Criminalità a Torino: il questore punta a ridurla nelle zone più a rischio e in centro città
TORINO. Il questore di Torino Francesco Messina, parla chiaro: «Porteremo la città ad avere un tasso di criminalità fisiologica». Annunciandolo, ha presentato il bilancio dei controlli di polizia effettuati nell’ultimo mese in città, sia nelle zone più a rischio, come Barriera di Milano e Aurora, sia in alcune aree a ridosso del centro.
Sono state 218 le persone arrestate, 164 denunciate, e sono stati sequestrati 15 chili di stupefacenti. I negozi controllati sono stati 49 e sono scattate multe per oltre 250 mila euro. Inoltre, è stata sospesa la licenza a tre titolari di attività. «L’obiettivo è evitare che i criminali, colpiti nelle aree più critiche, si spostino in altri spazi», dichiara Messina.
Tra le altre, una situazione in via Cecchi, è stata riportata a conoscenza dal questore, in quanto dove un gruppo di persone di origine pakistana si sarebbe ribellato contro gli spacciatori nigeriani. Uno dei promotori dei presidi anti-spaccio è risultato irregolare sul territorio nazionale. «Sono in corso accertamenti – aggiunge il questore – Ci troviamo davanti a uno scontro che è più etnico. Non una vera e propria difesa della legalità».
Criminalità e legalità sono da sempre due tematiche legate tra loro, di cui si discute anche in ambito scolastico, per portare già a riflettere e a una maggiore consapevolezza i bambini, gli adulti di domani. «Vogliamo avvicinare i ragazzi al tema della legalità, del rispetto delle regole, e vogliamo farlo cominciando dai più piccoli». Era in questo modo, infatti, che a maggio scorso il capo della polizia, prefetto Franco Gabrielli, si rivolgeva agli studenti di una scuola elementare di Cuneo, presentando “Il mio diario”, l’agenda della legalità distribuita in 50 mila copie agli alunni di IV elementare di tutta Italia. «Ai ragazzi consiglio di studiare, perché sono convinto che solo la conoscenza rende i cittadini liberi, liberi e consapevoli sono i migliori compagni di strada per le forze di polizia in un paese democratico», affermava Gabrielli.