Luoghi da scoprire

L’Abbazia di Sant’Antonio di Ranverso e l’annessa Precettoria

Un gioiello dell’architettura e dell’arte medievale religiosa a pochi chilometri da Torino, lungo l’antica Via Francigena, nel territorio di Buttigliera Alta

Per raggiungerla dalla trafficata statale che da Rivoli porta ad Avigliana occorre svoltare in un viale alberato di tigli. Il profumo dei loro fiori giallognoli è particolarmente intenso, nel mese di giugno, quasi inebriante, e si addice a ricomporre una rarefatta atmosfera d’antan, di molti secoli fa. È l’Abbazia di Sant’Antonio di Ranverso, un gioiello dell’architettura religiosa medievale a due passi da Torino, oggi di proprietà dell’Ordine Mauriziano: una bellezza architettonica del Piemonte, uno scrigno d’arte assolutamente da non perdere, anche se spesso trascurato dai turisti.

Più che di una sola Abbazia, si tratta in realtà di una Precettoria, ovvero di un complesso di edifici adiacenti all’edificio di culto: il Convento, alcuni fabbricati rurali e l’Antico Ospedale. Il piccolo borgo venne edificato in seguito ad una donazione avvenuta tra il 1180 e il 1185 dal conte Umberto III di Savoia, che volle fare edificare la chiesa lungo una diramazione della Via Francigena, come luogo di tappa, ristoro e riposo per i pellegrini. Il complesso venne gestito dall’Ordine Ospedaliero degli Antoniani, costituitosi nel Delfinato verso la fine dell’XI secolo, con lo scopo di prestare supporto religioso e cure mediche agli ammalati, in particolare a coloro che soffrivano del mal del sacro fuoco (ignis sacer).

L’Ordine s’ispirava alla figura di Sant’Antonio Abate (251 d.C. | 356 d.C.), eremita di origini egiziane, che è considerato l’antesignano dei monaci cristiani. Le sue reliquie sono conservate a La Motte-Saint Didier (Delfinato). La Chiesa Cattolica lo festeggia il 17 Gennaio. Per gli Ortodossi, è uno dei quattro Grandi Padri della Chiesa. Nelle iconografie tradizionali è raffigurato con la croce “tau” e con accanto un piccolo maiale. I maiali, infatti, erano allevati dagli Antoniani per trarne il grasso per lenire i dolori delle piaghe dei malati del cosiddetto “fuoco di Sant’Antonio”. Si trattava di una patologia (da non confondersi con l’herpes Zoster o la varicella) conseguente ad una intossicazione alimentare da segale, in grani o in farina, contaminata dal fungo claviceps purpurea.

Soprattutto nei primi secoli dalla fondazione, presupposto essenziale per poter essere accolti tra gli Antoniani erano le origini nobili (come confermano gli stemmi dei Gran Maestri e degli Abati nel corridoio dell’ultimo piano dell’edificio conventuale di Ranverso). Più tardi si accettarono adepti anche dalle file della borghesia, ma mai dalle classi umili, al servizio delle quali era stato istituito l’Ordine.

Tra il ‘600 e il ‘700 iniziò il costante declino degli Antoniani, finché nel 1777 gli ultimi  religiosi dell’Ordine si unirono ai Cavalieri di Malta. In Francia i beni passarono all’Ordine Pro Merito Melitensi; in Piemonte all’Ordine Mauriziano, che tuttora è proprietario del complesso di Sant’Antonio di Ranverso.

La facciata della Chiesa inizialmente si presentava in stile romanico, per poi assumere, in seguito a diversi interventi succedutesi nell’arco di tre secoli, un aspetto tipicamente gotico. La facciata attuale risale alla metà del Trecento, con tre portali a sesto acuto cui si sopvrappongono i frontoni triangolari (le cosiddette ghimberne), sormontati da un pinnacolo. Gli stipiti dei portali sono arricchiti da ricchi elementi decorativi in terracotta.

I tre portali consentono ai visitatori di immettersi in un portico, coperto con volte a crociera su cui compaiono affreschi di epoca cinquecentesca. Uno di questi raffigura la nave che trasportava da Costantinopoli alle coste della Provenza il corpo di Sant’Antonio Abate, per accoglierlo nella cattedrale di La Motte-St.Didier (Bourg St. Antoine).

Tra i gioielli più preziosi conservati all’interno, è sicuramente da citare il polittico dell’Altare Maggiore, opera di Defendente Ferrari, maestro chivassese che può essere considerato tra i più significativi esponenti del Rinascimento piemontese (Chivasso 1480-85 | Torino 1540 circa). La mirabile opera, che nella parte centrale raffigura l’Adorazione del Bambin Gesù, fu realizzata su comando degli abitanti di Moncalieri, come ringraziamento per essere stati liberati dalla peste. La predella illustra sette scene della vita di Sant’Antonio Abate, dalla conversione alle tentazioni e all’incontro con San Paolo eremita. Non meno interessanti e pregevoli sono gli affreschi della parete settentrionale del Presbiterio, opera di Giacomo Jaquerio (Torino, 1375 | Torino 1453).

Il Polittico dell’Altar Maggiore dell’Abbazia di Sant’Antonio di Ranverso (Buttigliera Alta, Torino).
L’opera è dell’artista chivassese Defendente Ferrari.

Nel giardino del piccolo chiostro sono conservate rare piante decorative.

Ancora un cenno al campanile: in stile gotico, risale alla seconda metà del Trecento, e si sviluppa su cinque piani. Le bifore del quarto piano presentano scodelle maiolicate sull’arco.

La visita del complesso di Sant’Antonio di Ranverso è a pagamento, ma il biglietto è gratuito per i possessori della tessera Musei (Ufficio del Turismo di Torino).

Info e prenotazioni:

Sergio Donna

Torinese di Borgo San Paolo, è laureato in Economia e Commercio. Presidente dell’Associazione Monginevro Cultura, è autore di romanzi, saggi e poesie, in lingua italiana e piemontese. Appassionato di storia e cultura del Piemonte, ha pubblicato, in collaborazione con altri studiosi e giornalisti del territorio, le monografie "Torèt, le fontanelle verdi di Torino", "Portoni torinesi", "Chiese, Campanili & Campane di Torino", "Giardini di Torino", "Fontane di Torino" e "Statue di Torino". Come giornalista, collabora da alcuni anni con la rivista "Torino Storia". Come piemontesista, Sergio Donna cura da tempo per Monginevro Cultura le edizioni annuali dell'“Armanach Piemontèis - Stòrie d’antan”.

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