Il Gatto e la Volpe avevano ragione, le monete d’oro crescono sull’albero | Pinocchio non era poi così ingenuo
Pinocchio (fonti pixabay) - piemontetopnews.it
Chi l’avrebbe detto che tra monete d’oro e alberi ci fosse davvero un legame? Forse la favola di Pinocchio non è poi così campata per aria.
Diciamolo: Pinocchio non è mai stato un esempio di fiuto per gli affari. Si fa fregare da una volpe zoppa e un gatto finto cieco, sotterra le sue monete in un campo e aspetta che spunti l’albero dei soldi. Qualcosa che oggi farebbe impallidire anche il più sprovveduto degli investitori in criptovalute.
Eppure, a distanza di oltre un secolo, quel campo dei miracoli tanto deriso potrebbe nascondere un briciolo di verità. Non che stiano fiorendo bancomat tra le radici, ma forse l’idea che “l’oro venga dagli alberi” non è poi del tutto campata per aria.
Perché in fondo, chi l’ha detto che le favole non possano ispirare la scienza? A volte basta un pizzico di follia narrativa per accendere la lampadina giusta. E se proprio quegli alberi, apparentemente comuni, nascondessero qualcosa di molto, molto prezioso?
Sembra assurdo, ma ecco la domanda che cambia tutto: e se il vecchio Pinocchio, nel suo essere facilmente raggirabile, avesse avuto una folgorante intuizione?
Pinocchio ci ha visto lungo: l’oro cresce sugli alberi
Succede lontano da noi, in Finlandia, patria di abeti rossi, silenzi nordici e, a quanto pare, nanoparticelle d’oro. Un gruppo di ricercatori dell’Università di Oulu ha scoperto che gli aghi di alcuni alberi cresciuti vicino a un giacimento minerario contengono tracce reali – piccolissime ma reali – del metallo più desiderato al mondo. Non pepite, sia chiaro, ma oro in forma liquida che, trasportato dal suolo, arriva fino alla punta degli aghi.
La chiave? Batteri, spiega ansa.it, che riporta l’incredibile notizia. O meglio, microbi endofiti: ospiti invisibili delle piante, che agiscono nell’ombra e potrebbero avere un ruolo nei processi di biomineralizzazione. In parole povere: aiutano l’oro a solidificarsi e a restare intrappolato nei tessuti vegetali. Un lavoro certosino, da alchimisti forestali.
Il vero Campo dei Miracoli
Per ora, nessuno si arricchirà facendo centrifugati di abete rosso, certo. Le nanoparticelle sono così minuscole che nemmeno con una lente d’ingrandimento di Paperon de’ Paperoni se ne caverebbe qualcosa. Ma la scoperta apre una porta intrigante: in futuro, proprio questi alberi e i loro batteri-spia potrebbero diventare strumenti ecologici per individuare nuovi giacimenti.
Niente trivelle, niente esplosioni. Solo alberi silenziosi che indicano – letteralmente – dove potrebbe trovarsi l’oro. Una specie di mappa del tesoro green. E così, mentre noi ridevamo del povero burattino con il naso lungo, forse lui era già avanti di un secolo. Aveva solo sbagliato il campo.