doni nel giorno della Natività

È l’Ufficio Postale di Via Reiss Romoli 44 quello incaricato di far pervenire le lettere a Babbo Natale scritte dai bambini torinesi. Nei giorni che precedono la ricorrenza della Natività, raccolte dalle cassette per le lettere posizionate in ogni angolo della città, le missive vengono convogliate in Via Reiss Romoli, in quantità via via crescente; e di lì – a sacchi – vengono quotidianamente inoltrate nella “reception” di Babbo Natale, in Finalndia, al Santa Claus Village di Rovaniemi.

È lassù, al Circolo Polare Artico – com’è noto ‒ che hanno sede i suoi magazzini (zeppi di giocattoli di ogni tipo) e dove – soprattutto di questi tempi – i suoi aiutanti elfi impazziscono ad esaudire i ludici desideri dei bambini di ogni parte del mondo.

È da decenni che funziona così, ma così non è sempre stato. Fino agli anni Cinquanta-Sessanta del Novecento, il prevalente destinatario delle letterine non era Babbo Natale, ma Gesù Bambino. Come le missive venissero fatte pervenire al Divin Bambinello non ci è dato di sapere, fatto sta che era soprattutto Lui a provvedere in prima persona a leggere milioni di lettere e ad organizzarsi, tutto da solo, per distribuire i doni ai bambini buoni di ogni Continente nella Notte Santa.

Oggi le lettere a Gesù Bambino pervenute in Via Reiss Romoli sono rare come le mosche bianche, anche se qualcuna – di tanto in tanto – finisce ancora tra le mani degli smistatori.

Notre-Dame de Paris Cathedral. Christmas crib.

Che sia Babbo Natale o Gesù Bambino a portare i doni ai piccini, però, la sostanza non cambia: entrambi alimentano nell’innocente e trepida attesa dei bambini la magia del Natale, che della loro innocenza e della loro fervente aspettativa finiscono per contagiare anche il mondo degli adulti. Certo, la figura di Babbo Natale è un po’ meno ‘mistica’ rispetto a quella del Bambin Gesù, anche se il pacioso vecchietto di rosso vestito, dalla candida e fluente barba e dagli occhialini calati sul naso, altro non è, almeno nelle originali intenzioni, che una figura che rievoca un Santo, un autentico vescovo vissuto tra il terzo e il quarto secolo dopo Cristo: San Nicola, o se volete, Santa Claus (15 Marzo 270 d.C. | 6 Dicembre 343).

Il passaggio da Gesù Bambino (ormai quasi sparito dall’immaginario dell’infanzia come ‘dispensatore’ di doni a Natale) a Santa Claus (un santo, certo, ma spesso venuto, suo malgrado, a patti con la globalizzazione e il consumismo) si spiega con la graduale, costante e sempre più marcata laicizzazione del Natale: per molti Babbo Natale appare come una figura più “neutra”, equidistante dalla tradizione religiosa e dalle esigenze lucrative del commercio. Un Santo, sì, ma che non fa sfoggio della sua fede, ma che si fa ammirare per la sua bontà.

Così va il mondo. Ma di Gesù Bambino ci resti almeno l’incanto della sua presenza nelle piccole mangiatoie dei presepi.

