LEGGE 104, con la riforma addio a permessi retribuiti | Puoi fermarti 2 anni ma non vedi nemmeno 1 euro
 
        Legge 104, facciamo chiarezza sui diritti dei possessori - Piemontetopnews.it (Foto X)
Una riforma attesa da anni è finalmente arrivata, promettendo di rivoluzionare l’assistenza ai lavoratori fragili e ai loro caregiver.
La Legge 106/2025 è stata presentata come l’integrazione che mancava alla storica e fondamentale Legge 104.
Migliaia di italiani affetti da patologie croniche o oncologiche hanno tirato un sospiro di sollievo, sperando in un supporto concreto per potersi curare con serenità.
Nuove tutele, più flessibilità e una maggiore attenzione al benessere sembravano finalmente essere all’orizzonte.
Ma un’analisi approfondita delle nuove norme svela un retroscena amaro e potenzialmente devastante per le famiglie.
Tutele in più, soldi in meno
La Legge 106 del 18 luglio 2025, in vigore dal 1° gennaio 2026, non cancella la storica Legge 104, ma le si affianca introducendo tutele specifiche per il lavoratore “fragile”. Questa nuova normativa si rivolge a chi ha un’invalidità riconosciuta pari o superiore al 74%, o chi è affetto da patologie oncologiche o croniche invalidanti (e i genitori di figli minorenni in tali condizioni). Per queste categorie, vengono introdotte due novità principali. La prima è l’aggiunta di dieci ore all’anno di permessi retribuiti per visite e terapie, un’integrazione utile ma dal valore quasi simbolico di fronte a percorsi di cura prolungati. La seconda, e qui sta il punto dolente, è il diritto a un congedo straordinario fino a due anni per potersi dedicare completamente alle cure, mantenendo il posto di lavoro. Un traguardo di civiltà, almeno sulla carta.
Il nodo cruciale della Legge 106/2025 è emerso con chiarezza: questo congedo biennale, pensato per permettere ai lavoratori di staccare e lottare contro la malattia, è completamente privo di retribuzione. Non solo: il periodo non conta ai fini dell’anzianità di servizio e non genera contributi previdenziali, a meno che il lavoratore non decida di versarli volontariamente. Un lavoratore con una malattia invalidante e uno stipendio medio si trova di fronte a un dilemma etico e pratico: come vivere per 24 mesi senza entrate, dovendo contemporaneamente affrontare spese mediche? Nei fatti, questa norma crea una drammatica spaccatura: il diritto di curarsi è garantito solo a chi ha risparmi sufficienti o una rete familiare in grado di sostenerlo economicamente. Per tutti gli altri, il diritto al congedo rimane un miraggio, un diritto vuoto scritto su un foglio di carta, rendendo il provvedimento un “lusso” accessibile a una minoranza.

La sfida burocratica dell’INPS
L’unica vera innovazione positiva e incondizionata si riscontra nel mondo delle Partite IVA. Per la prima volta, la Legge 106/2025 riconosce i lavoratori autonomi: professionisti e freelance affetti da patologie oncologiche o invalidanti potranno sospendere l’attività fino a 300 giorni, mantenendo attiva la loro posizione previdenziale. Un passo avanti enorme per una categoria storicamente priva di tutele in caso di malattia grave.
Mentre si attende il 2026, la palla passa all’INPS e alla burocrazia. Nonostante la promessa di procedure telematiche semplificate, la storia italiana suggerisce cautela. La necessità di circolari attuative, nuovi moduli e sistemi informatici funzionanti fa temere che anche l’accesso alle pur esigue dieci ore di permesso si trasformi in un calvario burocratico. La Legge 106 è un passo, ma senza un supporto economico reale, è un passo fatto a piedi nudi su un terreno impervio.
