LAVORO, i dipendenti contenti di farsi ridurre lo stipendio: meglio i benefit | La chiamano già operazione “resto a casa”

LAVORO, i dipendenti contenti di farsi ridurre lo stipendio, meglio il benefit

Lavoratori contenti (freepik) - piemontetopnews.it

Cresce il numero di lavoratori disposti a guadagnare meno, sono tutti contenti della riduzione dello stipendio: l’operazione resto a casa è già partita.

Negli uffici tira aria nuova, e questa volta non nel modo in cui ci si aspetta. Si chiama operazione resto a casa, ed è la tendenza, sempre più diffusa, di accettare stipendi più bassi.

I dipendenti sono, dunque, disposti a rinunciare a una parte sostanziosa dello stipendio e si dicono anche contenti di farlo, il benefit vince su tutto.

Non è considerata quindi una perdita, anzi, tutt’altro. Si guadagna meno, ma non si spende di più e il benefit è del tutto superiore.

Le aziende, dal canto loro, sembrano aver colto la tendenza come un’occasione, riducendo di molto lo stipendio dei dipendenti.

Operazione resto a casa

C’è anche chi potrebbe storcere il naso considerando questa proposta fuori dal comune. Dopo anni di lavoro ci si aspetterebbe un innalzamento della retribuzione, un salto di qualità nella carriera, e non la strada direttamente opposta. Eppure i lavoratori si dicono contenti di questa riduzione drastica.

Il benefit è la nuova moneta: non c’è bisogno di una grossa somma di denaro mensile. La soluzione è stata accolta da varie aziende che ritengono sia questa la chiave per produrre di più e cogliere più frutti. Così la qualità aumenta, e l’insoddisfazione personale lascia il posto a una migliore condizione di vita.

LAVORO, i dipendenti contenti di farsi ridurre lo stipendio, meglio il benefit
Lavoratori contenti (freepik) – piemontetopnews.it

Un quarto del salario per lavorare

Una nuova ricerca dal trio Harvard University – Brown University – University of California, Los Angeles (UCLA) svela che molti professionisti sono disposti a rinunciare fino al 25% del proprio stipendio pur di occupare una posizione in cui possano lavorare da remoto o in modalità ibrida. Il lavoro in questione riguarda in particolare il settore tecnologico, ma la portata del messaggio è ampia: la preferenza per la flessibilità di luogo appare ben più forte di quanto era stimato in precedenza. In particolare, gli autori dello studio “Home Sweet Home: How Much Do Employees Value Remote Work?” stimano che il valore della possibilità di lavorare da remoto sia tre-cinque volte superiore a quelli indicati da studi che si basavano solo su sondaggi ipotetici. Per esempio: lo studio ha analizzato dati di offerte reali di lavoro nel settore tech, confrontando ruoli identici (stesso titolo, stessa località, stessa azienda) con modalità remote vs in presenza, e ha rilevato una media di sconto salariale accettato di circa 25,6 % per ruoli parzialmente o completamente remoti.

Questo dato sfida assunzioni precedenti che stimavano una riduzione di stipendio accettata più modesta (tra il 5% e il 10%). I professionisti non stanno solo “preferendo” il lavoro da casa, lo stanno valutando come un vero e proprio beneficio economico, sufficiente ad accettare una rinuncia economica significativa. Con la transizione verso modelli ibridi o di rientro in ufficio, è emersa una serie di termini nuovi che segnalano tensioni spesso sotterranee tra dipendenti e management: Coffee Badging (la pratica di recarsi brevemente in ufficio) Acting Your Wage: (l’idea che i dipendenti “recitino” il proprio ruolo adattando la presenza o l’impegno in base alla retribuzione percepita); Quiet Overworking (lavorare troppo, ma in silenzio, senza riconoscimenti). Questi termini riflettono profonde frustrazioni nel rapporto tra desiderio di autonomia/flessibilità dei lavoratori e la volontà del management di mantenere controllo, visibilità e cultura d’ufficio. Il conflitto non è solo “da remoto vs ufficio”, ma riguarda fiducia, controllo, visibilità, meritocrazia e il senso di ciò che vale il lavoro oggi.