“M’intasco la Naspi e nel frattempo arriva pure lo stipendio” | Questo maranza ha trovato il modo: è tutto legale
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Tra indennità di disoccupazione e contratto, il maranza spiega come incassare due volte rispettando le regole dell’INPS.
In Italia ci sono tanti modi diversi per guadagnare di più: c’è chi si ingegna con startup innovative, chi con side hustle digitali e chi…con la burocrazia.
Ma c’è anche chi riesce a intascarsi contemporaneamente sia la NASpI, l’indennità di disoccupazione, sia uno stipendio regolare.
Si tratta di un procedimento del tutto legale, la NASpI, infatti, non viene tolta a delle condizioni precise. Ma è possibile che sia davvero così?
In realtà sì, e qui spieghiamo bene come fare per riuscire a mantenere la disoccupazione mentre si ha un ordinario contratto di lavoro.
NASpI e stipendio: ora è possibile
Più che un colpo da maestro, viene fuori quanto spesso i cittadini conoscano le regole meglio delle istituzioni stesse. E mentre il nostro maranza continua a incassare sia stipendio che NASpI, la domanda: è furbizia o semplice applicazione della legge? La NASpI è l’indennità di disoccupazione che spetta a favore dei lavoratori che perdono involontariamente il posto di lavoro. In genere, se il lavoratore viene riassunto, il versamento della NASpI si interrompe.
Inoltre, laddove vi sia un contenzioso con il datore di lavoro che accerti l’illegittimità di un contratto a termine (per esempio per reiterazione indebita), con conversione in contratto a tempo indeterminato e conseguenti retribuzioni arretrate, l’INPS chiede la restituzione della NASpI già percepita nel periodo in cui il lavoratore era considerato “disoccupato”. Eppure questa scoperta prepara un terreno completamente ribaltato.
Come fare per mantenere la NASpI
La recente sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (n. 23876 del 26 agosto 2025) segna una svolta importante: il giudice ha stabilito che la NASpI percepita nel periodo intercorso tra la cessazione di un contratto a termine e la successiva stabilizzazione giudiziale del rapporto (con efficacia retroattiva) non va restituita all’INPS. L’argomentazione alla base è che in quel lasso temporale il lavoratore versava in una condizione di reale bisogno, con assenza di reddito e contributi, e pertanto la funzione assistenziale/previdenziale della NASpI è pienamente legittima anche se, a posteriori, si accerta che vi fosse un rapporto di lavoro continuativo ex tunc.
La Corte distingue chiaramente tra la tutela previdenziale della disoccupazione (NASpI) e l’indennità risarcitoria prevista dall’art. 32, comma 5, della legge 183/2010: la prima ha funzione di sostegno immediato al reddito durante lo stato di disoccupazione reale, la seconda è una compensazione del danno derivante dall’illegittima precarizzazione contrattuale. Poiché operano su piani diversi e non sono sovrapponibili, la restituzione della NASpI non è giustificabile, eliminando uno dei rischi precedentemente invocati dall’INPS nei casi di conversione giudiziale del rapporto.