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Violenza, omicidi, malvagità: Massimo Centini rilegge le fiabe in chiave antropologica

L'antropologo Massimo Centini

Al di là dell’apparenza, le fiabe sono un agglomerato di materiali etnografici, antropologici, psicologi di grande interesse. Non è infatti un caso che i motivi narrativi delle fiabe presentino una struttura ricorrente praticamente in tutti i Paesi del mondo. Ne sa qualcosa l’antropologo torinese Massimo Centini autore del recente: Fiabe criminali. Violenza, omicidio, malvagità nella letteratura «per l’infanzia». Un libro molto interessante e documentato che parte dal presupposto che la fiaba, nella sua articolata complessità, costituisca un laboratorio antropologico e psicoanalitico di straordinario interesse: nelle sue dinamiche coinvolge molti temi culturali, nei quali si mescolano questioni legate alla linguistica, all’origine e diffusione dei miti, ai processi narrativi sviluppatisi nel passaggio tra l’oralità e la scrittura e molti altri aspetti ancora.

Ma il libro si sofferma su una peculiarità molto particolare delle fiabe:  la presenza nelle loro trame di tematiche certamente poco adatte ai bambini (paradossalmente) e con sfaccettature anche violentissime: omicidi, stupri, pedofilia, antropofagia, ecc. Infatti, non è un caso che le fiabe siano state ampiamente studiate dal punto di vista della psicoanalisi.

Il libro prende in considerazione alcune fiabe note e altre meno: si tratta di un’ampia campionatura proveniente da un archivio sconfinato, collegato da temi e personaggi  ricorrenti che le uniscono in una sola grande collana. Barbablù sembra l’archetipo dei serial killer che non solo uccide e massacra, ma ha anche l’abitudine di conservare i cadaveri con modalità contese tra il rituale e il feticismo tipico di alcuni assassini seriali.

E che dire della Bella addormentata? Lei, poveretta non ha colpe, ma la perfida madre del suo sposo decide di farsi cucinare la nuora e i suoi bambini per poi mangiarseli in salsa. In Pollicino ritroviamo il tema dell’infanzia abbandonata e in Biancaneve quella dei bambini sfruttati per il lavoro in condizioni simili alla schiavitù.

E ancora: ne L’uccello di fuoco la principessa Vasilisa è ridotta all’incoscienza con del vino drogato per essere rapita e sfruttata con violenza dai suoi aguzzini; analoga la sorta del protagonista de Il forte Gianni, rapito da una banda di criminali che ne faranno uno schiavo. Poi non manca il cosiddetto “delitto d’onore”: ne La camicia miracolosa il protagonista uccide la moglie e il suo amante.

Uno studio davvero importante che offre ai lettori l’opportunità per guardare con occhi diversi un patrimonio culturale molto antico con lo scopo principale (forse paradossalmente) pedagogico e didattico, anche se va detto che nelle fiabe sono attivi meccanismi inconsci, trasversali alle culture e all’età di chi le ascolta.

Massimo Centini, Fiabe criminali. Violenza, omicidio, malvagità nella letteratura «per l’infanzia», Studio Testi, Euro 16,00

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