“Mi perdoni la prego, non sapevo non andasse nell’umido” | 243mila euro di multa: non si scherza più

Occhio al bidone: la multa è da paura - Piemontetopnews.it (Foto Pexels)
Differenziare i rifiuti non è una moda, ma una necessità ambientale: quando un errore può far male al portafoglio e alla natura.
Vent’anni di raccolta differenziata. E sentirli quasi tutti. L’anno solare che si sta lentamente avvicinando non sarà solo quello del (malinconico) 20° anniversario dell’ultimo trionfo della nazionale italiana di calcio ai campionati del mondo.
Il 2026 segnerà un’altra importante ricorrenza che in fondo, anche se può sembrare strano dirlo, ha cambiato molto di più le nostre vite rispetto a quanto accaduto a Berlino in quell’11 luglio.
La data in questione è quella del 3 aprile 2006, quando entrò in vigore il decreto legge numero 183, quello sintetizzabile con due “paroline” entrate ormai nel gergo quotidiano di tutti, grandi e piccini: raccolta differenziata.
In quell’anno il Governo avvertì la necessità di stabilire linee guida ben precise per quello che si stava affacciando come un problema ambientale tutt’altro che trascurabile, lo smaltimento dei rifiuti urbani inquinanti e non potenzialmente tossici. Di correttivi ne sarebbero arrivati nel corso degli anni, a partire dal 2009, quando fu introdotto l’obbligo per tutti i Comuni di raccogliere in maniera differenziata almeno il 35% dei rifiuti.
Quando un rifiuto è pericoloso: i pericoli per l’ecosistema
Poi, dal 2022, ecco la svolta definitiva, quella che ha fatto scattare l’obbligo di organizzare la raccolta differenziata per diverse tipologie di rifiuti urbani, compresi legno, tessili e imballaggi, con tanto di multe salatissime per chi contravviene, accusabile di un vero e proprio attentato all’ambiente.
Già, perché ciò che in un mondo nel quale la quantità di rifiuti prodotta è aumentata a livello esponenziale e sbalorditivo negli ultimi 30-40 anni non bisogna dimenticare che alcuni dei rifiuti prodotti dall’uomo sono pericolosi in quanto non creano un ciclo chiuso. Cosa significa? Che non tornano alla natura con una funzione precisa nell’ecosistema in cui sono stati prodotti, bensì necessitano di centinaia di anni per degradarsi. Come nel caso della plastica.
Lo smaltimento dei rifiuti tossici e il rischio multe
Qualche esempio? Gli scarti che provengono da apparecchiature elettriche ed elettroniche, come ad esempio le cartucce esaurite di una stampante o la batteria di uno smartphone. E ancora gli oli esausti, i rifiuti della produzione conciaria e tessile o quelli dell’industria cosmetica, come i trucchi. I rifiuti pericolosi sono classificati in base al codice C.E.R (Codice Europeo Rifiuti) e non possono e non devono essere trattati come scarti qualunque e quindi gettati impunemente nel mitico “sacchetto dell’umido”.
Le sanzioni previste per chi si macchia di questo reato superano i 200.000 euro, multa purtroppo tutt’altro che difficile da vedersi inflitta dal momento che la cultura generale nel settore è molto bassa. Va tuttavia detto che la normativa rifiuti pericolosi in Italia è molto complessa, non potendo questi essere smaltiti nelle comuni discariche, bensì gestiti in modo separato tramite operatori autorizzati utilizzando un’apposita discarica per rifiuti pericolosi.