“Non è venuto…”: il padre di Cannavacciuolo avvisato con una telefonata | È mancato il grande chef partenopeo

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Un “non è venuto” che, dopo anni, si trasforma in un sorriso e in un ricordo affettuoso. Un quadro intimo di uno degli chef più amati
Nel mondo scintillante delle stelle Michelin e dei fornelli televisivi, Antonino Cannavacciuolo è un’icona riconosciuta per il suo talento culinario e la sua personalità carismatica.
Intercettato durante una pausa dalle registrazioni di “Cucine da Incubo”, Cannavacciuolo risponde al telefono con il fiatone, confessando di aver approfittato del tempo libero per giocare a pallone.
L’immagine dello chef, che molti immaginavano sempre a tavola, si scontra con la sua realtà di un pasto frugale a base di broccoletti e branzino. Eppure, anche un gigante della cucina come lui ha avuto un passato da studente, e a quanto pare, non sempre impeccabile in fatto di presenze.
Un divertente amarcord, emerso da un’intervista rilasciata a Vanity Fair, rivela un lato inaspettato della sua giovinezza, il rapporto con il padre Catello Cannavacciuolo e il suo lavoro di aspirante chef.
L’aneddoto: quando Antonino non veniva a scuola
Antonino ha raccontato con un sorriso i ricordi di quegli anni in cui, nonostante l’impegno paterno, riusciva a trovare il modo di saltare qualche lezione per dedicarsi a fare quello che più gli piaceva: cucinare. “Mio padre mi accompagnava a scuola”, ha spiegato Cannavacciuolo, svelando una routine che per molti ragazzi era sinonimo di quotidianità. Ma gli imprevisti per il povero Catello erano dietro l’angolo:
“…poi i professori lo chiamavano: Antonino non è venuto”. “Lui era incredulo, diceva: ma come? L’ho portato io!”, ha aggiunto lo chef, mimando la reazione sbigottita del genitore. Un classico scenario familiare in cui la fiducia dei genitori si scontrava con l’intraprendenza, a volte un po’ scapestrata, dei figli.
Dalle costole in vista ai sacrifici della carriera
Cannavacciuolo svela un aspetto inatteso del suo passato: una foto da bambino lo ritraeva magrissimo, con le costole in vista. “Pensano tutti che sia sempre stato così. Invece ero magrissimo. Mi ha fregato il lavoro”. L’aumento di peso, di tre o quattro chili all’anno dal 1999, è coinciso con l’apertura di Villa Crespi, il suo primo ristorante, dove lavorava dalle 7 del mattino alle 2 di notte, con un team ridotto.
Ora, con un personale di 140 persone, la gestione del tempo è diversa. Nell’intervista sottolinea l’importanza di avere al suo fianco Cinzia, che condivide la sua stessa passione e con cui c’è una profonda intesa: “Io e mia moglie ci siamo messi nel business da ventenni. Abbiamo fatto molti sacrifici e ora ne stiamo raccogliendo i frutti”