Colgo qui l’occasione per ricordare quanto Sant’Antonio da Padova (15 Agosto 1195, Lisbona, Portogallo | 13 giugno 1231, Padova) fosse devoto a Gesù Bambino. Il conte Tiso, signorotto di Camposampietro (nei pressi di Padova) dove Antonio trascorse gli ultimi giorni della vita nella preghiera e nella meditazione, racconta che una sera, recatosi nella celletta dell’amico, vide che la stanzetta brillava di un intenso fulgore. Temendo che fosse divampato un incendio, si precipitò all’interno spalancando di forza la porta. Si presentò ai suoi occhi una scena prodigiosa: Antonio, in estasi, stringeva fra le braccia Gesù Bambino. Uscito dall’estasi, Antonio si rivolse al conte, pregandolo di non parlare con nessuno di quell’apparizione. Solo dopo la morte del Santo, il conte Tiso renderà testimonianza di quello che aveva visto. È proprio in conseguenza di questa visione che Sant’Antonio viene raffigurato nell’arte (sculture e dipinti) con Gesù Bambino in braccio. Notissima è l’opera dell’artista veneziano Giovanni Battista Pittoni (1687 | 1767), realizzata nel 1730, intitolata “Visione di Sant’Antonio da Padova” o “Sant’Antonio con Gesù Bambino”, oggi conservata al San Diego Museum of Art (California).

La Visione di Sant’Antonio da Padova. Dipinto ad olio di Giovanni Battista Pittoni. San Diego, Museum of Art

E per par condicio, penso sia doveroso fornire ai Lettori ancora qualche notizia in merito a San Nicola (o San Nicolò, o San Nicolao). Il Santo, patrono di Bari e della Puglia, era nativo di Pàtara, citta della Licia, una regione storica dell’Asia Minore, situata sulla costa meridionale dell’Anatolia, nella moderna provincia turca di Adalia. Trasferitosi a Myra (oggi Demre), qui prese i voti; di questa città diventò poi vescovo. Nel 305 d.C., durante la persecuzione di Diocleziano, venne imprigionato ed esiliato; liberato da Costantino nel 313, riprese il suo fervente apostolato in Asia Minore. Morì a Myra il 6 Dicembre del 343 d.C.: fu sepolto nella Cattedrale e le sue spoglie restarono in questa città fino al 1087. Quando Myra cadde sotto il dominio dei Mussulmani, Venezia e Bari s’impegnarono nel recupero delle reliquie del Santo, in competizione tra loro. Le ossa più grandi furono portate a Bari e custodite per qualche mese in un monastero benedettino. Poi furono trasferite in una cripta della nuova Chiesa dedicata al Santo (1° Ottobre 1089), con una solenne cerimonia presieduta da papa Urbano II. Altre ossa furono invece raccolte dai Veneziani: sono tutt’oggi custodite nella Chiesa di San Nicolò al Lido.

La devozione a San Nicola, che fu un generoso benefattore, si diffuse presto a macchia d’olio in ogni Paese europeo. In particolare, San Nicola di Bari è ritenuto il santo protettore dei fanciulli: si racconta che abbia resuscitato tre bambini barbaramente uccisi da uno spietato macellaio che ne aveva nascosto i corpi in una botte, ricoprendoli di sale.  

Oltre che di Bari, San Nicola è anche il Santo patrono di ben 270 altri comuni italiani; è anche il Santo Patrono di Amsterdam e della Lorena, dove gli è stata dedicata la Basilica di Saint-Nicolas-de-Port e dove sono conservate le ossa della sua mano destra.

(Sergio Donna, con i più fervidi Auguri di Buone Feste a tutti gli affezionati Lettori di Piemonte Top News)

Sergio Donna

Torinese di Borgo San Paolo, è laureato in Economia e Commercio. Presidente dell’Associazione Monginevro Cultura, è autore di romanzi, saggi e poesie, in lingua italiana e piemontese. Appassionato di storia e cultura del Piemonte, ha pubblicato, in collaborazione con altri studiosi e giornalisti del territorio, le monografie "Torèt, le fontanelle verdi di Torino", "Portoni torinesi", "Chiese, Campanili & Campane di Torino", "Giardini di Torino", "Fontane di Torino" e "Statue di Torino". Come giornalista, collabora da alcuni anni con la rivista "Torino Storia". Come piemontesista, Sergio Donna cura da tempo per Monginevro Cultura le edizioni annuali dell'“Armanach Piemontèis - Stòrie d’antan”.

Articoli correlati

Pulsante per tornare all'inizio