1 settembre 2025: “non lo puoi più fare insieme a tua moglie/marito” | È appena diventato reato nazionale
Coppia moglie e marito (freepik) - piemontetopnews.it
Dall’1 settembre 2025 la normativa in vigore in Italia vieta di farlo tra moglie e marito: si tratta di un reato nazionale.
Entrata ufficialmente in vigore dal 1° settembre la normativa nazionale che introduce un divieto assoluto in ambito familiare e coniugale.
La misura dopo un acceso dibattito parlamentare e diverse contestazioni sociali, stabilisce che una pratica finora tollerata non potrà più essere esercitata tra marito e moglie, configurandosi come reato a tutti gli effetti.
Le nuove disposizioni prevedono sanzioni non solo di natura economica, ma anche penale, con pene differenziate a seconda della gravità e della recidiva.
In particolare, si specifica che il divieto riguarda esclusivamente il contesto matrimoniale, mentre in altre situazioni continueranno ad applicarsi le normative già vigenti.
Un reato nazionale
La decisione del legislatore è stata giustificata dalla necessità di tutelare la dignità della persona, preservare l’integrità dei rapporti familiari e adeguarsi a linee guida europee che spingono a un maggior rigore in materia. Si parla di un passo verso una maggiore civiltà giuridica, mentre alcuni denunciano un’ingerenza dello Stato nella sfera privata.
Si apre ora una fase di transizione complessa, quel che è certo è che, dal 1° settembre 2025, la consuetudine che per molto tempo aveva trovato spazio nella vita matrimoniale italiana non potrà più essere praticata senza conseguenze legali.
La Cassazione stabilisce i limiti del diritto: mai più con tuo marito
Con l’Ordinanza n. 24922 del 9 settembre 2025, la Corte di Cassazione ha confermato la legittimità del licenziamento per giusta causa nei confronti di un lavoratore che aveva usufruito dei giorni di congedo parentale non per occuparsi direttamente del proprio figlio, ma per aiutare la moglie nello stabilimento balneare, delegando la cura del bambino a nonni o baby sitter. In particolare, la Cassazione ha sottolineato che il congedo parentale, previsto dal d.lgs. 151/2001, è un diritto potestativo del lavoratore, ma il suo uso deve essere coerente con la finalità per la quale è stato concesso: la cura diretta del bambino.
Qualunque attività che non si ponga in relazione diretta con questa finalità – anche se sporadica – costituisce abuso del diritto. Il fatto che l’attività estranea (ad esempio aiutare la moglie) possa contribuire all’organizzazione della vita familiare non è sufficiente a legittimare l’uso improprio del diritto. Già con la sentenza n. 2618 del 4 febbraio 2025, la Cassazione aveva stabilito che è legittimo il licenziamento del dipendente che, durante il congedo parentale, svolga un’altra attività d’impresa, non episodica né saltuaria, in conflitto con le finalità del congedo. In quel caso, il lavoratore era amministratore di una società di compravendita auto, attività svolta sistematicamente, che ha portato la Corte a ritenerla incompatibile con il congedo parentale retribuito, proprio perché le energie, i tempi e la presenza del genitore dovessero essere dedicate al figlio.