Piemonte distrutto, chiusa l’azienda n° 1: 50 anni di storia gettati al vento | 110 famiglie senza più un soldo

Crisi senza fine, chiude un'azienda storica in Piemonte - Piemontetopnews.it (Foto X)
Da centro di gravità dell’industria italiana ed europea a polo in ginocchio: nuovo colpo durissimo per la Regione.
Da capitale dell’automotive a terra dei rimpianti. E della nostalgia. C’era una volta Torino punto di riferimento internazionale del settore. Erano gli indimenticabili anni ’80, con la Fiat a “tirare” il gruppo insieme a tanti altri marchi d’eccellenza.
Buona parte delle più importanti aziende del settore a livello europeo avevano a che fare con il capoluogo piemontese, forte peraltro di un articolato sistema di istruzione in grado di garantire una preparazione universitaria ad hoc sul tema.
Anni in cui Fiat conobbe anche momenti di crisi, poi superati, sebbene con il passare del tempo tutto nulla fu più come prima quando la crisi del settore iniziò a colpire in maniera impietosa.
Così se l’”ombrello” principale è passato attraverso diverse trasformazioni fino a venire acquisito nel 2021 dal gruppo Stellantis, la stessa resilienza non l’hanno purtroppo avuta tante piccole industrie del settore. Alcune hanno avuto la fortuna di venire assorbite da quella che è sempre stata la casa madre, altre sono state costrette a chiudere i battenti.
La crisi non risparmia nessuno: la ditta storica chiude i battenti dopo 50 anni
Si pensi alla storica Ergom, fondata nel 1972 e oggi diventata PCMA, acronimo di Plastic Components and Modules Automotive, dopo che nel 2008, sull’orlo del fallimento, venne inserita nel bilancio consolidato di Fiat Group.
Un salvataggio in extremis che ha dato respiro ai centinaia di dipendenti. Purtroppo, però, certi miracoli sono le eccezioni e ne sanno qualcosa le famiglie catapultate in un vero e proprio dramma dopo la chiusura di una delle industrie piemontesi dell’automotive più famose, i cui vertici sono stati costretti alla resa proprio nel 50° anno dalla fondazione.
Dipendenti in mezzo alla strada, ma arriva la ciambella di salvataggio
La crisi dell’automotive che si sta abbattendo sulle industrie piemontesi non ha lasciato scampo alla Sacal di Carisio (VC), produttore di livello europeo di leghe in alluminio del gruppo Cordoli. L’azienda, nata nel 1975, ha annunciato nel marzo scorso il licenziamento dei circa 110 lavoratori tra diretti (86) e indotto dopo la chiusura forzata dello stabilimento a causa della crisi di mercato che l’ha colpita. Il triste evento era purtroppo nell’aria dopo che nell’estate 2024 la fonderia aveva spento i forni mettendo i lavoratori in cassa integrazione ordinaria, durata fino allo scorso gennaio.
Il 18 aprile sono scaduti i 45 giorni della fase sindacale e i vertici Fiom e Fim territoriali si sono attivati immediatamente arrivando ad un importante risultato, l’accordo con Saicam sulla cassa integrazione per cessazione d’attività della durata di 12 mesi, al termine dei quali scatterà comunque la chiusura dello stabilimento. Dodici mesi che, fino a marzo-aprile del 2026, serviranno a smaltire le ultime commesse e a svolgere operazioni di bonifica all’interno dello stabilimento prima della chiusura.