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Frammenti di storia: quando lo zar Nicola II visitò Racconigi

Sul finire del mese di ottobre del 1909, l’ultimo dei Romanov fu ospite dei Savoia nel castello di Racconigi. Non fu solo una visita di cortesia, ma l’occasione per firmare un trattato segreto di amicizia e di alleanza tra Italia e Russia. Soltanto otto anni dopo, la Rivoluzione di ottobre segnò la tragica fine della dinastia e la caduta dell’Impero russo

In quell’ultima decade di ottobre del 1909, i colori accesi dell’autunno avevano tinto di rosso purpureo e di varie sfumature di ocra gialla le foglie degli alberi della collina torinese, ricoprendo le alture di una sinfonia di colori sfolgoranti. Nicola II, l’ultimo dei Romanov, da due giorni era in viaggio verso Torino su un convoglio imperiale. Pur di non attraversare l’Impero Austroungarico, il suo odiato nemico, il treno aveva intrapreso un percorso molto più lungo ed estenuante, e nonostante gli agi delle carrozze, arredate di tutto punto, e dotate di morbidi letti e soffici divani, un velo di stanchezza iniziava a trasparire sul volto dello zar, che tuttavia non intaccava il suo profilo aristocratico, illuminato dagli occhi chiari, che si stagliavano sul colorito ceruleo della pelle.

La corrozza a quattro cavalli che accolse lo zar alla stazione di Racconigi

Anziché percorrere la consueta linea San Pietroburgo-Vienna-Verona-Milano-Torino, il convoglio imperiale che trasportava il “signore di tutte le Russie”, aveva attraversato la Polonia e la Germania, per poi entrare in territorio francese, e di qui valicare il confine italiano lungo linea Modane-Bardonecchia-Torino. Subito dopo aver percorso il traforo del Fréjus, a Bardonecchia, al passaggio del treno imperiale, un corposo picchetto del Regio Esercito Italiano si era schierato sul presentat-arm, mentre una fanfara intonava le note dell’inno russo.

L’Illustrazione italiana, commentando l’arrivo dello zar in Piemonte, così scriveva sulle sue pagine: “Nel tratto di strada ferrata da Bardonecchia a Torino, vi erano non meno di undicimila uomini distribuiti in servizio di pubblica sicurezza. Chi avrebbe perdonato al governo se, per mancanza di vigilanza, qualche matto o mattoide imbevutosi di tutte le scempiaggini sovversive predicate contro lo zar in manifesti distribuiti in larga mano, avesse avuto libero agio di perpetrare qualche pazzesco attentato o di usare qualche villania?”

Lo zar Nicola II a Racconigi in un’illustrazione della Domenica del Corriere

A Torino, il treno fece uno scalo. Lo zar ne approfittò per una rapida visita della città, ma in forma privata e fuori dal protocollo. Era meglio non esporsi troppo: in quei giorni, gli anarchici torinesi, proprio nei pressi della stazione Porta Nuova, avevano distribuito ai cittadini degli inquietanti manifestini che recitavano così: “Giunge a Racconigi passando per Torino il truce e sanguinario tiranno, sanguisuga opprimente e assassino del proletariato russo. Noi non gli diamo in alcun modo nessun benvenuto. Viva l’anarchia, viva Bresci!”.

Nonostante la brevità della tappa, lo zar rimase letteralmente incantato dalla bellezza della città, incoronata a Ovest e a Nord dalla chiostra alpina, e ad Est dalle colline, che in quella luminosa giornata di fine ottobre le facevano corona in un trionfo di accesi colori autunnali. Poi, quasi come fosse un turista qualunque, si fece condurre a Superga, per una breve visita alle tombe dei Savoia, dopo essersi soffermato un attimo a contemplare dall’alto la città sottostante, accarezzata dai suoi fiumi e stretta nell’ abbraccio delle Alpi già innevate.

Lo zar Nicola II

Dopo la furtiva escursione, lo zar risalì sul treno per riprendere il viaggio verso il Castello di Racconigi, nella massima sicurezza possibile.  Per evitare gesti insulsi o attentati, la polizia aveva vietato, a chiunque risiedesse lungo la ferrovia, di affacciarsi alle finestre o ai balconi delle case e di tenere le ante ben chiuse.

Lo zar raggiunse Racconigi il 23 ottobre 1909, dove si sarebbe soffermato 3 giorni. La visita aveva, da un lato, lo scopo di rafforzare l’amicizia personale tra Nicola e Vittorio Emanuele III, che era già stato ospite dello zar a San Pietroburgo nel 1902, e – dall’altro – quello di cementare l’alleanza politico-militare tra Italia e Russia. Lo zar e il re, e i loro ministri, avrebbero potuto discutere, in un contesto appartato e riservato, della questione balcanica e della crescente influenza austriaca in quella zona, prendendo accordi segreti.

Un momento di relax in giardino

Al Castello di Racconigi, sede dell’incontro al vertice dei due sovrani, erano presenti la zarina Aleksandra Fëdorovna e la regina Elena, con la quale lo zar amava discorrere in russo; con Vittorio Emanuele, Nicola II si esprimeva in inglese, mentre con il primo ministro Giovanni Giolitti, i dialoghi avvenivano prevalentemente in francese. Erano presenti anche il ministro degli esteri Tommaso Tittoni e il suo omologo russo, il conte Iswolsky. Con l’occasione, Vittorio Emanuele insignì lo zar del Collare dell’Annunziata, massima onorificenza dei Savoia, che Nicola esibì con orgoglio nelle fotografie ufficiali dell’incontro, come quella che pubblichiamo in quest’articolo, scattata dopo il banchetto ufficiale, ove la coppia imperiale è seduta, in primo piano, accanto al re e alla regina d’Italia, su poltroncine da giardino.

Foto di gruppo a Racconigi

L’accordo, giudicato di grande importanza politica, era stato firmato nel massimo riserbo. Allo zar e al suo seguito, non restava che tornare a Pietroburgo, intraprendendo il lungo viaggio di ritorno. Nessuno dei partecipanti all’incontro di Racconigi poteva immaginare la tragica fine che la storia avrebbe riservato, soltanto otto anni dopo, all’ultimo dei Romanov e ai componenti della sua famiglia, né l’imminenza di una guerra mondiale che avrebbe disseminato morte, distruzione e dolore.

Sergio Donna

Torinese di Borgo San Paolo, è laureato in Economia e Commercio. Presidente dell’Associazione Monginevro Cultura, è autore di romanzi, saggi e poesie, in lingua italiana e piemontese. Appassionato di storia e cultura del Piemonte, ha pubblicato, in collaborazione con altri studiosi e giornalisti del territorio, le monografie "Torèt, le fontanelle verdi di Torino", "Portoni torinesi", "Chiese, Campanili & Campane di Torino", "Giardini di Torino", "Fontane di Torino" e "Statue di Torino". Come giornalista, collabora da alcuni anni con la rivista "Torino Storia". Come piemontesista, Sergio Donna cura da tempo per Monginevro Cultura le edizioni annuali dell'“Armanach Piemontèis - Stòrie d’antan”.

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